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I primi dodici anni di vita dell'euro

Da Banca d'Italia13.04.2011 14:48
 

I primi dodici anni di vita dell’euro
L’euro è oggi la seconda valuta internazionale: la sua incidenza
nelle riserve valutarie mondiali è del 27 per cento; prima dell’Unione,
quella delle valute sostituite dall’euro era cumulativamente del 18 per
cento.
Tra il 1998 e il 2010 il valore complessivo delle esportazioni e
delle importazioni di beni all’interno dell’area dell’euro è passato
dal 27 al 32 per cento del PIL. Il maggior interscambio interno non
è andato a scapito di quello con il resto del mondo, il cui incremento
è stato ancora più accentuato, dal 25 al 33 per cento, sospinto
7
dall’espansione delle economie emergenti, sempre più aperte al
commercio mondiale.
Sono state create infrastrutture integrate per i pagamenti
nell’area: all’ingrosso, al dettaglio e, prossimamente, per il regolamento
delle transazioni in titoli. Tra il 1999 e il 2008 il volume medio
giornaliero dei pagamenti transfrontalieri effettuati tra paesi dell’area
dell’euro attraverso TARGET è aumentato di quasi il 250 per cento;
quello complessivo, che include anche i pagamenti intra-Stato, di oltre
il 120 per cento. Quest’ultimo valore è quattro volte quello osservato
nello stesso periodo sull’equivalente infrastruttura negli Stati Uniti.
La stabilità dei prezzi si è inscritta nei comportamenti degli agenti
economici, anche nei paesi in passato più inflazionistici, valorizzando
l’eredità delle migliori tradizioni delle banche centrali partecipanti. Nei
dodici anni di euro l’inflazione nell’area è stata, in media, appena sotto
il 2 per cento l’anno, pienamente in linea con la definizione di stabilità
dei prezzi adottata dal Consiglio direttivo della Banca Centrale Europea
(BCE). Essa si è più che dimezzata rispetto ai due decenni precedenti;
la riduzione è stata superiore a quella osservata negli Stati Uniti nello
stesso periodo. In Italia la crescita media annua dei prezzi al consumo si
è ridotta di cinque punti rispetto al ventennio antecedente l’euro.
Le ripercussioni di shock esogeni di prezzo sulle economie dei
paesi dell’area sono oggi molto contenute: gli aumenti del prezzo del
petrolio tra il 2007 e il 2008 sono stati di entità comparabile, in termini
reali, con quelli della fine degli anni Settanta, ma hanno generato
un rialzo una tantum dei prezzi al consumo inferiore ai due punti
8
percentuali, che non si è radicato in inflazione, diversamente da quel
che in passato era successo in diversi paesi dell’area. Secondo nostre
valutazioni, rispetto al decennio Settanta l’effetto inflazionistico in
Italia di uno shock di questo tipo si è ridotto a un decimo. Vi hanno
certo contribuito cambiamenti strutturali nei processi produttivi, ma
la credibilità acquisita dalla politica monetaria e le modifiche che ne
sono discese nelle modalità di determinazione di prezzi e salari hanno
svolto un ruolo cruciale.
Stabilità dei prezzi e bassi premi al rischio portano a tassi di interesse
nominali e reali contenuti, favorendo per questa via la crescita
economica. Dall’adozione dell’euro a oggi il tasso reale a tre mesi in
Italia è stato in media dell’1 per cento, inferiore di quattro punti a
quello del decennio precedente; il tasso nominale medio sui prestiti
bancari per l’acquisto di abitazioni e quello sui prestiti a breve termine
alle società non finanziarie sono stati rispettivamente del 4,5 e 5,5 per
cento, contro l’11,3 e il 12,6 dei dieci anni precedenti. Non è certo
dalle condizioni monetarie che viene la difficoltà dell’economia italiana
a crescere.
Sempre nei dodici anni trascorsi, la spesa media annua per pagamenti
di interessi sul debito pubblico italiano è stata pari al 5,3 per
cento del PIL, contro l’11,5 della prima metà degli anni Novanta e il
7,5 degli anni Ottanta. Ancora oggi, nonostante le forti tensioni sui
mercati dei titoli di Stato di alcuni paesi dell’area, i rendimenti sui titoli
decennali italiani sono in linea con quelli medi registrati
nell’ultimo decennio.
9
Alla crisi globale degli ultimi tre anni la politica monetaria
dell’area ha dato una risposta pronta, decisa. Le aspettative d’inflazione
sono rimaste saldamente ancorate anche nel pieno della crisi, permettendo
di agire per preservare il funzionamento dei mercati, sostenere il
credito, evitare il tracollo dell’economia. I tassi di mercato monetario
sono stati portati vicini allo zero; sono state adottate misure eccezionali
di creazione di liquidità.
Senza l’Unione, il semplice coordinamento di decisioni nazionali
non avrebbe prodotto risultati altrettanto rapidi ed efficaci. Alcuni
paesi, incluso il nostro, potevano essere travolti dalla crisi.
Ma la credibilità che abbiamo raggiunto non è acquisita una volta
per tutte; va mantenuta alta la guardia nella tutela della stabilità
dei prezzi. La cultura della stabilità deve estendersi anche a campi
diversi: alla politica fiscale, all’azione di riforma strutturale, là dove
sono emerse fragilità nella costruzione europea, messe in luce con
chiarezza dalla recente crisi del debito sovrano.

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