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L’euro: un’idea che nasce da lontano

Da Banca d'Italia22.03.2011 15:27
 

L’idea di una sola moneta, invece di un insieme di valute locali o
nazionali, si fa strada nell’Europa moderna soltanto nella seconda metà
dell’Ottocento. Come mai? Sarebbe naturale pensare che la moneta
universale sia un’aspirazione senza tempo: ampliare il più possibile
nello spazio geografico le funzioni classiche, quindi i vantaggi, della
moneta.
Una spiegazione possibile sta nell’uso ridistributivo che per secoli
si è fatto della moneta: nel mondo classico, poi nel Medio Evo, la
manovra monetaria – aumentare o diminuire il contenuto d’oro o
d’argento dei pezzi metallici – è spesso strumento di appropriazione di
risorse da parte del Principe; battere moneta è un attributo della sovranità.
Nell’Ottocento si approda invece, dopo un lungo percorso, a definire
il valore di una unità monetaria unicamente dalla quantità di metallo
prezioso in essa contenuto; si proclama convertibile in metallo la
moneta cartacea; la moneta viene “spoliticizzata”.
Concepire unioni monetarie diviene allora un esercizio possibile,
posto che i candidati abbiano lo stesso standard, aureo o argenteo
o bimetallico; basta accordarsi sul titolo, sul peso e sul taglio delle
monete comuni da far circolare. Di una simile unione, l’Unione monetaria
latina inaugurata nel 1865, fa parte anche l’Italia, insieme con
la Francia, la Svizzera, il Belgio, la Grecia; avrà vita stentata, si
scioglierà di fatto all’inizio del nuovo secolo. Miglior sorte avranno
le unioni – quella svizzera, quella tedesca – realizzate all’interno di
Stati federali.
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Ma l’uso della moneta a fini di ridistribuzione non è finito. Nonostante
la nascita e il consolidarsi di istituzioni tecniche – le banche
centrali – deputate a gestire l’emissione e la circolazione della moneta,
almeno in caso di guerra questa torna a essere strumento di finanziamento
dello Stato. La transizione alla moneta cartacea facilita il processo.
Durante la prima guerra mondiale, il Governatore della Banca
d’Italia Bonaldo Stringher annota che la Banca d’Italia “ha dato alla
produzione di biglietti un impulso corrispondente a quello che hanno
avuto le officine meccaniche per la produzione di proiettili” 1.
Dagli anni Venti e Trenta, segnati dalla Grande Depressione, lo
strumento monetario torna, con il contributo di Keynes, nella cassetta
degli attrezzi della politica economica. Le potenzialità dello strumento
spingono le banche centrali, i governi che le controllano, a farne un
uso intensivo, con finalità di controllo del ciclo economico ma anche
di sostegno più o meno aperto alle finanze pubbliche. Il culmine di
quella stagione giunge negli anni Settanta, decennio di alta inflazione.
In Europa la Bundesbank tiene sostanzialmente al riparo l’economia
tedesca da quegli eccessi; inizia allora una rivisitazione del ruolo delle
banche centrali e degli obiettivi e strumenti della politica monetaria
che troverà ampie applicazioni nel periodo successivo, fino a oggi.
Gli effetti rovinosi del secondo conflitto mondiale rilanciano fin
dagli anni Cinquanta l’idea di una integrazione fra le economie europee,
1 Banca d’Italia, Adunanza generale ordinaria degli azionisti, anno 1918,
p. 49.
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che sia al tempo stesso strumento di sviluppo e garanzia di pace. La creazione
del Mercato Comune Europeo si accompagna alla più vivace stagione
di crescita economica mai sperimentata sul continente. Per rinsaldare
quei risultati e quasi con spirito utopistico, nel mezzo del disordine
monetario internazionale, si progetta una moneta unica.
Il piano Werner del 1970, primo schema ufficiale di unione monetaria
europea, non diverrà mai operativo; sarà però l’embrione da
cui nascerà, quasi vent’anni dopo, il Rapporto Delors; muovendo dalle
pur limitate esperienze di cooperazione monetaria nel frattempo realizzate
– il “serpente” degli anni Settanta, il Sistema monetario europeo
degli anni Ottanta – il Rapporto progetta la creazione dell’euro.
Lo consente un clima culturale nel frattempo mutato, che vede
nell’autonomia delle banche centrali e nella stabilità dei prezzi i valori
fondamentali su cui poggia una moneta sana.
A sospingere il disegno sono personaggi di una generazione che
serba la memoria della rovina bellica: Andreotti, Ciampi, Delors,
Giscard d’Estaing, Kohl, Mitterrand, Schmidt, a cui si affiancano figure
di una generazione successiva, come Tommaso Padoa-Schioppa.
Il trattato di Maastricht del 1992 crea le istituzioni della moderna
Europa monetaria, stabilendo il passaggio della sovranità monetaria al
Sistema europeo delle banche centrali. L’obiettivo di quest’ultimo
viene fissato con chiarezza e con norma di rango costituzionale – in
ciò mutuando dall’esperienza tedesca – nel mantenimento della stabilità
dei prezzi, valore che diviene patrimonio comune di tutti i cittadini
dell’area. Ne discende il principio fondamentale che i governi non
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debbano ingerirsi nella politica monetaria; il finanziamento degli Stati
con moneta è vietato.
L’euro è con noi dal 1999; come moneta realmente circolante,
dal 2002.
Per arrivare a questo risultato si sono dovute superare in molti
paesi aspre difficoltà politiche. Da noi è stato necessario battere
l’assuefazione sociale alle svalutazioni e all’inflazione. Non mancavano
scetticismi analitici, anche oltre oceano. Si dubitava che le economie
europee potessero mai dar luogo a un’area valutaria ottimale, nel
senso di Mundell.
La costruzione monetaria europea funziona. L’euro non è in discussione.

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