di Barani Krishnan
Investing.com - Alla fine, il primo trimestre del 2023 si può riassumere in Madre Natura e numerosi fallimenti bancari. A seconda del lato del trade in cui si trovavano, i più famosi hedge fund del mondo sono andati alla grande o malissimo.
Petrolio: attestazione settimanale e attività
Contro ogni probabilità, i tori del petrolio hanno registrato una seconda settimana di rialzi che ha compensato le perdite causate dalla crisi bancaria USA di due settimane fa. Tuttavia, non sono riusciti a chiudere marzo positivamente ed hanno subìto un duro colpo per il trimestre.
Il greggio West Texas Intermediate, o WTI, scambiato a New York, si è attestato a 75,70 dollari venerdì, in base ai dati di Investing.com. Ha chiuso la seduta a 75,67 dollari, in salita di 1,30 dollari, o dell’1,8% sulla giornata, dopo un massimo della seduta di 75,72 dollari. Sulla settimana, il WTI segna +9,2%. Nel complesso, le ultime due settimane hanno cancellato l’11% del crollo del 13% registrato dal WTI tre settimane fa. Sul mese, però, il riferimento USA ha segnato -1,8% e, sul trimestre, -6%.
Il londinese Brent si è attestato a 79,94 dollari venerdì, secondo i dati di Investing.com. Ha chiuso la seduta a 79,77 dollari, in salita di 50 centesimi, o dello 0,6% sulla giornata. Sulla settimana, il Brent è balzato del 6,4%. Sul mese, però, il riferimento globale è sceso di quasi il 5% e, sul trimestre, ha registrato -7,3%.
“I prezzi del petrolio continuano gradualmente a riprendersi ma restano ben lontani dai livelli precedenti alla mini-crisi bancaria”, afferma Craig Erlam, analista di OANDA.
I rialzi della settimana scorsa sono stati supportati dai dati bullish sulla domanda sia di greggio che di benzina.
Le notizie arrivate da Mosca la scorsa settimana, intanto, dicono che la produzione petrolifera russa è scesa di 300.000 barili al giorno nelle prime tre settimane di marzo, a 9,78 milioni di barili al giorno. Si tratta, tuttavia, di un livello ancora inferiore al taglio di 500.000 bpd promesso dal Cremlino.
La “svendita” del greggio Urals da parte della Russia (a 60 dollari al barile o meno, in base alle sanzioni occidentali legate alla guerra in Ucraina) è stata citata come una delle ragioni dell’incapacità del mercato petrolifero di avere un prezzo costantemente alto per WTI e Brent. I principali compratori come India e Cina si riforniscono dalla Russia da mesi ormai ed hanno ridotto le forniture più costose da altri produttori, compresa l’Arabia Saudita.
Petrolio: prospettive tecniche WTI
Il greggio USA potrebbe raggiungere obiettivi sopra gli 80 dollari negli scambi di questa settimana se lo slancio dovesse tenere, spiega Sunil Kumar Dixit, a capo delle strategie tecniche di SKCharting.com.
“Il WTI ha registrato una forte ripresa con una chiusura bullish a 75,67 dollari, poco lontano dalla Banda di Bollinger media di 76,55 dollari e dalla SMA su 100 giorni di 76,93 dollari”, afferma Dixit. L’attuale struttura bullish del greggio è supportata dalla media mobile esponenziale su 5 giorni di 73,75 dollari, che incrocia la Banda di Bollinger media giornaliera di 72,60 dollari, aggiunge. Un’altra sovrapposizione con la EMA su 50 giorni di 74,90 dollari supporterebbe un’ulteriore continuazione del rally in corso, afferma.
“La Banda di Bollinger media settimanale di 76,55 dollari e la SMA su 100 giorni di 76,93 dollari saranno sfide immediate, che potrebbero o fermare il rally o, se superate con decisione, estendere la mossa al rialzo verso la EMA su 5 mesi di 79 dollari”, spiega Dixit. “Nel caso in cui lo slancio rialzista dovesse continuare sopra 76,55-76,93 dollari, probabilmente vedremo ulteriori rialzi del WTI andando verso l’importante zona di resistenza della EMA su 50 settimane di 82,66 dollari, seguita dalla SMA su 100 settimane a 84,50 dollari”.
Ma, se l’area di 76,55-76,93 dollari dovesse attirare gli orsi, allora potrebbe arrivare un selloff, che porterebbe i prezzi giù verso 73,50 dollari e il supporto orizzontale di 69,50 dollari, prima di un retest della SMA su 200 settimane di 66,35 dollari, aggiunge Dixit.
Gas naturale: attestazione settimanale e attività
I prezzi del gas naturale USA hanno subìto il peggior tonfo in un trimestre, con un clima invernale insolitamente mite che ha comportato scorte enormi di combustibile per il riscaldamento.
Il gas naturale con consegna a maggio si è attestato a 2,6125 dollari venerdì, secondo i dati di Investing.com. Ha chiuso la seduta a 2,216 dollari per mmBtu sull’Henry Hub del New York Mercantile Exchange, con un balzo di 11,2 centesimi, o del 55,3% sulla giornata. Sulla settimana, il contratto è crollato del 6%, mentre sul mese, del 19%. Sul trimestre, il crollo è stato del 50%.
Il selloff è arrivato in scia alla domanda più debole del previsto di riscaldamento, che ha lasciato 1,853 mila miliardi di piedi cubici, o tcf, nelle {ecl-386||scorte}} statunitensi, in base al report della Energy Information Administration, o EIA, per la settimana terminata il 24 marzo.
Le scorte al momento sono il 31% al di sopra del livello dell’anno scorso, e il 21% al di sopra del livello quinquennale, afferma l’EIA. Il bilancio per il 2023 è il più alto a memoria recente e tormenta i tori che stavano cercando di riaccendere lo spettacolare rally di qualche mese fa, prima dell’inverno insolitamente mite che ha gonfiato le scorte.
Ai tori non resta che sperare in una domanda estiva esagerata, che porti a prelievi maggiori del previsto di combustibile per il raffrescamento, dicono gli analisti.
Gas naturale: prospettive per il prezzo
Malgrado le consistenti pressioni sotto la EMA su 5 settimane, i minimi più bassi del gas naturale non stanno attirando l’entusiasmo dei venditori, spiega Dixit.
I grafici giornalieri e settimanali mostrano una divergenza tra i prezzi del gas naturale, che registrano minimi più bassi, e l’indice di forza relativa, che registra minimi più alti, afferma. “Potremmo essere vicini alla fine di una correzione bearish e una ripresa dai minimi potrebbe presto prendere forma, con conferma quando sarà conquistato il massimo di 3,03 dollari”, dice. “È importante capire che la ripresa/inversione richiede che siano soddisfatte determinate condizioni di prezzo essenziali”.
Oro: attestazione settimanale e attività
I prezzi dell’oro sono rimbalzati del 9% per due trimestri consecutivi, con la crisi bancaria che ha mantenuto alta la richiesta di asset rifugio.
I future dell’oro con consegna a giugno sul Comex a New York si sono attestati a 1.986,70 dollari l’oncia venerdì, secondo i dati di Investing.com. Hanno chiuso l’ultimo giorno di scambi di marzo a 1.986,20 dollari l’oncia, in calo di 11,50 dollari, o dello 0,6%. Sulla settimana, il contratto dei future dell’oro USA è sceso di 15,50 dollari, o dello 0,8%, rispetto all’attestazione del venerdì precedente di 2.001,70 dollari. Ma, sul mese, è balzato dell’8% e, sul trimestre, ha registrato quasi +9%.
Il rialzo trimestrale è particolarmente importante in quanto, secondo i dati di Investing.com, è la prima volta che l’oro registra un rialzo trimestrale consecutivo tanto forte. Nel trimestre precedente, i future erano saliti di 154 dollari, o del 9,2%.
La ciliegina sulla torta è la vicinanza al livello di 2.000 dollari per gran parte del mese. Nelle ultime due settimane, i future Comex hanno infranto i 2.000 dollari in sei occasioni, rafforzando le aspettative che arriveranno a 2.100 dollari a tempo debito, registrando un nuovo massimo storico.
I massimi dell’oro sono stati registrati nonostante l’indice S&P 500 sia balzato del 6% nelle ultime tre settimane.
Oro: prospettive per il prezzo
L’oro potrebbe essere diretto verso un consolidamento questa settimana, nonostante la forte chiusura mensile e trimestrale, afferma Dixit. “Chiudere 42 dollari al di sotto del massimo mensile di 2.010 dollari lascia spazio ad un ampio consolidamento contro il massimo, e ci aspettiamo un retest della EMA su 5 settimane, che potrebbe spostarsi a 1.955 dollari”.
Ha aggiunto che una debolezza sotto il supporto di 1.960-1.955 dollari metterà l’oro sotto ulteriore pressione, spingendo giù i prezzi verso la zona di supporto di 1.932-1.928 dollari. Al contrario, un consolidamento sopra i 1.960 dollari aiuterà l’oro a ritestare i 1.988-1.993 dollari, con un rialzo verso 2010 dollari, spiega Dixit. “Il grafico giornaliero mostra una formazione pennant nel range di 1.934-2.010 dollari ed una sostenuta rottura sopra 1.988-1.993 dollari indicherà un breakout che punterà inizialmente a 2060 e poi a 2086 dollari”.
Nota: Barani Krishnan non ha una posizione su nessuna delle materie prime o asset di cui scrive.