Di Peter Nurse
Investing.com -- I prezzi del petrolio schizzano al massimo dal 2014, dopo che il Presidente russo Vladimir Putin ha inviato le sue truppe in due regioni separatiste dell'Ucraina orientale, minacciando di interrompere le forniture di energia del continente.
Alle 15:20 CET, i future del greggio USA sono in salita del 3,4%, a 93,23 dollari al barile, mentre il contratto Brent è salito del 2% a 94,88 dollari. Entrambi i contratti sono saliti ai livelli più alti da oltre sette anni.
I future sulla benzina RBOB degli Stati Uniti sono saliti del 3,2% a 2,9024 dollari al gallone.
Le truppe russe sono entrare in alcune zone dell’Ucraina orientale dopo che il presidente Putin ha annunciato che la Russia ha riconosciuto le due regioni separatiste come repubbliche indipendenti.
La mossa è stata condannata dalle autorità statunitensi ed europee: la Germania ha bloccato l’iter della certificazione del gasdotto Nord Stream 2 dalla Russia, mentre gli Stati Uniti e l’Unione Europea discutono di potenziali sanzioni.
“Come succede da diverse settimane ormai, gli sviluppi russi saranno la chiave per determinare la direzione dei prezzi nel breve termine, hanno dichiarato in una nota gli analisti di ING, con una grande incertezza sui flussi di energia nella regione.
L’approvvigionamento energetico dell’Europa non sarebbe influenzato se il gasdotto Nord Stream 2 progettato per portare il gas russo in Germania fosse fermato, poiché il gasdotto non è ancora operativo, ha dichiarato oggi la Commissione europea. Ovviamente lo stesso non varrebbe per gli altri metodi di consegna, visto che la Russia attualmente fornisce circa il 40% del gas europeo.
La crisi in Ucraina ha fornito un ulteriore sostegno a un mercato del petrolio già molto forte vista la stretta sulle forniture, in questa ripresa della domanda dopo la pandemia di Covid-19.
L’OPEC+, il gruppo formato dall’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (OPEC) e gli alleati, ha aumentato gradualmente l’offerta sul mercato, evitando finora degli aumenti repentini.
Il ministro del petrolio iracheno Ihsan Abdul Jabbar ha sostenuto questa posizione martedì, dicendo che non c'era bisogno che il gruppo fosse più aggressivo con il suo piano per ripristinare le forniture ai livelli visti poco prima che la pandemia di Covid-19 colpisse.
“Pensiamo che il mercato avrà sempre più petrolio, quindi pensiamo che non ci sia bisogno di fare un aumento” oltre alla strategia in corso, ha detto. “Non porteremo alcuna crescita allo stoccaggio commerciale. Soddisferemo tutta la domanda facendo le necessarie forniture”.
Intanto, sono in corso i dialoghi sul potenziale rinnovo dell’accordo nucleare dell’Iran con le potenze mondiali, che portarà al ritorno delle esportazioni di petrolio del paese del Golfo Persico al mercato globale.
Inoltre, gli investitori ora attendono i dati sulle scorte di greggio degli Stati Uniti dall’ American Petroleum Institute, previsti per mercoledì invece che martedì vista la chiusura festiva di ieri.