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Oro sempre più protagonista: superata quota 1.500, ai massimi dal 2013

Pubblicato 07.08.2019, 12:52
Aggiornato 07.08.2019, 13:06
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Di Mauro Speranza

Investing.com - Come previsto da molti analisti, l’oro prosegue la sua corsa e supera quota 1.500 dollari l’oncia, livello massimo toccato dal metallo giallo dal settembre 2013.

A spingere il prezzo dell’oro resta la situazione di incertezza generata dalla guerra dei dazi tra Cina e Stati Uniti, ribandendo la posizione del metallo giallo quale ‘bene rifugio’ per eccellenza, visto anche il nuovo calo del Bitcoin, da alcuni definito come il nuovo attore protagonista nei momenti difficili.

“Dopo essere crollato nella seduta di giovedì a New York”, spiega Barani Krishnan, analista senior di Investing.com, “l’oro ha visto una netta ripresa negli scambi successivi, proseguita fino a venerdì, quando il piano di Trump di introdurre nuovi dazi contro la Cina ha innescato un aumento delle richieste del metallo giallo come investimento rifugio”.

A conferma del rally dell’oro, inoltre, si è assistito alla crescita dei titoli minerari auriferi negli Stati Uniti. L’indice NYSE Arca Gold Miners GTR, uno dei più importanti del settore, ha guadagnato oltre oltre il 3% nelle sedute precedenti, mentre da inizio anno la sua crescita risulta di oltre il 36%, più del doppio della corsa dell’oro.

Le decisioni delle banche centrali

Con la riduzione della concorrenza dei titoli di stato, gli investitori si rivolgono verso l’oro. Il calo dei rendimenti dei bond statunitensi, infatti, rappresentano un indicatore, con il decennale che è sceso a 0,16%, minimo da molti anni (solo lo scorso novembre erano all’1%).

Le decisioni delle banche centrali mondiali, infatti, stanno seguendo la strada segnata dalla riduzione arrivata dalla Federal Reserve la settimana scorsa, provocando il calo del rendimento fisso.

Solo questa mattina, la Banca centrale australiana ha tagliato di 0,25% i tassi, mentre il taglio dell’istituto centrale indiano è stato di 0,40%, superiore alle attese.

Se a fine luglio Turchia e Giappone avevano già provveduto, in Norvegia “la questione è se la banca centrale fisserà o meno un aumento dei tassi a settembre, un’idea che circola ormai da qualche mese”, spiega Krishnan da Investing.com.

Inoltre, i recenti segnali di una politica ‘dovish’ arrivati dalla Banca centrale europea fanno presagire ad un futuro sempre più da ‘colomba’, a cui si potrebbe unire nuovamente la Federal Reserve.

Secondo Goldman Sachs, infatti la probabilità di un ulteriore taglio di 0,25 punti da parte della Fed sono del 75% a settembre, mentre al 50% ad ottobre ci potrebbe essere il ‘bis’.

"Prevediamo che politiche monetarie più accomodanti su scala globale prolungheranno la durata del ciclo attuale e incrementeranno le attività rischiose”, spiegano da BlackRock Investment Institute. “Questo dà agli investitori il tempo di aumentare la resilienza dei loro portafogli in un contesto di tensioni commerciali USA-Cina inasprite”.

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