di Andrea Mandala
MILANO (Reuters) - Il principale rischio per le banche italiane deriva dal peggioramento della qualità dell'attivo, che potrebbe generare nel biennio 2021-2022 perdite su crediti per circa 9 miliardi di euro. E' quando stima la Banca d'Italia nel suo rapporto sulla stabilità finanziaria diffuso oggi.
Il tasso di deterioramento dei prestiti è cresciuto negli ultimi mesi dello scorso anno, in particolare per le esposizioni verso le imprese dei settori più colpiti dalla crisi sanitaria, come i servizi, anche se in misura ancora contenuta per effetto delle misure di sostegno.
Il rapporto evidenzia che nel quarto trimestre il flusso dei nuovi crediti deteriorati in rapporto ai prestiti in bonis è infatti salito all'1,1% dallo 0,9% da fine settembre, con un incremento delle esposizioni verso le imprese all'1,5% dall'1,2% - livelli decisamente modesti.
Restano tuttavia sotto osservazione, nella valutazione dei rischi dell'attivo, i crediti ancora in bonis ma per i quali le banche riscontrano un aumento significativo del rischio, classificati pertanto nello 'stadio 2' in base ai principi contabili internazionali.
Questa categoria di crediti è cresciuta dell'11% nella seconda metà del 2020, con un aumento più significativo (18%) per le banche meno significative.
"È verosimile che le moratorie ancora in essere, la cui incidenza è più alta della media europea, stiano ritardando l'emersione di difficoltà nel rimborso dei prestiti", scrive la Banca d'Italia nel rapporto.
"La situazione di incertezza richiede notevole prudenza e il rafforzamento delle decisioni di accantonamento; ciò vale in particolare per le banche meno significative", aggiunge.
Infatti per questi istituti, a fronte di quota maggiore di moratorie in essere rispetto alle banche significative (12,4% contro 9,1%), l'incidenza delle posizioni in 'stadio 2' sul totale prestiti sono più basse (7,5% contro 11,7% al lordo delle rettifiche).
A fine dicembre le moratorie ancora in essere e concesse dalle banche erano pari a 41 miliardi per le famiglie, e 106 miliardi per le imprese, mentre i crediti per i quali la moratoria risultava scaduta erano complessivamente pari a 66 miliardi.
Lo stock dei crediti deteriorati ha continuato a ridursi in modo consistente anche nella seconda parte del 2020.
A fine dicembre la consistenza dei crediti deteriorati lordi è scesa a 104 miliardi, circa il 25% in meno rispetto a sei mesi prima, con un'incidenza sul totale dei finanziamenti scesa al 4,4% (dal 6,1%) e un tasso di copertura sostanzialmente stabile al 51,2%
Nel 2020 le banche hanno ceduto deteriorati per circa 33 miliardi, con ulteriori 5 miliardi non ancora completati.
La pandemia, rileva la Banca d'Italia, non ha rallentato i piani di dimissione anche grazie alle misure introdotte dal decreto "cura Italia" che, a fronte di cessioni di crediti deteriorati, ha consentito di convertire parte delle imposte anticipate (deferred tax assets) in crediti di imposta.
Il rapporto si occupa anche degli effetti della pandemia sulle imprese e famiglie.
Il rapporto vede "limitati" rischi per il sistema finanziario derivante dalle famiglie pur in un contesto in cui l'impatto della pandemia sulle condizione economiche è molto diversificato e ha portato ad un incremento delle disuguaglianze legate al reddito disponibile.
Complessivamente le famiglie, dice la Banca d'Italia, hanno mantenuto una buona capacità di rimborso dei prestiti grazie ai tassi bassi, alle moratorie e alle altre misure di sostegno.
Al contrario sul fronte delle imprese, i rischi derivanti da un calo della redditività e un amento dell'indebitamento, seppure molto eterogenei tra settori "restano elevati" sebbene possano essere attenuati dalla ripresa dell'economia e dalle politiche monetaria e di bilancio.
(Andrea Mandalà; in redazione a Milano Valentina Za)