di Luca Trogni
MILANO (Reuters) - La ratifica è nelle pieghe della nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza presentata negli scorsi giorni da Renzi e Padoan.
Quest'anno in Italia la voce del Pil con maggiore rialzo percentuale sul 2014 sarà quella relativa alle importazioni. Anche più delle esportazioni che comunque cresceranno di oltre il 4%. Ne deriva che il contributo netto dell'attività con l'estero al primo rialzo del Pil dopo tre anni di recessione sarà negativo.
Analogamente nel 2016 la stima di una crescita dell'economia dell'1,6% è totalmente sorretta dalla domanda interna. Per il prossimo anno infatti in base al quadro programmatico del governo il contributo dell'attività con l'estero è atteso essere ancora lievemente negativo.
La ripresa dei consumi delle famiglie trova quindi in parte risposta fuori confine, mentre l'export, tradizionale sostegno dell'economia italiana, è penalizzato nella sua espansione dal rallentamento del commercio internazionale.
Da un lato la temporanea esplosione delle importazioni (+5,3% la stima per quest'anno) è da considerare fisiologica. Nelle fasi di ripresa, come quella che l'Italia sta vivendo in questi mesi, l'industria è spinta a ricostituire le scorte, voce ad elevato contenuto di importazioni. I prezzi delle materie prime ai minimi da anni, poi, favoriscono ulteriormente l'accumulo delle scorte e contestualmente sostengono l'import.
Ma è anche vero che l'Italia paga l'uscita definitiva da alcuni settori industriali, dalla chimica all'informatica, e una produttività meno elevata delle media europea, fattori che indeboliscono fortemente l'offerta nazionale e creano spazio per quella internazionale.
Il prossimo anno con il consolidamento del ciclo economico e la stabilizzazione delle scorte, l'acquisto di beni e servizi dall'estero dovrebbe crescere sul 2015 a un ritmo leggermente meno sostenuto (indicato dal ministero dell'Economia al 4,3%).
EXPORT DI FRONTE A CRISI PAESI EMERGENTI
Sull'altro piatto della bilancia - l'export 2016 - pesano le crescenti preoccupazioni per le difficoltà di alcuni paesi emergenti, dalla Cina, la cui crescita rallenta, a Brasile e Russia in recessione.
Il sistema Italia dovrà quindi puntare maggiormente su Paesi storicamente industrializzati.
"L'anno prossimo sarà un anno difficile. Ma va ricordato che la Cina pesa solo il 3% sul nostro export globale" commenta Carlo Calenda, sottosegretario con delega all'export del ministero per lo Sviluppo economico. "Abbiamo un potenziale per esportare di più in Gran Bretagna, Usa ed Europa continentale".
Di sicuro, guardando ai nuovi numeri programmatici del governo, il +3,9% per le esportazioni, basato su una ragguardevole crescita del 4,5% del commercio internazionale, non è così facilmente raggiungibile. Ed avrà bisogno di un euro ancora debole.