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ECONOMICA - La difficile mobilità dei quadri nell'era del Jobs act

Pubblicato 04.09.2015, 11:30
© Reuters. Tokyo, per la strada

di Luca Trogni

MILANO (Reuters) - Cambiare azienda al tempo del Jobs Act mette il lavoratore dipendente del settore privato davanti a un bivio: accettare l'offerta, con una remunerazione nella gran parte dei casi migliorata, o restare al proprio posto in una situazione di maggiore sicurezza.

    Il nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti introdotto dal Jobs Act di marzo non è per molti accettabile.

    All'interno del mondo delle imprese la categoria più interessata perchè tradizionalmente in prima fila nella mobilità tra imprese è quella dei quadri, dipendenti con funzione direttiva appena sotto i dirigenti nella piramide aziendale.

    Il fenomeno in espansione in questa fascia formata da circa mezzo milione di persone è un maggiore timore del cambiamento rispetto al passato che porta anche a dinieghi dell'ultima ora, riferiscono consulenti del lavoro e avvocati giulavoristi sulla base dell'esperienza di questi primi mesi di applicazione delle nuove norme.

"E' una critica corretta, l'argomento più forte, forse l'unico, sulla debolezza della riforma del mercato del lavoro ma la sua portata non deve essere esagerata", commenta Stefano Sacchi, consigliere del ministro Poletti.

    "Per i profili ad elevata professionalità, e mi riferisco anche a figure come il montatore de 'La Chiave a Stella' di Primo Levi, la portata empirica è limitata perché hanno un mercato".

I dirigenti neppure in precedenza potevano contare su un rapporto a tempo indeterminato. Lo spirito del Jobs Act ha però pervaso anche questa categoria. Il recente rinnovo del contratto nazionale per i dirigenti industriali ha infatti recepito il criterio delle tutele crescenti per le indennità minime in caso di risoluzione del rapporto di lavoro. Ora servono circa 15 anni di anzianità aziendale per godere dell'indennità di 18-24 mesi ed è stata abolità l'indennità aggiuntiva per i dirigenti licenziati tra i 50 e i 60 anni.

    Per i quadri il cambiamento è più radicale. Le tutele nei primi anni nel nuovo posto di lavoro si riducono a poche mensilità di indennità in caso di licenziamento. E quindi, per una categoria con età media di 47 anni, aumenta l'incertezza nel considerare l'opportunità di lavorare per una nuova azienda di cui non sempre si può conoscere a fondo stato di salute e modalità di gestione dei dipendenti.

    Viene meno la garanzia reale della sicurezza del posto di lavoro che negli ultimi anni la congiuntura economica italiana ha già messo in discussione in molti settori.

Una forma di assicurazione, condizionata dalla forza contrattuale del lavoratore, sta nell'ottenere benefici aggiuntivi come un più elevato livello retributivo, una indennità più consistente di quella prevista dal Jobs Act, una deroga alla legge per avere nella sostanza una protezione analoga a quella garantita, sino all'abolizione dall'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.

    "Il lavoratore in posizione forte cerca di mettere le 'manette d'oro' all'azienda, esplicitando in primo luogo i rischi che correrebbe in caso di cambiamento di controllo aziendale", commenta un consulente del lavoro.

    Le aziende, da parte loro, offrono in generale più disponibilità sul piano remunerativo e sull'abolizione del periodo di prova, meno su quello di una deroga sulla durata del rapporto rispetto alle tutele crescenti.

    Gli avvocati giuslavoristi garantiscono ai dipendenti in grado di ottenere una deroga analoga all'articolo 18 che, anche in caso di successivo scontro giudiziario con l'azienda, la deroga è in grado di resistere in giudizio. Ma si tratta di una condizione che solo una fascia limitata di quadri sembra oggi in grado di spuntare.

    Negli anni il problema si risolverà probabilmente da sè con il progressivo cambio generazionale ma per i primi anni la nuova filosofia delle tutele crescenti, a meno di una eccezionale rifioritura del mercato del lavoro italiano, sembra destinata a pesare ancora sulla loro mobilità.

   

© Reuters. Tokyo, per la strada

    - ha collaborato Francesca Piscioneri

   

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