Investing.com - Il prezzo del greggio è in calo negli scambi europei di questo martedì, dopo l’impennata segnata ieri grazie alle speranze di un accordo per il congelamento della produzione dai paesi OPEC.
Sull’ICE Futures Exchange di Londra, il greggio Brent con consegna ad ottobre è sceso di 45 centesimi, o dello 0,99%, a 44,94 dollari al barile, alle 07:55GMT, o 3:55AM ET.
Ieri i prezzi Brent sono saliti di 1,12 dollari o del 2,53%, il sentimento è stato sostenuto dalle speranze di un accordo sul congelamento della produzione nei paesi membri dell’OPEC.
Secondo alcune fonti attendibili, diversi membri OPEC tra cui Venezuela, Ecuador e Kuwait, vorrebbero riconsiderare l’idea di un congelamento della produzione per questo autunno, nel tentativo di stabilizzare i mercati.
Il Ministro del petrolio del Qatar, Mohammed Bin Saleh Al-Sada, attualmente alla presidenza dell’OPEC, ha dichiarato che il cartello si incontrerà per un vertice informale in Algeria il 26-28 settembre, durante il Forum Internazionale dell’Energia.
Il tentativo congiunto di limitare la produzione quest’anno è fallito a causa dell’Iran che si è rifiutato di prendere parte all’iniziativa. I futures Brent sono scesi di quasi il 15% da quando hanno toccato 52,80 dollari a inizio giugno, poiché le previsioni di un aumento delle esportazioni da paesi del Medio Oriente e del Nord Africa, come la Libia l’Iraq e la Nigeria peserà ulteriormente sull’ingorgo del mercato e sulla domanda delle raffinerie.
Il greggio con consegna a settembre sul New York Mercantile Exchange è sceso di 29 centesimi o dello 0,67%, a 42,73 dollari al barile. Ieri i futures di New York sono aumentati di 1,22 dollari o del 2,92%.
Nonostante i recenti guadagni, secondo gli operatori dei mercati i livelli delle scorte ed il calo della domanda dovrebbero tenere i prezzi sotto pressione nel breve termine.
I futures del greggio WTI sono scesi di quasi il 17% da inizio giugno, quando hanno superato il livello dei 50 dollari segnando il massimo del 2016, poiché gli elevati livelli delle scorte dei prodotti raffinati hanno pesato sulla materia prima insieme ai segnali di ripresa dell’attività di estrattiva negli USA.
Secondo i dati rilasciati da Baker Hughes venerdì, il numero degli impianti di trivellazione negli Stati Uniti la scorsa settimana è salito di 7 unità a 381, il sesto aumento settimanale consecutivo ed il nono in 10 settimane.
Il rimbalzo del numero degli impianti attivi negli USA registrato nelle ultime settimane ha alimentato i timori sulle scorte globali.