di Elvira Pollina e Giuseppe Fonte
MILANO/ROMA (Reuters) - L'economia italiana si è affacciata nel 2019 con un clima di fiducia delle imprese ai minimi da quasi due anni e mezzo, mentre è migliorato il morale dei consumatori, grazie soprattutto al rallentamento dell'inflazione.
In attesa dei dati di domani giovedì 31 sull'andamento del Pil del quarto trimestre, che potrebbero segnalare lo scivolamento in recessione tecnica, lo spaccato offerto dagli indici di fiducia resta tutt'altro che brillante.
A detta degli economisti, le misure di sostegno alla domanda interna messe in campo dal governo (un sussidio per reintrodurre le fasce più marginali della popolazione e l'apertura di una finestra per l'accesso anticipato alla pensione), non daranno contributi significativi alla crescita del Pil.
Stando al consensus trimestrale di Reuters, quest'anno l'espansione dell'economia italiana dovrebbe attestarsi a 0,7%, mentre le previsioni Bankitalia e Fondo monetario internazionale convergono su un'espansione di 0,6%, sotto il target di 1% del governo.
In presenza di un rallentamento generalizzato della zona euro, su cui peraltro pesa l'incognita Brexit, continua a segnare il passo l'industria manifatturiera, uno dei motori dell'economia italiana, colpito dagli effetti della disputa commerciale tra Stati Uniti e Cina e la fase di assestamento dell'industria dell'auto tedesca.
Venendo ai numeri diffusi stamane da Istat, dopo due mesi consecutivi di calo, l'indice di fiducia dei consumatori è salito a 114,0 da 113,2 del mese precedente, mentre la mediana delle attese degli economisti interpellati da Reuters in un sondaggio prospettava una lettura 112,6.
"La stabilizzazione del clima di fiducia dei consumatori è sicuramente un segnale positivo ed è in buona parte da imputare al calo dell'inflazione e delle aspettative sui prezzi", sostiene Nicola Nobile, economista di Oxford Economics, che sull'intero 2019 ha una previsione di crescita del Pil di 0,3%.
Nobile sottolinea come l'accordo con Bruxelles per contenere il deficit/Pil al 2%, raggiunto a ridosso di Natale, abbia contribuito a rasserenare il clima.
Viceversa, l'indice complessivo di fiducia delle imprese ha allungato la serie negativa che prosegue ininterrottamente da luglio, scivolando a 99,2 da 99,7 di dicembre, il livello più basso toccato da agosto 2016, coerentemente con i numerosi segnali di rallentamento della congiunturale che si susseguono da mesi.
"Ci aspettavamo una possibile ripresa della fiducia delle imprese a gennaio", si legge in una nota di Paolo Mameli, economista di Intesa (MI:ISP), che recentemente ha tagliato a 0,6% la propria previsione di crescita del Pil nel 2019.
"La mancata ripresa segnala che i rischi sul nostro scenario di base, che già valutavamo al ribasso, sono in aumento", avverte Mameli.
Quest'ultimo, inoltre, sottolinea come i limitati effetti espansivi delle misure contenute in manovra siano sicuramente maggiori sulle famiglie che non sulle imprese, "per le quali anzi abbiamo stimato un impatto netto negativo di 5,8 miliardi sul 2019", concentrato sulle grandi imprese e sul settore bancario e assicurativo.
Il morale delle imprese manifatturiere, settore più esposto al rallentamento del ciclo economico della zona euro e del commercio internazionale, è sceso a 102,1 dal 103,4 di dicembre, mentre le attese prospettavano una lettura a 103,0.
"In linea di massima, le imprese resteranno molto prudenti, ma è possibile che le tensioni sul commercio internazionale si allentino in corso d'anno. In questo caso l'attuale livello potrebbe rappresentare un punto di minimo", ragiona Nobile.
D'altra parte, osserva Mameli, "sulle decisioni di investimento delle imprese peserà, più che sulla spesa delle famiglie, l’incertezza sulle prospettive fiscali e finanziarie del Paese che, pur ridottasi dopo l'accordo raggiunto dal governo con la Commissione Ue, permane, per via sia dalla scarsa prevedibilità delle politiche economiche, che della spada di Damocle degli aumenti di imposta previsti dalle clausole di salvaguardia dal 2020".