Di Mauro Speranza
Investing.com - A minaccia ricevuta, la Cina risponde per le rime a Donald Trump: dazi rialzati al 25% dal 1° giugno su circa 2.500 beni made in USA.
Escalation, dunque, per la guerra dei dazi dopo l’aumento scattato lo scorso venerdì negli Usa sulle importazioni di merci cinesi, con un aumento dal 10% al 25% per 200 miliardi di prodotti.
La minaccia di Trump alla Cina arrivata oggi tramite il solito tweet non sembra aver funzionato. Trump, aveva ammonito il gigante asiatico di non alzare i dazi, prevedendo che le aziende di tutto il mondo non avrebbero più fatto affari in Cina.
"La Cina ha tratto vantaggio dagli Stati Uniti per così tanti anni che non dovrebbe rispondere, peggiorerebbe solo le cose", aveva tuonato il presidente Usa dall’alto di Twitter.
Le conseguenze
Gli Stati Uniti potrebbero ricevere diversi miliardi di dollari di danno dalla scelta cinese. Secondo Gregory Daco, responsabile per gli Usa della società di ricerca britannica Oxford Economics, i dazi cinesi potrebbero provocare “una contrazione dello 0,5% del Pil Usa nel 2020, che porterebbe il Pil reale pericolosamente vicino all'1% e costerebbe agli americani circa 45 miliardi di dollari”.
Probemi anche per la Cina, la quale potrebbe ricevere il danno sarebbe “più grave”, continua Daco, mentre “il Pil subirebbe una contrazione dell'1,3% dimagrendo a un tasso del 5% circa, mentre a livello globale l'economia incorrerebbe in una frenata dello 0,5%”.
Armageddon tariffario
Daco ha fissato anche uno scenario ancora peggiore di quello attuale, in caso in cui l'escalation dei dazi proseguisse. Ciò comporterebbe, secondo Daco, "aumenti tariffari del 35% da parte degli Stati Uniti su tutte le importazioni cinesi, tariffe del 25% da parte di Washington sulle importazioni globali di auto e dazi del 10% su tutti gli altri beni importati dall'Ue, da Taiwan e dal Giappone, con ritorsioni equivalenti da parte degli altri Paesi sui beni importati Usa. Questo 'Armageddon' tariffario porterebbe ad una contrazione del 2,1% del Pil Usa, che finirebbe in recessione già alla fine del 2019".
"Per la Cina l'arretramento del Pil sarebbe del 2,5%, mentre l'Europa e il Giappone subirebbero uno stop dell'1,5% delle loro economie. Durissimo anche il contraccolpo sull'attività economica globale, che frenerebbe dell'1,7%. Secondo Daco la fiducia dei mercati verrebbe scossa in modo molto grave e il contraccolpo sui mercati azionari e del debito costringerebbe le principali banche centrali a prendere misure di stimolo di vasta portata e a ridurre significativamente i tassi di interesse", conclude Daco.