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Italia di fronte a taglio rating Moody's e critiche Ue: il commento dei mercati

Pubblicato 22.10.2018, 09:46
Aggiornato 22.10.2018, 09:46
© Reuters.  Italia di fronte a taglio rating Moody's e critiche Ue: il commento dei mercati

MILANO (Reuters) - Venerdì sera, dopo la chiusura di Wall Street, Moody's ha bocciato di un 'notch' il rating sovrano sull'Italia, portandolo da 'Baa2' a 'Baa3'. L'outlook sulla nuova valutazione è stabile, mentre quello precedente era negativo.

Il giudizio dell'agenzia, che fa riferimento ai nuovi obiettivi di deficit del governo 5 Stelle/Lega e allo stallo delle riforme strutturali, è attualmente un solo gradino oltre il livello 'junk'.

Entro le 12 di oggi il governo Conte deve inviare alla Commissione Ue la sua replica alle richieste e alla dure critiche alla manovra da parte di Bruxelles.

Di seguito il commento di alcuni analisti.

FABIO FOIS, analista Barclays (LON:BARC)

"L'Italia dovrà rispondere entro mezzogiorno di oggi alla lettera della Commissione europea sulle deviazioni dal percorso di consolidamento fiscale concordato in precedenza.

Credo che il governo manterrà la linea di contrapposizione con l'Unione europea, che paga in termini di popolarità con l'elettorato. Se però la pressione dei mercati dovesse subire un'escalation, gli alleati di governo dovranno decidere se cambiare posizione nell'interesse della stabilità politica o fare la vittima. A quel punto lo scopo potrebbe essere cambiare la maggioranza di governo o tornare alle urne, le due strade preferite rispettivamente dal Movimento 5 Stelle e dalla Lega.

Le tensioni con l'Ue certamente non si affievoliranno. È difficile prevedere se ci sarà un rifiuto, mai avvenuto prima, della Manovra da parte della Commissione e un'apertura di una procedura d'infrazione, ma i rischi stanno aumentando.

Considerati i toni della lettera consegnata venerdì scorso al Governo non possiamo escludere che la Commissione possa decidere di aprire una procedura d'infrazione per eccesso di deficit prima di quanto ci attendessimo (primavera 2019), forse già entro novembre".

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CYRIL REGNAT, Natixis

"Non abbiamo dovuto apettare fino a fine mese per la decisione di Moody's. Se il downgrade era ampiamente atteso, l'elemento più importante è quello che il nuovo rating abbia un outlook stabile. La decisione sull'outlook è cruciale e scongiura un rischio molto grave: se Moody's avesse posto il rating in outlook negativo la carta italana sarebbe stata trattata al livello di 'junk' e lo spread Btp/Bund sarebbe arrivato per lo meno a 400 punti base, innescando un effetto contagio, come si è visto nelle ultimissime sedute.

Anche senza aspettare la mossa di S&P venerdì prossimo, il mercato dovrebbe trarre dalla decisione di Moody's un grosso respiro di sollievo. Questo naturalmente non significa che per i Btp la prospettiva sia cambiata: in ogni caso il rating italiano verrà tagliato da S&P, molto probabilmente già venerdì come prevede il nostro scenario.

Nel breve termine la pressione dui Btp potrebbe allentarsi, soprattutto se S&P si limitasse ad abbassare l'outlook senza bocciare il rating ['BBB' con outlook stabile la valutazione attuale]. Basta questo a essere fiduciosi sul breve termine per la carta italiana? Direi di no, dal momento che proseguiranno sia le tensioni con le istituzioni Ue sia la scarsa liquidità del mercato. Per approfittare del temporaneo recupero del Btp il consiglio è di acquistare Bonos e Oat, che nelle ultime settimane hanno visto una performance particolarmente debole".

EDOARDO FUSCO, Market analyst eToro

"I mercati non credono alle previsioni del Governo e, se continueranno le pesanti vendite sui titoli di Stato, da qui a sei mesi l'Italia sarà costretta a rivedere al ribasso le proprie stime di crescita in senso peggiorativo. Il downgrade di Moody's era prevedibile e il 26 ottobre arriverà presumibilmente quello di Standard & Poor's. Come se non bastasse dagli Stati Uniti iniziano ad intravedersi segnali di rallentamento, in quanto gli indicatori economici americani sono da mesi su livelli top difficilmente migliorabili. Ciò non può che indicare un futuro rallentamento globale".

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ALESSANDRO BALSOTTI, Jci Capital

"La potenziale ciliegina sulla torta è arrivata quando i mercati (italiani) erano già chiusi da un po'. Moody's ha anticipato di una settimana rispetto alla scadenza quasi unanimemente attesa (26 ottobre) il suo giudizio sul rating del nostro paese. Lo scontatissimo downgrade di un 'notch', che lascia l'Italia all'ultimo livello disponibile prima della discesa nell'inferno del 'junk' (o, con terminologia meno offensiva, 'credito speculativo') è stato accompagnato dall'outlook stabile, evitando il temuto outlook negativo che avrebbe acceso fondati timori di ulteriori azioni negative da parte dell'agenzia in tempi brevi (qualche mese). La situazione rimane fluida e la volatilità difficilmente ci abbandonerà ma il ramoscello d'ulivo mostrato venerdì da Moscovici mi sembra uno sviluppo rilevante che spero il nostro governo sappia sfruttare evitando almeno per qualche tempo un antagonismo da costante campagna elettorale. Non credo sia un caso che una simile virata europea, dopo dichiarazioni ben più conflittuali nelle ultime settimane, sia arrivata dopo che per la prima volta i disagi del Btp sembravano aver superato la soglia del dolore in grado di creare qualche visibile contagio anche nel resto della periferia ,vedasi soprattutto lo sotto-performance spagnola di ottobre".

LORENZO CODOGNO, Chief economist Lc Macro

"I mercati finanziari avevano già prezzato il downgrade e la decisione di mantenere l'outlook stabile è stata un sollievo. I timori non erano infatti solo relativi al downgrade, ma anche alla possibilità che Moody's desse outlook negativo. Sembra quindi probabile che entro tre mesi tutte e tre le agenzie di rating abbasseranno la valutazione dell'Italia a solo un notch dallo status di junk, a meno di un cambio di rotta dell'Italia. I rendimenti, comunque, dovrebbero già aver assorbito queste aspettative.

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Il rischio vero dipende poi dalla sostenibilità a lungo termine del debito, deteriorata dalla cancellazione della legge Fornero. Una volta rivelati i dettagli della manovra, le agenzie ppotrebbero agire più velocemente del previsto. Resta perciò la possibilità di ulteriori downgrade".

DANIELE ANTONUCCI, Morgan Stanley (NYSE:MS)

"Il downgrade di Mooody's al più basso livelo investment grade, ampiamente atteso, sottolinea i rischi della finanza pubblica italiana. Il prossimo venerdì ci aspettiamo che S&P cambi il rating dell'Italia a 'negativo'. Le nostre previsioni sulla traiettoria di crescita, deficit e debito sono più pessimistiche di quelle del governo.

Dal momento che stiamo viaggiando vicino alla stagnazione e che assumiamo un minor moltiplicatore fiscale, ci aspettiamo un deficit più ampio di quello atteso dal governo e non vediamo alcun calo del deficit/Pil nei prossimi tre anni. In un contesto di condizioni finanziarie che stanno diventando più restrittive, vediamo in questo un fattore di vulnerabilità".

ERIK NIELSEN, UniCredit (MI:CRDI)

"Venerdì sera Moody's ha tagliato il rating sull'Italia a 'Baa3' assegnandole però un outlook stabile, mentre si temeva potesse mantenerlo negativo. Sul mercato si è stranamente notato un ampio restringimento dello spread Btp/Bund intorno alle 16, quasi ad anticipare la mossa.

La decisione di abbassare il giudizio sul rating sovrano al livello più basso della categoria 'investment grade' porta sfortunatamente di nuovo in primo piano le mosse delle agenzie. E' probabile che S&P tagli anch'essa il proprio outlook sull'Italia a negativo venerdì prossimo, aprendo la strada a un downgrade all'inizio del 2019. Visto che il giudizio di Fitch ha già un outlook negativo, se S&P si allineasse e se non ci fossero ritocchi di politica economica da parte del governo, tutte e tre le agenzie avrebbero un giudizio sullo stesso livello, vale a dire un notch oltre 'junk'. Sembra siano [le agenzie] più in contatto con la realtà, rispetto a una tradizione piuttosto disastrosa. Motivata o meno, la bocciatura di Moody's accentuerà la tendenza degli investitori istituzionali ad abbandonare il mercato italiano, con il rischio di innescare un nuovo massiccio movimento di capitali all'interno della zona euro come si è visto nel 2010/2012".

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(Lisa Di Giuseppe, Alessia Pe)

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