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Coronavirus, disoccupazione italiana al 17% secondo Goldman Sachs

Pubblicato 14.04.2020, 12:42
© Reuters.

Di Mauro Speranza

Investing.com – L'impatto da coronavirus sull'Italia potrebbe portare la disoccupazione nel nostro paese a raggiungere il 17% entro la metà dell'anno. Le previsioni sono state realizzate da Goldman Sachs in una analisi sull'impatto dell'emergenza sanitaria sull'occupazione in Europa.

Secondo questi esperti, la crisi sanitaria potrebbe portare ad un calo del 9% del Pil nell'eurozona nel corso del 2020, con Italia e Spagna le più colpite. Il nostro paese, infatti, potrebbe vedere un -11% del prodotto interno lordo nel corso 2020, mentre il calo degli iberici arriverebbe al 10%.

Il forte calo del Pil, spiegano questi esperti, porterebbe la disoccupazione nell'area euro all'11,5% a metà anno, con la Spagna vista salire al 23%, la Francia al 10% e la Germania al 5%.

In Europa resterebbe, dunque, un notevole divario nord-sud nel grado di deterioramento del mercato del lavoro" europeo che "evidenzia l'importanza di un meccanismo di condivisione dei rischi su tutta l'area dell’euro" e che “consente ai paesi del sud di assicurare un sostegno fiscale sufficiente alle loro economie durante la crisi del coronavirus”, aggiungono da Goldman Sachs.

L'impatto sull'economia delle misure messe fin qui in atto

“La crisi da COVID-19 comporterebbe quindi la crisi economica più severa dalla seconda guerra mondiale”, si legge nella Macro Investment Views Q2 2020 a cura di Unigestion, ma questa “dovrebbe però essere temporanea, il che significa che è essenziale poterne seguire l'evoluzione quotidiana”.

Secondo questi esperti, “uno stimolo coordinato da parte delle autorità fiscali e monetarie potrebbe contribuire ad alleviare parte dell'onere di questo shock macroeconomico, per cui è fondamentale valutare queste misure. A partire dalle politiche fiscali, nell'ultimo mese abbiamo visto molti governi in Europa e Stati Uniti attuare varie misure per contribuire a compensare parte dell'impatto del lockdown. Queste sono state fondamentalmente di due tipi: spese dirette per compensare parte delle perdite di reddito e finanziamenti per limitare il numero di imprese inadempienti, soprattutto le Pmi, più a rischio”.

“In termini aggregati è stato raccolto abbastanza denaro per far fronte alle esigenze derivanti dal nostro scenario di base che vede una contrazione del Pil del 5%. Infatti, tra sostegno diretto e prestiti, le politiche attuate sono più che sufficienti per far fronte ai circa 2.500 miliardi di dollari di danni che COVID-19 porterà probabilmente all'economia mondiale”, spiegano da Unigestion.

Tuttavia, il denaro messo a disposizione è estremamente disomogeneo sotto due punti di vista: la maggior parte proviene in realtà dagli Stati Uniti (circa 2 triliardi di dollari), mentre il resto dell'aiuto proposto passa attraverso i prestiti, il che significa che le Pmi sopporteranno l'onere più elevato. Pensiamo che questa situazione non sia priva di rischi: le Pmi europee continuerebbero a faticare mentre i contribuenti statunitensi dovranno rinunciare all'1% di crescita per i prossimi dieci anni per ripagare questo aumento del 10% del loro debito/Pil” concludono questi esperti.

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