Investing.com – Manca poco meno di anno alle elezioni negli Stati Uniti, ma le manovre per l’appuntamento elettorale più seguito al mondo sono già in atto, con la sfida tra il presidente Joe Biden e il repubblicano Donald Trump pronta a monopolizzare le attenzioni degli investitori.
“Anche se nulla è garantito in politica, un secondo scontro tra Biden e Trump sembra quasi certo”, osserva George Brown, economista di Schroders (LON:SDR) prima di passare all’analisi dei due candidati.
Biden, popolarità in calo
“Biden ha molti motivi per essere ottimista sulle sue possibilità di rielezione. Oltre al vantaggio derivante dal mandato, sta gestendo un'economia forte, un mercato del lavoro rigido e un'inflazione in netto calo. Anche il recente conflitto in Israele potrebbe fornire un certo sostegno, dato che le crescenti tensioni geopolitiche hanno storicamente portato a un effetto "rally round the flag" (letteralmente, stringersi attorno alla bandiera). Non solo la sua popolarità è attualmente vicina al livello più basso della sua presidenza, ma è anche inferiore a quella di molti dei suoi predecessori in questa fase del primo mandato. In parte ciò è dovuto al fatto che l’immigrazione è salita nella lista delle preoccupazioni degli elettori. Inoltre, i sondaggi mostrano che gli elettori hanno delle riserve sulla sua età”.
Tuttavia, prosegue Brown “Biden non è né impopolare né polarizzante come Trump. Ciò significa che gli elettori moderati e non partitici potrebbero sostenere Biden, anche se con riluttanza. Potrebbe anche trarre vantaggio dalla candidatura indipendente di Robert F. Kennedy Jr, che potrebbe attirare alcuni dei voti anti-establishment che altrimenti andrebbero a Trump”. Per questi motivi, secondo l’economista è prematuro escludere che Biden mantenga la presidenza.
“In caso di rielezione, Biden potrebbe cercare di rilanciare il suo programma legislativo originale. Nel 2021, le sue proposte iniziali di Build Back Better comprendevano 3.500 miliardi di dollari di spesa per programmi ambientali e sociali, oltre il 10% del Pil. Il piano si è poi ridotto fino a diventare l'Inflation Reduction Act, che con 437 miliardi di stimoli, rappresenta solo di un ottavo delle proposte di partenza”.
Una tale previsione di spesa, precisa l’esperto, “potrebbe alimentare le crescenti preoccupazioni sulla sostenibilità fiscale, spingendo i rendimenti dei Treasury ancora più in alto. Gli investitori devono inoltre prestare attenzione al fatto che Biden potrebbe cercare di aumentare le aliquote massime delle imposte sulle società, sul reddito e sulle plusvalenze, nonché di inasprire la regolamentazione in settori come quello bancario e sanitario. Ciò potrebbe comportare una certa pressione su alcuni settori azionari”.
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Trump di nuovo alla Casa Bianca?
Se riuscisse ad assicurarsi la nomination repubblicana, Trump potrebbe essere il favorito. E se da un lato le battaglie legali sono destinate a tenerlo lontano dalla campagna elettorale a primarie in corso, dall’altro il Tycoon, con la sua capacità di polarizzare le discussioni sui social, ha una forza mediatica che va oltre la presenza fisica.
“Supponendo che Trump abbia successo nel suo tentativo di riconquistare la Casa Bianca, è difficile stabilire quali siano i suoi obiettivi, data la sua reputazione. Secondo PolitiFact, ha infranto poco più della metà delle promesse fatte in campagna elettorale e ne ha completate solo un quarto”, commenta Brown. “In ogni caso, le promesse fiscali di Trump quest'anno sono state l'abrogazione degli aumenti delle tasse di Biden, la lotta immediata all'inflazione e la fine di quella che ha definito la "guerra" di Biden alla produzione energetica americana”.
In sostanza, secondo l’economista, “Quando si parla di una seconda presidenza Trump, l'unica certezza è l'incertezza”. Di conseguenza, aggiunge, “gli investitori dovrebbero prepararsi alla volatilità, che potrebbe sfociare in una fuga verso i titoli più sicuri, che vedrebbe titoli di Stato e oro come beni rifugio”.
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L’andamento dei mercati: il confronto tra Biden e Trump
Visto che non si può prevedere l'andamento delle asset class in caso di una seconda presidenza Biden o Trump, Brown confronta l'andamento dei mercati durante i rispettivi primi mandati. “Sulla base di un portafoglio 60/30/10, Trump ha ottenuto un rendimento totale del 35%, in linea con gli altri primi presidenti dall'inizio degli anni Settanta. Biden, invece, ha ottenuto solo l'8,5%. E sarebbe ancora più basso se non fosse per le "Magnifiche sette" società tecnologiche in forte crescita”.
Tuttavia, aggiunge, “gli investitori che sperano che una seconda presidenza Trump possa incrementare i rendimenti potrebbero rimanere delusi”. L’analisi di Schroders mostra, infatti, “che il ritorno di precedenti presidenti ha generalmente registrato rendimenti nominali più bassi in tutte le principali asset class, ad eccezione dei rendimenti dei Treasury a 10 anni. Ma non ci sono solo cattive notizie. L'inflazione è stata storicamente più contenuta durante i secondi mandati presidenziali, anche escludendo i tassi elevati registrati durante le amministrazioni di Jimmy Carter e Ronald Reagan alla fine degli anni ‘70 e all'inizio degli anni ‘80. Inoltre, il Pil è stato generalmente più alto e la disoccupazione più bassa rispetto ai primi mandati”.
Bisogna sottolineare comunque che l’andamento dei mercati negli anni è stato condizionato anche da fattori al controllo del presidente come gli shock energetici degli anni '70, la crisi finanziaria del 2007-2008 o il Covid e le sue conseguenze su cui si sono sovrapposte le presidenze di Biden e Trump.
La competizione avvantaggia gli investitori
Interessanti opportunità per gli investitori potrebbero derivare da una situazione di stallo in Campidoglio. “I governi divisi sono costretti a scendere a compromessi, il che serve a moderare le inclinazioni più estreme di ciascun partito, offrendo agli investitori uno scenario più stabile”, chiarisce l’esperto. “Dalle elezioni presidenziali del 1948, l’azionario statunitense ha registrato rendimenti totali del 14,3% in media in uno scenario di Congresso diviso, rispetto a un più modesto aumento del 13% con un parlamento unificato. Questa divergenza è ancora più ampia se si considera il partito di appartenenza: i presidenti democratici hanno registrato guadagni del 18,8% in presenza di un Congresso diviso, contro il 12% dei loro omologhi repubblicani”.
In conclusione, esamina Brown, “sebbene ci sia ancora molto da fare prima delle elezioni del prossimo anno, il fatto che la competizione si preannunci serrata dovrebbe essere una buona notizia per gli investitori”.