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The Year Ahead: 6 trend da tenere d'occhio nel 2022

Pubblicato 04.01.2022, 11:44
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Di Geoffrey Smith

Investing.com - È stato un 2021 estenuante. Lutti, malattie e difficoltà economiche dovute ai lockdown sono state l'esperienza di troppe persone. Tuttavia, i dati economici mostrano un vigoroso rimbalzo dal primo anno della pandemia, con commercio e occupazione in rapida crescita. Queste caratteristiche dovrebbero continuare nel 2022, anche se a un ritmo più moderato, ma la ripresa è arrivata a scapito della più grande minaccia inflazionistica dagli anni '70, con i mercati che scambiano ancora su multipli storicamente alti. Ecco le grandi tendenze da tenere d'occhio sui mercati mentre entriamo nel 2022:

1. Stretta monetaria

Il 2022 sarà dominato dalla narrativa sull'aumento dei tassi di interesse. In verità, l'aumento del costo dei prestiti è già arrivato nel 2021 in molte parti del mondo, ma la Federal Reserve, custode della valuta di riserva mondiale, ha ora reso il processo ufficialmente globale.

I primi tassi a salire saranno quelli a più lungo termine, con la Fed che chiuderà entro marzo il programma di allentamento quantitativo da $120 miliardi mensili e prevede di aumentare l'intervallo target per i fondi Fed fino a 75 punti base entro la fine dell'anno.

La dimensione dell'aumento dei tassi dipenderà, in uno o nell'altro caso, dal percorso dell'inflazione. Gli effetti di base e, cosa più importante, un probabile rallentamento dell'economia, suggeriscono che l'inflazione dovrebbe raffreddarsi nell'arco dell'anno: la stessa Fed vede la spesa per i consumatori personali di base aumentare 'solo' del 2,6% a fine anno, dopo un aumento del 5,3% nel 2021.

L'altro fattore riguarda la politica. Come per 'tradizione', la Fed subirà la pressione del Congresso Usa per allineare le politiche fiscali/monetarie man mano che avvicinano le elezioni di medio termine che si terranno a novembre. Ma in ogni caso, finché la Fed resterà in modalità hawkish, la pressione sulle altre banche centrali – con l'eccezione di Svizzera, Giappone e forse Cina – resterà su questa linea.

2. Covid: anno 3

Il corso della pandemia continuerà ad essere il leitmotiv che guiderà le mosse della Fed e delle altre banche centrali. Nel momento in cui scriviamo, la variante Omicron sta attraversando l'Europa come treno ad alta velocità facendo registrare nuovi record di casi in molti Paesi, mentre negli States è il ceppo dominante in 43 dei 50 stati.

Dopo circa un mese dal primo caso individuato in Sudafrica, non si sa ancora abbastanza su Omicron per fare previsioni certe. Tuttavia, gli studi arrivati fino ad ora suggeriscono che Omicron provoca meno danni nei pazienti rispetto al ceppo Delta, ma elude le difese immunitarie generate dal ciclo vaccinale di due dosi, portando ad un tasso di diffusione molto più alto.

Una minore virulenza non sarà forse sufficiente ad evitare nuove restrizioni, come si sta osservando in giro per il mondo, ma sembra evidente che le dosi booster di  Moderna (NASDAQ:MRNA) e Pfizer/BioNTech faranno guadagnare tempo allo sviluppo di nuovi farmaci studiati appositamente per Omicron. Parallelamente, prosegue lo sviluppo di farmaci antivirali e il programma dell'OMS CoVax che dovrebbe ridurre la disparità nell'accesso ai vaccini (il vero problema della diffusione delle varianti). L'attuale previsione di CoVax prevede di rendere disponibili 2,39 miliardi di dosi entro marzo, oltre a opzioni per un totale di oltre 6,5 miliardi di dosi entro il 2023.

3. Trio cinese: Omicron, Evergrande (HK:3333) e Taiwan

Omicron può sembrare meno pericoloso degli altri ceppi, ma rappresenta ancora una minaccia per i mercati finanziari per la funzione di reazione delle due maggiori economie del mondo.

Se negli Stati Uniti, l'esitazione al vaccino significa un maggiore assenteismo della forza lavoro, il vero rischio per l'offerta è in Cina, principalmente a causa della politica di tolleranza zero ad ogni singolo caso Covid. Data la bassa efficacia segnalata dei due principali vaccini cinesi contro Omicron, il rischio è di rinnovate chiusure di importanti centri produttivi e logistici cinesi (come già accaduto per la città di Xi'an), con ovvie conseguenze su supply chain e offerta dei materiali. 

Ma Pechino ha altri problemi. Prima o poi, il presidente Xi Jinping dovrà decidere chi sostenere nella partita di Evergrande (HK:3333) e se accollarsi il debito accumulato dal colosso del mattone e dalle altre società high yield. E dovrà farlo senza innescare il panico tra gli investitori nazionali e internazionali e, preferibilmente, senza ricorrere a ulteriori prestiti.

Qualsiasi segno di instabilità finanziaria, o sociale, può incoraggiare Pechino a distrarre l'attenzione dalla propria politica estera: dopo aver posto fine all'autonomia di Hong Kong, Xi potrebbe fare lo stesso con Taiwan ripristinando la sovranità cinese sull'isola, forte del nuovo mandato a vita ricevuto dal Partito Comunista. 

4. La crisi energetica in Europa

Il rischio geopolitico è un elemento di un'altra storia destinata a dominare i titoli dei giornali in Europa. Il vecchio anno è finito, ma le mire di Putin verso l'Ucraina e l'espansione della NATO verso est restano sempre le stesse.

La maggior parte degli analisti è incline a ritenere che le manovre militari al confine della Russia con l'Ucraina, dove sono attualmente ammassati oltre 100.000 soldati, siano una tattica di pressione per garantire l'apertura del gasdotto Nord Stream 2, che promette di essere un lucroso guadagno per Gazprom (MCX:GAZP) e i suoi proprietari statali. Tuttavia, con Putin che ha parlato espressamente di azione "militare-tecnica", non può più essere dato per scontato.

Come nel 2008, quando i prezzi del petrolio erano al di sopra dei 100 dollari al barile, la capacità dell'Europa di rispondere ad un'invasione russa sarebbe inibita dal fatto che i prezzi dell'elettricità e del gas sono già molto al di sopra dei precedenti record, a causa della carenza di gas in stoccaggio, dell'aumento vincoli sull'energia a carbone dovuti alla politica ambientale e della sempre minore disponibilità di energia nucleare.

La scelta di proseguire nella transizione energetica senza garantire le forniture necessarie si è rivelata una scelta pericolosa per Bruxelles. L'imminente esplosione delle bollette energetiche delle famiglie è destinata ad aggiungere l'1% all'inflazione del Regno Unito, e sta costringendo Italia e Spagna ad estendere i sussidi precedentemente incorporati nelle bollette energetiche come misura di emergenza. Le industrie ad alta intensità di gas, come i produttori di fertilizzanti, sono già state costrette a chiudere le fabbriche, e il rischio è che se ne debbano chiudere altre per razionare le forniture fino alla fine dell'inverno.

5. L'OPEC e gli Stati Uniti possono tenere il passo con la domanda di greggio?

La diffusione di Omicron ha anche aumentato le scommesse su quando la domanda mondiale di petrolio raggiungerà il picco pre-pandemia. Secondo i dati dell'American Petroleum Institute, a novembre la domanda negli Stati Uniti era sotto del solo 0,4% dal suo picco, prima che l'ultima ondata di infezioni mettesse un freno ai viaggi aerei.

Ma quando la domanda sarà al 100%, non è chiaro se l'offerta sarà in grado di tenerne il passo: l'incertezza economica e il crescente attivismo ambientale da parte di azionisti e governi hanno portato a un calo degli investimenti in nuova produzione, con le nuove scoperte petrolifere che sono scese al minimo dal 1946, secondo l'analisi di Rystad Energy.

"Coloro che credono che l'inflazione dei prezzi più recente sia temporanea potrebbero fraintendere il tempo necessario per gli investimenti di petrolio e gas", ha avvertito Dean Foreman, capo economista dell'API, in una nota recente. Sia i produttori dell'OPEC che quelli degli Stati Uniti si sono trovati più interessati a riparare i bilanci che ad aumentare l'offerta nel 2021, e probabilmente ci vorrà un cambiamento di cuore in entrambi gli angoli del pianeta per evitare un'altra impennata dei prezzi del petrolio nel 2022.

6. L'anno spartiacque per le cripto

Il ciclo di stretta monetaria globale fornirà un duro test per le criptovalute, che hanno mostrato una correlazione sempre più elevata con le attività speculative nell'ultimo anno. E dopotutto, gli asset speculativi tendono a dare rendimenti negativi quando salgono i costi dei prestiti.

Tuttavia, per coloro che rimangono impegnati nelle criptovalute, il 2022 promette di essere un anno entusiasmante, in cui ci si aspetta che Stati Uniti, Europa e India chiariscano la direzione normativa su questo comparto, qualcosa che dovrebbe mettere la classe di attività su rotaie più solide.

A livello tecnico, l'evento dell'anno potrebbe essere il completamento della transizione di Ethereum al meccanismo Proof-of-Stake sulla sua blockchain, allontanandosi dal meccanismo Proof-of-Work più energivoro che vincola la scalabilità (oltre a generare un sacco di cattiva pubblicità per le criptovalute per motivi ambientali). Dato che il posto di Ethereum nell'universo delle iniziative di finanza decentralizzata (DeFi) si sta ora moltiplicando, l'importanza della transizione difficilmente potrà essere sopravvalutata.

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