MILANO (Reuters) - Il gup milanese Alessandra Clemente, che il 2 ottobre 2015 prosciolse Eni (MI:ENI) e l'ex AD Paolo Scaroni dall'accusa di corruzione internazionale nell'ambito dell'inchiesta su presunte tangenti Saipem (MI:SPMI) per ottenere contratti in Algeria, andò "oltre i confini posti al proprio sindacato dall'articolo 425 del codice di rito" e fece "una non corretta applicazione delle regole in punto di valutazione delle prove".
E' quanto sostiene la sesta sezione della Corte di Cassazione nelle motivazioni, che Reuters ha potuto leggere, alla sentenza con la quale il 24 febbraio scorso ha annullato l'assoluzione di Scaroni, Eni e del dirigente Antonio Vella, disposta dal gup al termine dell'udienza preliminare con cui rinviò a giudizio Saipem e altre cinque persone, fra le quali l'ex presidente Pietro Tali. [nL5N1222XQ]
La Cassazione ha inoltre disposto la trasmissione degli atti all'ufficio del giudice dell'udienza preliminare di Milano perché assegni ad un altro gup una nuova udienza preliminare per una nuova valutazione del procedimento.
"Ritiene il Collegio - scrive la Cassazione - che il giudice milanese abbia errato là dove non si è fermato a delibare la serietà dell'impianto probatorio... ma ha compiuto... un vero e proprio giudizio di merito sulla colpevolezza/innocenza degli imputati, persone fisiche e persone giuridiche".
Inoltre, scrivono i supremi giudici, "il corredo argomentativo della sentenza impugnata, a discapito della mole del documento, è in effetti carente nella ricostruzione degli elementi a carico" e "neanche il giudizio prognostico negativo in merito alla 'potenzialità espansiva' per l'accusa derivante dallo sviluppo dibattimentale del procedimento risulta adeguatamente argomentato".
Va ricordato infine, che il resto del processo 'Saipem Algeria' è ora nella fase dibattimentale al Tribunale di Milano.