di Elvira Pollina e Antonella Cinelli
MILANO/ROMA (Reuters) - Deficit in calo come previsto, debito in salita ma meno delle attese, Pil in crescita dopo tre anni di poco sotto le aspettative.
A guardare la fotografia scattata dall'Istat sul 2015 gli elementi positivi non mancano, come non hanno tardato a sottolineare il premier Matteo Renzi e il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan.
Soprattutto dal lato della tenuta dei conti pubblici, elemento che aiuterà il governo nella partita che in queste settimane giocherà a Bruxelles sulle legge di Stabilità di quest'anno e sul via libera alle clausole di flessibilità.
Sorpresa positiva dal debito pubblico, il principale punto di preoccupazione per Bruxelles.
In rapporto al Pil, che l'anno scorso ha segnato la prima variazione positiva (+0,8%, appena sotto il target di +0,9%) dopo un triennio di recessione, il debito infatti è salito a 132,6% da 132,5% del 2014.
Si tratta del picco dall'inizio della serie storica nel 1995, ma inferiore a quello che si aspettava il governo (132,8%). E solo per un soffio non si può parlare di stabilizzazione dopo sette anni di crescita ininterrotta.
Un risultato cui certamente hanno contribuito la riduzione degli interessi passivi (-8% rispetto al 2014, quando erano scesi di 4,2%), frutto della politica monetaria della Banca centrale europea, che comprimono i tassi d'interesse ai minimi storici.
In ogni caso, le uscite totali sono scese di 0,1% rispetto al 2014 e al loro interno le uscite correnti sono scese di 0,7%, mentre il Tesoro ha incassato i proventi della privatizzazione di Poste.
In Europa il ministro Padoan può rivendicare di aver centrato il target di riduzione del deficit/Pil, sceso l'anno scorso a 2,6% da 3% dell'anno precedente, al minimo dal 2007.
Si complica invece il quadro per quest'anno con prospettive meno rosee di quanto si pensasse qualche mese fa.
RISCHI SU SCENARIO 2016
Il governo si è impegnato a ridurre il debito pubblico, portandolo al 131,4%, ma il percorso di rientro si basava su uno scenario di crescita nominale - cioè tenendo conto dell'inflazione - di 2,6% dopo 1,5% segnato nel 2015. L'accelerazione, secondo i principali previsori privati e istituzionali, non sarà di questa portata.
Le prospettive di crescita si sono fatte più esigue: ci si aspetta ora un'espansione del Pil di poco superiore a 1% mentre la stima di +1,6% indicata dal governo sembra inarrivabile, alla luce delle turbolenze economico-finanziarie che arrivano dai mercati emergenti. Lo stesso Renzi l'ha riposizionata a +1,4%.
L'inflazione, visto il tracollo del greggio, è destinata a restare molto bassa. La privatizzazione di Ferrovie è stata rinviata. Per rispettare l'impegno di una discesa del debito ci dovrà essere uno sforzo in più, come anticipato in questi giorni da alcuni esponenti dell'esecutivo.
"La partita continua ad essere ed è sempre di più sulla crescita. Dopo anni di crisi pensavamo di potere avere davanti qualche anno di recupero ma visti i fattori di rischio, che non sono italiani e sono fuori dal nostro controllo, dobbiamo incrociare le dita", commenta Stefania Tomasini, economista di Prometeia.
L'anno scorso la domanda estera netta ha dato un contributo negativo alla crescita (-0,3 punti) e verosimilmente anche quest'anno costituirà un freno.
L'assunto è che buona parte del contributo arrivi dalla domanda nazionale (che ha contribuito a 0,5 punti di crescita nel 2015), e soprattutto dai consumi, e dagli investimenti.
Il contributo dato da questi ultimi (0,1) punti è ascrivibile in buona parte alla crescita degli investimenti in mezzi di trasporto (+19,7%), mentre meno evidente è stata quella dei macchinari e attrezzature (+1,1%). Il consolidamento di questi ultimi è cruciale per l'avverarsi dello scenario di consolidamento della ripresa quest'anno, avverte Tomasini.
Difficile che nel 2016 si ripeta il sostegno delle scorte, che l'anno scorso hanno avuto un peso decisivo, contribuendo per 0,5 punti alla crescita del Pil. "C'è stata una ricostituzione dei magazzini dopo anni di crisi, il nodo ora è la trasformazione in domanda finale", sottolinea l'economista.