FRANCOFORTE (Reuters) - Il taglio dell'obiettivo di produzione di petrolio annunciato da alcuni dei principali esportatori mondiali è una cattiva notizia per la Bce, che tenta di contenere l'inflazione, ma non modificherà le prospettive politiche in modo significativo, almeno per ora.
Di seguito analizziamo come l'aumento dei prezzi del greggio - che oggi vedono un rialzo di circa il 5% in seguito alla decisione dell'Opec+ - potrebbe avere un impatto sulle politiche della Bce.
L'IMPENNATA DEL PREZZO DEL PETROLIO È INFLAZIONISTICA?
L'impennata dei prezzi energetici è stata il principale elemento della crescita dell'inflazione nell'ultimo anno, ma ora l'energia rappresenta un freno per i prezzi, con il petrolio che viene scambiato ben al di sotto dei livelli di un anno fa.
Il Brent è sceso di un quinto rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e l'aumento registrato oggi lo porta in linea con i livelli di un mese fa.
"A questi livelli, i prezzi dell'energia rimangono una forza di disinflazione, poiché il prezzo è significativamente inferiore a quello di un anno fa", ha detto Paul Donovan di Ubs Global Wealth Management.
Le aspettative inflazionistiche a lungo termine oggi sono in calo, mentre un indicatore di mercato a breve termine è appena in rialzo, suggerendo che gli investitori non vedono un impatto significativo dell'inflazione.
La questione è anche in parte legata al fatto è che i prezzi elevati dell'energia rallentano ulteriormente la e quindi diventano deflazionistici perché riducono il potere d'acquisto di famiglie e imprese.
NESSUN IMPATTO SULLA POLITICA MONETARIA?
Potrebbe esserci un impatto, soprattutto dal momento che gli investitori hanno ridimensionato alcune recenti scommesse su uno stop al ciclo dei rialzi delle banche centrali prima del previsto, allarmati dalle recenti turbolenze del settore bancario e sollevati dal rapido calo dell'inflazione complessiva.
L'aumento dei prezzi dell'energia potrebbe rafforzare i timori di inflazione e, a condizione che non si verifichino ulteriori turbolenze sui mercati finanziari, indurre i banchieri centrali a sostenere la necessità di continuare ad aumentare i costi di finanziamento.
Gli investitori vedono ora solo un rialzo di altri 60 punti base dei tassi da parte della Bce, rispetto alle stime di un rialzo di circa 110 punti base solamente poche settimane fa. Le scommesse sul cosiddetto tasso terminale oggi sono aumentate di pochi punti base.
"L'ipotesi di ulteriori rialzi dei tassi della Bce resta ancora intatta", ha scritto UniCredit (BIT:CRDI) in una nota. "I tassi forward valutano solo l'80% di probabilità di un rialzo dei tassi di 25 punti base (a maggio), che a nostro avviso è ancora troppo basso".
QUANTO SARÀ VELOCE LA REAZIONE DELLA BCE?
Non sarà proprio rapida. La banca centrale agisce sulla base di tendenze di più lungo periodo e guarda oltre questo tipo di volatilità del mercato. Per le politich monetarie, contano di più i prezzi a più lungo termine, e i futures sul petrolio sono saliti di meno della metà dell'aumento del prezzo spot.
Mentre i consumatori vedranno aumentare i prezzi alla pompa nel giro di pochi giorni, l'impatto sull'inflazione è meno percettibile. Un aumento durevole del 10% del prezzo del petrolio fa crescere l'inflazione complessiva di appena lo 0,1%.
"Sono molti i fattori che influenzano il nostro mondo e che non devono essere valutati in maniera isolata per valutarne l'impatto sull'inflazione e sulle decisioni della Bce. Dobbiamo tenerli tutti in considerazione", ha spiegato il membro del consiglio direttivo della Bce Gediminas Šimkus.
"Per le decisioni sui tassi, le tendenze più ampie sono molto più importanti di un singolo fattore", ha aggiunto.
Un'altra questione fondamentale è che la Bce si concentra sempre più sull'inflazione sottostante, che filtra la volatilità dei costi energetici e alimentari.
Questo dato continua ad accelerare, quindi la principale preoccupazione dei banchieri centrali non è il petrolio, ma che la crescita vertiginosa dell'inflazione dello scorso anno si sia infiltrata nell'economia generale, esercitando pressioni al rialzo su salari e servizi.
COME REAGIRANNO GLI ALTRI?
La Federal Reserve statunitense gioca un ruolo centrale. Se i prezzi elevati dell'energia spaventano la Fed, le scommesse sul taglio dei tassi si dissolveranno e faranno salire il dollaro. Questo sostiene la posizione che spinge le altre banche centrali ad aumentare i tassi, per contrastare il rischio che l'inflazione venga diffusa nelle loro economie attraverso le materie prime e altri beni e servizi prezzati in dollari sui mercati mondiali.
(Tradotto da Chiara Scarciglia, editing Andrea Mandalà)