ROMA (Reuters) - Poco dopo aver firmato l'accordo sul nuovo Patto di Stabilità che ha aperto a vincoli di bilancio più permissivi, l'Italia ha dichiarato che queste regole sono ancora troppo severe e che "continuerà la battaglia" per cambiarle.
L'accordo di ieri sulla revisione del Patto di stabilità e crescita concede più tempo ai Paesi membri per consolidare le loro finanze pubbliche.
Questo dà un po' di margine all'Italia, il cui debito pubblico è pari a circa il 140% del Pil e che non ha in programma di ridurlo significativamente nel breve periodo.
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha detto che le nuove regole - che entreranno in vigore dal 2025 - sono migliori di quelle precedenti, ma si è detta delusa dal fatto che non abbiano escluso gli investimenti strategici dal calcolo del deficit e del debito dei Paesi.
"Questa è una battaglia che comunque porteremo avanti in futuro", si legge in una dichiarazione rilasciata nella tarda serata di ieri.
Il precedente Patto di stabilità è stato sospeso dal 2020 a causa della pandemia e da allora i programmi di spesa pubblica per rilanciare le economie dopo lo shock del Covid e la spinta Ue per mantenere gli obiettivi sul clima e di politica industriale e sicurezza hanno fatto lievitare i debiti pubblici degli Stati membri.
I criteri del Patto, ovvero un deficit di bilancio entro il 3% del Pil e un debito non superiore al 60%, sembrano quasi irraggiungibili per molti Paesi, in particolare per l'Italia.
La terza economia dell'eurozona ha registrato un rapporto deficit/Pil dell'8% l'anno scorso, gonfiato dalle costose agevolazioni fiscali per l'efficientamento energetico degli edifici, e ha un debito del 141,6%.
Le previsioni per quest'anno indicano il deficit al 5,3% e il debito al 140,2%.
Il programma economico pluriennale che Roma ha redatto a settembre con la Nadef, mira a ridurre il rapporto debito/Pil appena di 0,6 punti percentuali tra il 2023 e il 2026, mentre le nuove regole Ue vorrebbero in media un taglio minimo di almeno un punto percentuale all'anno.
Questa riduzione, però, non si applica quando un Paese ha un deficit superiore al 3% ed è sottoposto a una procedura di infrazione per ridurlo.
(Gavin Jones, Giuseppe Fonte, traduzione Stefano Bernabei, editing Sabina Suzzi)