Investing.com - Il prezzo del greggio apre la settimana in lieve ribasso questo lunedì, staccandosi dal massimo di oltre due anni tra i segnali che i produttori USA aumenteranno la produzione per trarre vantaggio dalla recente impennata.
Venerdì Baker Hughes ha infatti reso noto che il numero degli impianti di trivellazione attivi negli Stati Uniti è salito di nove unità a 738 la scorsa settimana. Si tratta dell’incremento maggiore da giugno e fa temere che i produttori di petrolio da scisto USA possano aumentare la produzione con il prezzo che resta vicino al massimo di 28 mesi.
Il dato settimanale è un barometro importante per il settore e fa da indicatore per la produzione di greggio e la domanda di servizi petroliferi.
Le perdite sono state limitate dalle aspettative che i paesi produttori di petrolio accettino di prorogare l’accordo sui tagli alla produzione in occasione del vertice in agenda a fine mese.
In base all’accordo originale, siglato quasi un anno fa dall’OPEC e da altri 10 produttori non-OPEC con a capo la Russia, è previsto un taglio della produzione di 1,8 milioni di barili al giorno per sei mesi. Il patto è stato prorogato nel maggio di quest’anno per un periodo di nove mesi fino al marzo del 2018 nel tentativo di ridimensionare le scorte di greggio globali in eccesso e supportare il prezzo.
Continuano le discussioni in vista del vertice del 30 novembre, a cui parteciperanno i ministri del petrolio dell’OPEC e anche dei paesi non-OPEC.
Il cartello rilascerà il report mensile sul mercato verso le 6:00 ET (11:00 GMT). Dai dati emergerà se il mercato del greggio si sta riequilibrando.
Intanto, i trader terranno d’occhio gli sviluppi in Medio Oriente nonché l’aumento delle tensioni tra Arabia Saudita ed Iran.
L’Arabia Saudita è tra i principali produttori mondiali di greggio ed è il membro più influente dell’OPEC.
I future del greggio Brent, il riferimento per il prezzo del greggio al di fuori degli Stati Uniti, scendono di 13 centesimi, o dello 0,2%, a 63,39 dollari al barile alle 3:25 ET (08:25 GMT). Lo scorso mercoledì il prezzo è schizzato a 64,65 dollari, un livello che non si registrava dal giugno del 2015.
Il riferimento globale ha chiuso la settimana con un’impennata di circa il 2,4%, il quinto aumento settimanale consecutivo.
I future del greggio West Texas Intermediate (WTI) scendono di 4 centesimi, o dello 0,1%, a 56,69 dollari al barile. Il prezzo ha toccato il massimo dal luglio 2015 di 57,92 dollari mercoledì scorso.
Il prezzo del WTI è salito per la quinta volta consecutiva la scorsa settimana, con un’impennata di circa il 2%.
L’impennata del greggio, iniziata i primi di ottobre, è stata scatenata soprattutto dai segnali che il mercato del greggio ha finalmente cominciato a tornare in equilibrio. Il Brent è più del 40% al di sopra dei minimi del giugno di quest’anno, mentre il WTI supera di un terzo i minimi del 2017.
Intanto, i future della benzina scendono di 1,2 centesimi, o dello 0,7%, a 1,820 dollari al gallone, mentre il combustibile da riscaldamento è in calo di 0,2 centesimi a 1,933 dollari al gallone.
I future del gas naturale crollano di 4,6 centesimi, o dell’1,5%, a 3,165 dollari per milione di BTU.