di Emilio Parodi
MILANO (Reuters) - Gli uomini del Nucleo speciale valutario della GdF stanno eseguendo una decina di perquisizioni nell'ambito dell'inchiesta condotta dalla procura di Bergamo sulla governance di Ubi Banca, mentre la Camera discute il decreto legge di riforma delle popolari varato dal governo e ostegggiato dalle banche interessate.
Le perquisizioni, secondo quanto riferito da due fonti a conoscenza del dossier e da atti consultati da Reuters, riguardano sedi e strutture riferibili a Ubi a Milano, Bergamo e Brescia, la sede bergamasca della Compagnia delle Opere e quella della Confiab (Consorzio fidi artigiani Bergamo).
Ubi e Confiab, sentite da Reuters, non hanno al momento commentato. La Compagnia delle Opere di Bergamo, attraverso il suo presidente Alberto Capitanio, ha dichiarato che "sta favorendo l'acquisizione dei documenti richiesti".
Il filone d'inchiesta, parte dell'indagine complessiva coordinata dal pm bergamasco Fabio Pelosi, è quello aperto originariamente con l'ipotesi di reato di ostacolo alle funzioni di vigilanza su presunti patti parasociali nell'iter che diede vita a Ubi, e che vede indagati da tempo, fra gli altri, i top manager dell'istituto Victor Massiah, Franco Polotti e Andrea Moltrasio; Emilio Zanetti, nella sua funzione di vertice dell'associazione "Amici di Ubi Banca" di Bergamo, e l'attuale presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa, Giovanni Bazoli, nella sua veste di presidente del consiglio direttivo di un'altra associazione di soci di Ubi, la "Banca Lombarda e Piemontese" di Brescia.
Bazoli, in una nota diffusa nel pomeriggio osserva che l'attività investigativa di oggi "afferisce al medesimo procedimento in corso dall'anno passato, dichiarando la propria totale estraneità ai fatti che sono oggetto delle nuove prospettazioni di indagine".
Il 14 maggio dello scorso anno, all'emergere dell'inchiesta con le prime perquisizioni, tutti gli indagati avevano sostenuto la legittimità del proprio operato, assicurando massima collaborazione alle autorità.
PRESUNTA "FILIERA PER RACCOLTA DELEGHE IN BIANCO"
Lo sviluppo odierno è che si aggiunge una nuova ipotesi di reato, quella di "influenza indebita sull'assemblea" (articolo 2636 del Codice Civile), riferita all'assemblea del 20 aprile 2013 che rinnovò le cariche del consiglio di sorveglianza di Ubi (Moltrasio venne eletto a capo del consiglio di sorveglianza, Mario Cera suo vice, Franco Polotti a capo del consiglio di gestione).
L'ipotesi investigativa è che nell'occasione vennero raccolte deleghe in bianco, sia attraverso la struttura e le filiali della banca sia attraverso strutture esterne come le due perquisite oggi, per garantirsi il voto desiderato in assemblea.
La nuova ipotesi di reato viene estesa sia a coloro che vengono ritenuti i capofila dell'operazione (i vertici della banca e delle due associazioni di soci Ubi) sia ai presunti esecutori materiali "sul campo" della raccolta di deleghe in bianco, cioè altri funzionari della banca delegati al rapporto coi soci, e dirigenti ed ex dirigenti dei due enti esterni perquisiti oggi, che hanno al loro interno anche molti soci di Ubi.
Gli indagati di questo filone, compresi i nomi già noti, salgono così a 11.
SENTITI A VERBALE OLTRE 100 SOCI
All'attività di oggi, si evince dagli atti, si è arrivati dopo mesi di indagine durante i quali gli investigatori hanno raccolto le testimonianze di oltre 100 soci sostenitori della lista vincente, la "Lista 1 Moltrasio", di un ex dirigente di una controllata Ubi e di una serie di direttori di filiali.
Queste testimonianze hanno portato la procura a ritenere "la presenza di un'attività di condizionamento nei confronti dei dipendenti-collaboratori della banca che avrebbero dovuto fare, a loro volta, la stessa cosa nei confronti dei clienti della banca, generando una vera e propria filiera finalizzata alla ricerca di voti, i cui costi sono rimasti interamente a carico della banca".
La procura bergamasca sostiene quindi che con questi meccanismi i vertici della banca siano "riusciti a influenzare l'assemblea dei soci, determinandone la maggioranza... in modo da dare attuazione a quell'accordo occulto" che avrebbe previsto "oltre a un meccanismo di rigida alternanza tra gli esponenti legati alla derivazione bresciana e quelli legati alla derivazione bergamasca, l'intera gestione del gruppo".
Dalle testimoninaze, i magistrati evidenziano l'emersione della "diffusa pratica di richiedere deleghe in bianco ai clienti Ubi senza specificare loro motivi e finalità di tale richiesta" e "addirittura a insaputa dei clienti, di utilizzarne gli 'specimen' di firma".
I direttori di filiale interrogati, dicono gli investigatori, avrebbero "confermato la prassi di raccolta di deleghe in bianco".
RIFORMA DELLE POPOLARI
Sullo sfondo di questa inchiesta, nata ormai oltre due anni fa, c'è in questi giorni lo scontro dialettico che oppone il governo all'Assopopolari.
Il 20 gennaio scorso il consiglio dei ministri ha approvato un decreto legge di riforma che impone alle popolari con attivi superiori agli 8 miliardi di trasformarsi entro 18 mesi in società per azioni, superando così la regola del "una testa un voto" che ha di fatto reso difficile finora il passaggio di mano del controllo di queste banche.
Al decreto le banche popolari si oppongono nettamente sostenendo che la trasformazione in spa cancella il patrimonio identitario degli istituti, azzerando il legame di fiducia con i clienti e lo stretto rapporto con il territorio.
OLITBUS Reuters Italy Online Report Business News 20150211T152857+0000