ROMA (Reuters) - Il governo sta valutando positivamente la spinta di UniCredit (BIT:CRDI) per la creazione di un grande gruppo bancario europeo attraverso la fusione con la tedesca Commerzbank (ETR:CBKG), a condizione che la banca milanese mantenga le sue funzioni centrali in Italia.
Lo hanno detto alcune fonti.
Il Tesoro non ha commentato, né è stato possibile avere un commento da UniCredit.
UniCredit è diventata il maggiore investitore privato in Commerzbank dopo aver speso 1,5 miliardi di euro per acquistare il 9% della concorrente tedesca aprendo a una possibile ulteriore salita nel capitale.
Le fonti hanno aggiunto che il governo non è contrario alla mossa di UniCredit, a condizione che non implichi uno spostamento delle funzioni centrali in Germania, se dovesse avvenire una fusione.
Altre fonti hanno detto che Roma in generale considera le mosse di Orcel con cautela, poiché i rapporti si sono inaspriti da quando UniCredit ha rinunciato all'ultimo momento all'acquisto di Mps (BIT:BMPS) nel 2021, costringendo il governo a chiedere più tempo all'Ue per privatizzare la banca.
Nel 2005 UniCredit ha acquistato la banca bavarese Hvb. Sebbene di dimensioni inferiori a quelle di Commerzbank, le attività tedesche di UniCredit sono più efficienti e più redditizie, il che offrirebbe un margine di risparmio sui costi e un aumento degli utili se le due banche si unissero.
Il precedente tentativo dell'ex AD di UniCredit Jean Pierre Mustier di muoversi su Commerzbank si era scontrato con l'opposizione della politica in Italia a causa del progetto di creare una holding tedesca che guidasse le attività della banca.
I politici hanno da sempre considerato preoccupanti le fusioni transfrontaliere dei loro istituti di credito per il ruolo che svolgono nell'aiutare il Tesoro a rifinanziare il debito pubblico del Paese, pari a quasi 3.000 miliardi di euro.
Viceversa, il debito italiano, che si aggira intorno al 140% del prodotto interno lordo, ha da tempo destato preoccupazioni in Germania.
I banchieri europei si sono a lungo lamentati del fatto che la politica e la regolamentazione abbiano ostacolato le fusioni transfrontaliere, lasciando gli istituti di credito del blocco molto indietro rispetto ai concorrenti statunitensi in termini di dimensioni e valore di mercato.
(Tradotto da Laura Contemori, editing Claudia Cristoferi)