di Liam Proud
(Reuters) - Quando le fusioni e acquisizioni bancarie non vanno a buon fine, sono per lo più i contribuenti a pagarne il conto. E' in parte questo il motivo per cui i tentativi ostili e non sollecitati di acquisizione nel settore tendono ad essere rari e ad avere scarso successo. Tuttavia, con i regolatori europei che promuovono il consolidamento bancario e l'offerta a sorpresa di Intesa Sanpaolo (MI:ISP) per la concorrente più piccola UBI Banca (MI:UBI), i banchieri hanno motivo di sperare in un ritorno di questo genere di operazioni. Un deal transfrontaliero di maggiori dimensioni sarebbe il vero banco di prova.
Lo spezzatino di ABN Amro tra Royal Bank of Scotland, Santander (MC:SAN) e Fortis nel 2007 è stato il più grande esempio di un'acquisizione ostile nel sistema bancario. Probabilmente è anche parte del motivo per cui tali operazioni si verificano di rado. L'istituto di credito olandese alla fine ha ceduto all'offerta da 71 miliardi di euro del trio, ma lo sforzo sostenuto da Rbs e Fortis per l'acquisizione ha contribuito al loro collasso e ai conseguenti salvataggi pubblici che si sono verificati nel corso dell'anno successivo. Le offerte non sollecitate possono accompagnarsi ad un'eccessiva assunzione di rischi e lasciare gli acquirenti impantanati con asset di cui non sanno che fare.
Questo può aiutare a spiegare perché le offerte ostili nel settore bancario spesso non abbiano successo. Dal 1990 ce ne sono state solo otto, secondo i dati Refinitiv, se si escludono quelle inferiori a 1 miliardo di dollari. Altre 23 offerte, ovvero il 72%, sono state ritirate. Esempi degni di nota sono la proposta nel 2001 da parte di Lloyds TSB per Abbey National, bloccata dalle autorità garanti della concorrenza e l'offerta tutta in azioni per UFJ di Sumitomo Mitsui Financial nel 2004.
La proposta di matrimonio tra Intesa Sanpaolo e Ubi, avanzata lunedì dall'AD dell'aspirante compratore Carlo Messina, potrebbe dare un po' di slancio alle offerte non sollecitate. È improbabile che Messina abbia annunciato l'offerta da quasi 5 miliardi di euro senza aver ricevuto l'approvazione dei regolatori. Figure come quella di Andrea Enria, che presiede il board di vigilanza della Banca centrale europea, hanno per diverso tempo espresso il loro favore al consolidamento per migliorare la fiacca redditività del settore. Le autorità di regolamentazione possono quindi vedere di buon occhio che le grandi banche ben gestite acquistino rivali minori in paesi che già conoscono bene. Banche delle dimensioni di Intesa in altri paesi europei, come la francese BNP Paribas e la spagnola BBVA (MC:BBVA), potrebbero essere tentati di fare qualcosa di simile.
Un'offerta transfrontaliera non sollecitata, come la spartizione di ABN Amro, potrebbe essere un'altra faccenda. I regolatori locali potrebbero esitare a cedere a un rivale europeo il controllo di un istituto di credito come Commerzbank. E le operazioni internazionali tendono ad essere più complesse, con più rischi di esito negativo. Eppure, i policymaker potrebbero guardare con favore anche ad un'offerta ostile volta a creare un campione bancario paneuropeo per tutelarsi da banche di investimento americane come JPMorgan. Per un adviser M&A ambizioso a caccia di opportunità, vale la pena almeno fare un "pitch".
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