di Massimiliano Di Giorgio
ROMA (Reuters) - Pochi giorni fa, a chi in tv gli chiedeva le ragioni del suo alto indice di gradimento tra gli elettori, superiore a quello di tutti i politici italiani, Paolo Gentiloni ha risposto: "Le aspettative erano basse quando sono diventato presidente del Consiglio, quindi non c'è stata delusione".
A una settimana scarsa dal voto, il Pd spera che la sua "forza tranquilla" - come suonava il vecchio slogan del presidente francese François Mitterrand - aiuti il centrosinistra, anche se lui non è candidato ufficialmente a nulla.
Gentiloni, 63 anni, guida l'esecutivo ereditato nel dicembre 2017 dal leader Pd Matteo Renzi, che oggi ha un gradimento molto più basso del suo. “Io e Matteo non siamo due gocce d’acqua”, dice tenendosi stretti i soprannomi che ne caratterizzano l'understatement: "Camomilla" glielo ha affibbiato quasi un anno fa il candidato premier del M5s Luigi Di Maio; “Er Moviola" è del giornalista Luca Telese.
SECONDA SCELTA
E dire che lo stesso Renzi, nel 2014, l'aveva nominato ministro degli Esteri come seconda scelta. Dopo il passaggio di Federica Mogherini a Bruxelles per guidare la politica estera e di difesa della Ue, Renzi aveva presentato una prima proposta, bocciata dall'allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, racconta chi seguì la vicenda all'epoca. Così toccò a lui.
Oggi Napolitano, insieme a Romano Prodi ed Emma Bonino, è tra i principali sponsor di Gentiloni. Leader per caso, appare per alcuni la soluzione inevitabile se né dalle urne né dal Parlamento, uscirà una maggioranza più o meno ampia per fare un governo. Così, che serva tempo per nuove elezioni nel 2019 oppure si opti per un esecutivo del Presidente che riformi ancora la legge elettorale, potrebbe toccare di nuovo a lui.
RISOLVE "LE ROGNE"
Il premier uscente, come è sua natura, tiene basso il profilo. Dopo le elezioni? "Porto mia moglie in un ristorante di pesce ad Anzio", ha risposto a Bruno Vespa che lo interrogava sulle sue prossime ambizioni.
Ad Anzio, località di mare a pochi km a sud di Roma, famosa per lo sbarco degli alleati nel 1944, Gentiloni ha la seconda casa, dove si reca spesso con la moglie Emanuela.
Lì è andato a riposare dopo l'intervento per l'ostruzione di una coronaria, nel gennaio 2017, un mese dopo la nomina a Palazzo Chigi. Un malore dovuto a stanchezza da super-lavoro, ricorda il deputato Pd Michele Anzaldi: "Paolo è uno che lavora 24 ore su 24".
I due si conoscono da 20 anni, da quando cioè lavoravano nella giunta romana dell'allora sindaco Francesco Rutelli. Gentiloni aveva cominciato come portavoce del primo cittadino, per diventare poi assessore al Giubileo, con delega alle relazioni internazionali, e braccio destro del leader della Margherita (il partito di centrosinistra che con i Ds ha dato vita al Pd).
"Paolo era il punto di riferimento quando scoppiavano delle rogne", racconta lo stesso Rutelli. "Era quello che stemperava le decisioni difficili, le arrotondava. È al Campidoglio che ha imparato a fare il ministro degli Esteri".
Rutelli ricorda la gestione della vicenda dei marò, i due fucilieri di marina arrestati in India nel 2012 con l'accusa di aver ucciso dei pescatori scambiati per pirati: "La risolse con contatti diretti e informali, mantenendo aperto il rapporto con l'India, il paese che registra la più forte crescita del Pil al mondo".
NON SERVE UN CAPOPOPOLO
Gentiloni, seppure forte del credito presso le cancellerie internazionali e del gradimento dei cittadini, non è un trascinatore di folle, un "capopopolo". Non lo era alle primarie del centrosinistra per Roma, nel 2013, dove arrivò terzo dopo Ignazio Marino, poi eletto sindaco. "Era il momento dei proto-grillini, di quelli che urlavano", dice Rutelli.
"Ma oggi è diverso", spiega Ermete Realacci, deputato Pd uscente, storico presidente di Legambiente, amico personale da oltre 35 anni di Gentiloni e suo testimone di nozze. "Oggi c'è un pezzo abbastanza ampio del Paese che vuole essere rassicurato. Paolo non è uno che dice faccio tutto io, è solido ma inclusivo, dà l'idea di un lavoro comune", aggiunge con un riferimento non troppo velato a Renzi.
"È vero, i toni dei due Matteo sono molto diversi da quelli dei due Paolo", scherza il capogruppo in Senato di Forza Italia Paolo Romani, citando se stesso e Gentiloni contrapposti a Renzi e a Matteo Salvini, leader della Lega.
Romani, ex ministro delle Comunicazioni come Gentiloni, riconosce al premier "grande capacità di mediazione". Ma, alla domanda se il premier attuale sia l'interlocutore migliore in caso di un esito incerto del voto, taglia corto: "Lavoriamo per fare vincere il nostro schieramento. Se ne parla dopo il 4 marzo".