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Mafia Capitale: Corte Appello riconosce aggravante mafiosa ma riduce pene

Pubblicato 11.09.2018, 15:37
Aggiornato 11.09.2018, 15:40
© Reuters.  Mafia Capitale: Corte Appello riconosce aggravante mafiosa ma riduce pene
BZU
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ROMA (Reuters) - La Terza Corte d'Appello di Roma ha riconosciuto l'aggravante di mafia per alcuni degli imputati nel processo per Mafia Capitale, riducendo però le condanne.

La corte presieduta dal giudice Claudio Tortora ha così modificato la sentenza di primo grado del 20 luglio 2017, che non aveva riconosciuto l'associazione mafiosa, riconoscendo anche l'aggravante del metodo mafioso.

Sono state accolte le richieste dei sostituti procuratori generali Antonio Catalani e Antonio Sensale e dei pm applicati Giuseppe Cascini e Luca Tescaroli, che avevano ribadito l'accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso e l'aggravante di aver agito con metodo mafioso.

Il processo d'appello riguardava in totale 43 imputati, e si è concluso con 6 assoluzioni e 37 condanne.

Sono stati condannati con pene ridotte i capi dell'associazione, l'ex estremista di destra Massimo Carminati e il presidente della cooperativa '29 giugno', Salvatore Buzzi (MI:BZU), rispettivamente a 14 anni e mezzo (20 in primo grado) 18,4 anni (19 in primo grado) di carcere.

La riduzione delle pene malgrado il riconoscimento dell'aggravante mafiosa si deve probabilmente al fatto che la Corte "ha ritenuto cessata l'associazione con gli arresti, applicando le vecchie pene meno severe" spiega il pm Giuseppe Cascini, aggiungendo "che per saperlo occorrerà attendere le motivazioni della sentenza".

Oltre a Carminati e Buzzi sono stati condannati anche ex esponenti politici, ex amministratori pubblici e funzionari, pregiudicati e imprenditori. Per 18 degli imputati, i giudici hanno riconosciuto l'associazione mafiosa o il concorso esterno in associazione mafiosa.

Per Giosuè Naso, legale di Carminati, "questa sentenza rappresenta una sorpresa... L'insussistenza dell'accusa mafiosa mi sembrava inattaccabile: mi sbagliavo".

Secondo l'avvocato di Buzzi, Alessandro Diddi, "quanto accaduto è grave, è un fatto assolutamente stigmatizzabile l'aver riconosciuto in questa roba la mafia".

Nell'aula bunker di Rebibbia, al momento della lettura della sentenza, era presente il sindaco di Roma Virginia Raggi.

"Questa sentenza conferma la gravità di come il sodalizio tra imprenditoria criminale e una parte della politica corrotta abbia devastato Roma", ha commentato Raggi.

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