di Paolo Biondi
ROMA (Reuters) - Venerdì scorso erano passate appena due ore dalla sentenza di assoluzione per Silvio Berlusconi emessa dalla corte di Appello di Milano nel processo Ruby, che già Beppe Grillo annunciava il cambio di rotta del Movimento 5 stelle sulle riforme.
Un cambio a 360 gradi rispetto a quanto annunciato appena 24 ore prima dalla delegazione capeggiata da Luigi Di Maio nell'incontro con Matteo Renzi. Un giorno appena per chiudere le (molte) aperture di dialogo e di attenzione reciproca mostrate pubblicamente in streaming. Grillo è stato il più lesto a capire che la sentenza avrebbe mutato il quadro politico.
Innanzitutto a destra, congelando equilibri e situazione, stoppando ogni tentativo di superare la leadership di Berlusconi, tarpando le ali a quella fronda capeggiata da Raffaele Fitto e da Augusto Minzolini contro l'accordo del Nazareno (e aggiornamenti successivi) sulle riforme.
Per Renzi la sponda di Forza Italia in materia di riforme costituzionali ed elettorale è rafforzata. Così come il congelamento del dialogo con i grillini torna ad agitare chi fra i 5 stelle non sopporta la linea "dura e pura" di Grillo e di Gianroberto Casaleggio e scalpita per aprire una via di dialogo permanente con il Pd e il governo.
Cambia il quadro ma non cambia l'impressione che Renzi, almeno in patria, è un leader forte, forte pure dell'apprezzamento del presidente della Bce Mario Draghi, come ha confidato Eugenio Scalfari in chiusura del suo editoriale di ieri su Repubblica.
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