Rassegna giornaliera sul mercato forex, 25 febbraio 2019
Analisi realizzata alla chiusura del mercato statunitense a cura di Kathy Lien, Direttrice di FX Strategy per BK Asset Management
Abbiamo iniziato questa intense settimana di scambi con forti rialzi per i titoli azionari e le valute. Grazie al Presidente Trump che ha ufficialmente rimandato la nuova tornata di dazi, tutte le principali valute sono in salita, prime fra tutte il dollaro australiano e quello neozelandese. Il presidente aveva già lasciato intendere di avere questa intenzione e gli investitori sono stati felici che non abbia cambiato idea prima dell’annuncio ufficiale. Ovviamente la decisione di rimandare la scadenza è stata una decisione abbastanza facile perché mostra delle buone intenzioni senza però che ci sia un impegno reale. Tuttavia, agli investitori è piaciuto il fatto che la nuova scadenza non sia stata fissata e che l’attesa durerà fino al summit del prossimo mese tra il Presidente Trump ed il Presidente Xi. Supponendo che entrambe le parti continueranno a fare progressi, Trump afferma che sarà programmato un Summit a Mar-a-Lago per siglare l’accordo.
Ora la speculazione passa dal rinvio della scadenza alla conclusione della guerra commerciale. Sono state redatte delle lettere di intenti in 6 aree chiave, tra cui sicurezza informatica, proprietà intellettuale, valute e dazi. Mentre ci si prepara allo sprint finale, è importante capire che un accordo commerciale definitivo può assumere diverse forme. Gli USA potrebbero promettere di mantenere i dazi ai livelli attuali (senza ulteriori aumenti) e rivalutarli tra qualche mese/anno o decidere di abolirli completamente. C’è anche la possibilità che “non si trovi nessun accordo” secondo Trump, che tuttavia è motivato a trovarlo.
Il Presidente della Fed Powell è atteso martedì a Capitol Hill per testimoniare davanti al Congresso. Il discorso preparato sulla politica monetaria ed economica sarà reso pubblico alle 9:45AM NY/14:45 GMT e potrebbe far salire il cambio EUR/USD, AUD/USD e NZD/USD. Se l’accordo commerciale porterà a Powell un nuovo ottimismo, la propensione al rischio migliorerà, facendo salire le valute high-beta. Se resterà cauto sottolineando che bisogna essere pazienti, i riferimenti a rischi di ribassi per la crescita, la possibilità di minori aumenti dei tassi e il dollaro USA scenderanno, e questo sarà positivo per EUR, AUD e NZD. Il cambio USD/JPY invece salirà con l’ottimismo e scenderà col pessimismo. Il cambio EUR/USD ha chiuso la giornata al massimo di oltre 2 settimane ma resta vicino al recente range. È necessario il superamento del livello di 1,1390 per parlare di vero rialzo.
La sterlina è salita sopra 1,31 contro il dollaro USA dopo che la Premier May ha rimandato il “voto importante” al 12 marzo, due settimane prima della prevista uscita dall’Unione Europea. Questa decisione avrebbe dovuto rivelarsi negativa per la valuta, ma gli investitori credono che con questa scelta di allungare i tempi la May lascerà al Parlamento il controllo di tutto il processo della Brexit. Dovrà richiedere un’estensione dell’articolo 50 altrimenti si rischierà di interrompere i negoziati. Secondo alcune voci, la Commissione Europea potrebbe considerare un rinvio di due anni ed il Partito Laburista starebbe lavorando per promuovere un secondo referendum. Entrambe le opzioni sono migliori della situazione attuale, ed è per questo che gli investitori ci sperano.
Il dollaro canadese è l’unica valuta importante che non ha beneficiato dell’aumento del rischio e la causa è da ricercare nei prezzi del petrolio. Il greggio è crollato di oltre il 3% dopo un tweet del Presidente Trump in cui era scritto semplicemente: “I prezzi del petrolio stanno diventando troppo alti. Per favore Opec rilassati e prenditela comoda. Il mondo non può sopportare aumenti di prezzo, è fragile!” sebbene in queste parole non ci sia una vera minaccia, gli investitori temono che il Presidente, che non scriveva tweet sul petrolio da dicembre, stia tornando alla carica con le sue critiche al cartello. Inoltre è una spintarella all’Arabia Saudita che ha alzato la produzione a causa della pressione dall’Amministrazione Trump.