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Aumentano le tensioni in borsa, che fare?

Pubblicato 03.02.2014, 09:29
Aggiornato 14.05.2017, 12:45

La storia ormai e' nota: la Federal Reserve per evitare che la medicina si riveli peggiore del male, ovvero che l'economia Usa diventi dipendente dal mare di liquidita' con il quale la banca centrale ha inondato il mercato e finisca per non sapere piu' progredire senza aiuti straordinari, ha deciso di iniziare a chiudere i rubinetti. Nessuno puo' dire oggi se la scelta di timing sia stata corretta, ovvero se veramente il gigante statunitense sia gia' in grado di camminare autonomamente, quello che e' evidente invece e' che la riduzione della liquidita' ha gia' fatto delle vittime, non all'interno degli Usa ma all'esterno, in quei paesi emergenti dove erano stati dirottati molti capitali che ora invece vengono richiamati all'ovile.

La ritirata della marea della liquidita' ha avuto come primo effetto una notevole tensione sulle monete di molti paesi considerati emergenti, anche se in realta' alcuni di questi sono ormai emersi da tempo, dal Brasile alla Turchia, dal Sud Africa all'Argentina. Il secondo effetto, anche se non immediato, sara' probabilmente una riduzione del loro tasso di crescita, con un inevitabile impatto sull'economia globale: i paesi considerati emergenti hanno infatti ormai un peso notevole sul Pil mondiale. E' indubbio che una loro frenata potrebbe danneggiare la ripresa in Europa, molto piu' asfittica che negli Usa, e deprimere alla fine sia le principali borse mondiali sia il mercato delle materie prime.

La settimana appena conclusa ha inviato i primi segnali in questo senso, anche se per il momento ad onor del vero e' piu' corretto parlare di una debolezza generalizzata piuttosto che di una vera e propria inversione ribassista. L'indice Stoxx Europe 600, dopo aver toccato il 21 gennaio con i massimi di quota 337,65 il lato superiore del canale rialzista disegnato dai minimi di giugno 2013 e' sceso in prossimita' della base del canale stesso, senza metterla sotto pressione grazie alla presenza della media mobile a 100 giorni in area 320, toccata nelle ultime tre sedute dell'ottava. La violazione di questo sostegno e del limite inferiore del canale, a 318, confermerebbero l'avvio di una fase di calo potenzialmente ben piu' ampia di quella vista fino ad ora: la trend line che sostiene il rialzo dai minimi del marzo 2009 transita a 260 punti, un target per il momento molto lontano ma che potrebbe divenire un punto di arrivo realistico per il trend in caso di violazione del supporto dei 300 punti.

Le tensioni sulla borsa quindi esistono, ma il mercato europeo mantiene al momento i nervi saldi e non e' detto che gli investitori si facciano prendere dal panico. Del resto anche l'indice MSCI Emerging Markets Index, riferimento per quello che riguarda le borse dei mercati emergenti, esso e' composto infatti da più di 800 titoli azionari negoziati presso le borse dei seguenti mercati emergenti mondiali (Argentina, Brasile, Cile, Cina, Colombia, Repubblica Ceca, Egitto, Ungheria, India, Indonesia, Israele, Giordania, Corea del Sud, Malesia, Messico, Marocco, Pakistan, Perù, Filippine, Polonia, Russia, Sud-Africa, Taiwan, Tailandia, Turchia e Venezuela), ha evidenziato un calo ma non un crollo, probabilmente anche perche' le tensioni maggiori per il momento si sono scaricate sui cambi di questi paesi e non sulle loro borse. I prezzi hanno comunque completato il testa spalle ribassista disegnato dal top di settembre, delimitato inferiormente dalla media mobile a 200 giorni, passante a 45750 punti.

La figura ribassista si e' sviluppata in concomitanza dei massimi di gennaio 2013, testati lo scorso ottobre ma non superati, un ulteriore elemento di preoccupazione per il medio termine in quanto rende possibile la creazione di una figura a doppio massimo, dalle implicazioni ribassiste, di ampia portata. La discesa dell'indice degli emergenti sotto i 43000 punti, dove transita la linea che sale dai minimi di ottobre 2011, costringerebbe a prendere sul serio la minaccia rappresentata dal doppio massimo, che verrebbe completato poi sotto i minimi di giugno a 41550 punti circa. La tenuta di area 44000 e la successiva rottura di 46000 segnalerebbero invece un allentamento delle tensioni prospettando l'avvio di una nuova fase rialzista. Per chi volesse in quel caso investire sul recupero degli emergenti una via percorribile e' quella degli Etf, l'ISHARES MSCI EMERGING MARKETS (IE00B0M63177 - IEEM) ad esempio replica l'andamento dell'indice SCI Emerging Markets ed e' quindi uno strumento da considerare.

E cosa e' in grado di dire il mercato delle materie prime? Se effettivamente esiste un timore di rallentamento dell'espansione economica, timore supportato ad esempio dai dati piu' recenti relativi all'andamento della Cina, il suo quest'anno potrebbe aumentare "solo" del 7,4% facendo registrare l'incremento piu' basso dal 1989, difficilmente i prezzi delle materie prime potranno salire, tanto piu' che la tendenza del dollaro Usa sembra di rafforzamento. L'indice Crb ha avuto a fine gennaio una occasione per dimostrare di non essere toccato dalle tensioni che si vanno accumulando sugli altri mercati e la ha mancata: i prezzi sono saliti il 30 gennaio a testare in area 285 il picco di fine dicembre e soprattutto la trend line ribassista disegnata dal top di settembre 2012 e ne sono stati respinti. Fino a che quei livelli non saranno saldamente alle spalle il rischio che la fase laterale disegnata dai minimi dello scorso novembre, con base in area 272, si dimostri un "rettangolo", ovvero una figura di continuazione del precedente ribasso, rimarra' elevato. Certo, prima di inviare un segnale veramente preoccupante l'indice Crb dovra' scendere sotto il relativamente distante supporto di area 272, mentre per inviare un segnale positivo basterebbe la rottura della vicina resistenza dei 285 punti, tuttavia per il momento l'incertezza rimane.

Come gia' sottolineato sopra il mutamento di sentiment per i mercati azionari conseguente all'inaridimento della vena di liquidita' e' ancora alle sue battute iniziali, e' possibile che non si arrivi ad una vera propria crisi dei mercati finanziari, i profitti delle aziende Usa ad esempio si sono dimostrati molto buoni anche nell'ultima tornata di trimestrali, la Bce di Mario Draghi ha ancora munizioni da sparare per scongiurare il fantasma della deflazione e sostenere al contempo la crescita economica, tuttavia qualche cosa e' sicuramente cambiato rispetto all'andamento a senso unico visto per molti indici di borsa, tra cui proprio lo Stoxx 600, nel 2013. E dal momento che i prezzi si mantengono tutto sommato ancora vicini ai livelli record toccati a gennaio gli investitori prudenti potrebbero considerare una strategia di alleggerimento delle posizioni piu' rischiose in attesa di capire meglio quali potrebbero essere realmente i rischi introdotti da queste nuove variabili.

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