Martedì le borse globali si sono mosse in terreno leggermente negativo, perché gli investitori stanno ancora cercando di capire se la ripresa sia destinata a durare.
Sembra tuttavia più un consolidamento che un’ondata di vendite, e infatti gran parte degli indici è in rialzo su base settimanale.
A Tokyo, i titoli sono calati lievemente, con il Nikkei 225 a -0,37% e il più ampio indice Topix a -0,68%. Nella Cina continentale, i titoli hanno chiuso in calo di circa un punto percentuale, gli indici compositi di Shanghai e Shenzhen hanno ceduto rispettivamente lo 0,81% e lo 0,58%.
Sulle piazze offshore, l’Hang Seng di Hong Kong è scivolato dello 0,24%, mentre l’STI di Singapore ha chiuso a +0,47%. In Europa, i future sui listini azionari si muovono in territorio negativo, con il DAX a -0,80%, il Footsie a -0,83%, l’SMI a -0,61% e l’Euro Stoxx 600 a -0,76%. Anche i future sui listini USA sono negativi.
Gli investitori tornano a preferire i beni rifugio, mentre il rally dell’azionario si è fermato.
Nella notte lo yen giapponese è sceso di nuovo sotto quota 112,50 yen per un dollaro, perché i tassi sui titoli a scadenza breve sono calati bruscamente.
La corsa verso i titoli del Tesoro USA a breve termine è durata poco, infatti i rendimenti sono tornati rapidamente ai livelli iniziali.
Lo yen ha guadagnato lo 0,70% contro il biglietto verde.
Al ribasso, il forte supporto costituito dal minimo dell’11 febbraio a 110,99 oggi dovrebbe impedire alla coppia di scendere ulteriormente in assenza di notizie significative. Tuttavia, in un’ottica di medio termine siamo piuttosto rialzisti sull’USD/JPY perché crediamo che manchi poco perché la BoJ traduca in fatti le sue parole e indebolisca lo yen.
Il franco svizzero è rimasto a galla a Tokyo, l’USD/CHF è calato di 50 punti base a 0,9950, incapace di violare la forte area di resistenza compresa fra 0,9980 e 1,10 (media mobile a 50 giorni e livello psicologico).
Continuiamo a credere che recentemente l’USD sia stato ipervenduto e quindi riteniamo che la ripresa del dollaro sia sulla buona strada, infatti i rendimenti USA continuano a salire. Al rialzo, una resistenza giace a 1,0257 (massimo 29 gennaio), invece al ribasso si osservano un supporto orario a 0,9847 e un supporto chiave a 0,9661 (11 febbraio).
Ancora una volta, la sterlina britannica ha limato le perdite in Asia, perché i timori per la Brexit rimangono la principale preoccupazione del mercato. La coppia GBP/USD sta per testare, per la seconda volta questa settimana, il livello di supporto chiave a 1,41.
Tuttavia, alla luce del forte deprezzamento della sterlina negli ultimi giorni, non ci sorprenderebbe un lieve consolidamento al rialzo della coppia. Nel medio termine, ci aspettiamo che la GBP rimanga sotto pressione, visto che i timori di una Brexit e la prospettiva di tassi d’interesse bassi impediranno un sostanziale apprezzamento della sterlina contro gran parte delle altre valute.
Oggi gli operatori monitoreranno il sondaggio IFO in Germania; il discorso del presidente della BNS Jordan a Francoforte; la decisione sul tasso d’interesse in Turchia; il rapporto di metà mese sull’inflazione in Brasile; l’indice S&P/Case-Shiller, l’indice sul manifatturiero della Fed di Richmond e le vendite di case esistenti negli USA.