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Che succede al prezzo del petrolio con le guerre in corso?

Pubblicato 29.01.2024, 09:22
CL
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Lasciatemi dire una cosa che ho contro Mosè. Ci ha portato per quarant'anni in giro per il deserto per condurci all'unico posto nel Medio Oriente che non ha petrolio (G. Meir).


Settimana densa di dati importanti quella che si apre oggi (dalla seconda lettura del PIL del 4Q23 dell’Europa, della Francia e dell’Italia) al meeting della Fed il 31 prossimo in cui ci aspettiamo la continuazione del wait and see. Anche in questo caso, esattamente come la BCE, diventa quindi importante la narrazione di Powell.
 
Diversamente dalle attese, il dato di M3 di dicembre dell’Europa è cresciuto dello 0,1% (-0,7% atteso e -0,9% in novembre). La crescita, seppur contenuta, indicava che a dicembre il sistema economico non era (ancora ?) in recessione.
 
Non è un mistero che uno dei grandi enigmi odierni ruota attorno all'instabilità geopolitica nel Medio Oriente, contrapposta ai prezzi del petrolio nel mondo che rimangono calmi e tranquilli, con i prezzi del petrolio (WTI) in aumento solo del 2% dall'inizio dell'anno dopo essere diminuiti di oltre il 10% nel 2023. Dallo scoppio del conflitto Israele-Hamas all'inizio di ottobre, i prezzi del WTI sono scesi in modo sorprendente del 15%.
 
La domanda cruciale è quindi la seguente: perché i disordini nel medio Oriente non si sono tradotti in prezzi del petrolio mondiali più alti e/o negativi effetti sull'economia? Parte della risposta risiede nella deflazione in Cina e nella stagflazione (?) in Europa, due fattori che hanno compresso la domanda e i prezzi del petrolio nel breve termine.
 
Crediamo tuttavia che una forza ancora più grande sia quella che vede l’emergere degli Stati Uniti come superpotenza energetica. Aspetto non ancora sufficientemente apprezzato dagli investitori. Stiamo parlando della trasformazione energetica degli Stati Uniti, che in questo secolo è stata davvero sorprendente: dal 2005, la produzione di petrolio degli Stati Uniti è più che triplicata, passando da meno di 4 milioni di barili al giorno (bpd) a oltre 13 milioni oggi. Nel processo, la quota dell'America nella produzione mondiale di petrolio è più che raddoppiata, superando il 16%.
 
Il fatto che gli Stati Uniti siano il più grande produttore mondiale di petrolio (e gas) ha contribuito a mitigare i rischi geopolitici del Medio Oriente. Pensiamoci in questo modo: senza l'America ricca di energia, l'economia mondiale sarebbe su basi molto più traballanti. Le aspettative di inflazione globale sarebbero molto più alte, seppellendo qualsiasi idea di taglio dei tassi d'interesse da parte delle banche centrali quest'anno. Ma anche le prospettive per gli utili globali sarebbero decisamente minori, tranne che per alcuni settori.
 
L'intero tono dei mercati finanziari globali sarebbe radicalmente diverso e le aspettative per le performance delle azioni quest'anno dovrebbero essere ripensate. Sebbene gli Stati Uniti non godano di un'immunità totale dalle dinamiche di approvvigionamento energetico del Medio Oriente, la sicurezza energetica della nazione non è mai stata così forte.
 
In effetti, non è passato molto tempo da quando il petrolio straniero copriva circa il 60% del consumo statunitense. Ma lo scenario è cambiato. La dipendenza energetica dell'America dalle fonti straniere è oggi ai minimi storici. Lo stesso, per inciso, non può dirsi per l'Europa e la Cina, dipendenti dall'energia. Molti fattori separano in modo favorevole il panorama degli investimenti negli Stati Uniti dal resto del mondo, con la potenza energetica dell'America in prima linea.
 
Detto questo, la domanda diventa: quali sono le prospettive per i prezzi del petrolio nel 2024 e nel 2025? Ci aspettiamo che il prezzo del petrolio greggio raggiunga una media di 82 dollari al barile nel 2024 e scenda leggermente a 79 dollari al barile nel 2025, vicino alla media del 2023 di 82 dollari al barile. La nostra previsione di una variazione di prezzo relativamente modesta si basa sull’aspettativa che l’offerta e la domanda globale saranno relativamente equilibrate.
 
La crescita del consumo globale di petrolio negli ultimi due anni riflette sia il suo tradizionale rapporto con la crescita economica, sia il ritorno ai modelli di viaggio pre-pandemici, in particolare per i voli internazionali. Ci aspettiamo che nei prossimi due anni il consumo globale di petrolio sarà guidato principalmente dalla crescita economica e dall’intensità petrolifera dell’economia globale. Secondo le stime dell’EIA, il consumo globale di petrolio aumenterà di 1,4 milioni di barili al giorno nel 2024 e di 1,2 milioni di barili al giorno nel 2025, entrambi leggermente inferiori alla media decennale pre-pandemia (2010-2019).
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Fonte: US Energy Information Administration
 
Anche se riteniamo che i prezzi raggiungeranno una media di circa 80 dollari al barile nei prossimi due anni, le nostre previsioni sui prezzi rimangono comunque incerte. La possibilità che i prezzi superino le nostre attuali previsioni è in gran parte legata a interruzioni non pianificate della produzione, un rischio evidenziato dalle recenti tensioni in aumento nel Mar Rosso, confidando che non si accenda nessuna scintilla sullo stretto di Hormuz.
 
Non dimentichiamo, inoltre, che circa la metà di tutto il petrolio prodotto nel mondo lo scorso anno proveniva dall’OPEC+, i membri dell’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio e da altri 10 paesi che coordinano la loro produzione di petrolio greggio con l’OPEC dalla fine del 2016. Prevediamo che la produzione di petrolio greggio dell’OPEC+ sarà in media di 36,4 milioni di barili al giorno (b/g) nel 2024 e di 37,2 milioni di barili/g nel 2025, entrambi inferiori alla media quinquennale pre-pandemica (2015-2019) di 40,2 milioni di b/g (questi valori non includono l’Angola, che ha lasciato l’OPEC nel gennaio 2024).
 
L’OPEC+ ha abbassato i suoi obiettivi di produzione nell’ultimo anno in risposta all’indebolimento della domanda globale di petrolio e al calo dei prezzi. L'ultimo accordo del gruppo, annunciato il 30 novembre, prevedeva 2,2 milioni di barili al giorno di nuovi tagli volontari all'obiettivo di produzione di petrolio greggio fino a marzo 2024. Questi tagli si aggiungono a quelli volontari esistenti e agli obiettivi di produzione inferiori fissati nella riunione di giugno 2023. Ci aspettiamo che l’OPEC+ produrrà meno degli obiettivi attualmente dichiarati nel 2024.
 
In altre parole, anche se ci aspettiamo che l’OPEC+ limiti la produzione per evitare un calo dei prezzi, prevediamo comunque che la produzione globale supererà i consumi entro la metà del 2025 e quindi che le scorte di petrolio aumenteranno. Senza il vincolo produttivo, la produzione supererebbe significativamente il consumo e porterebbe a maggiori aumenti delle scorte e al calo dei prezzi. Ovviamente lo scenario funziona in assenza di forti shock esterni.
 
 
 
 
 
 
 

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