Durante il boom degli anni ’60 l’Italia aveva un debito pubblico che per il 30% era rappresentato da moneta e depositi (molti postali). La Banca D’Italia stampava lire senza freni ma il debito pubblico, in percentuale del pil, era ancora basso, non c’era il problema di oggi delle ingenti spese in conto corrente (welfare e pensioni) che si mangiano quelle in coto capitale (investimenti), anche per evoluzioni demografiche oltre che economiche del paese. Arrivarono l’alta inflazione ed il Divorzio tra BDI e Tesoro, così la liquidità nelle casse statali diminuì e fu sostituita con i prestiti delle banche pubbliche (oggi imprese private). A metà degli anni’80 il 50% del debito pubblico era rappresentato da liquidità e titoli a breve (bot people). Le alte spese sociali determinate negli anni ’70 e relative a politiche di welfare solide (istruzione, sanità, pensioni, regioni e riforma tributaria, oltre alle infrastrutture…) fecero lievitare il rapporto debito/pil e, con il Divorzio, si modificò la composizione del debito pubblico ed alcuni micro tecnicismi (aste su btp) resero più appetibile il nostro debito in cerca di compratori sul mercato dei capitali.
Con l’avvento dell’euro e la relativa convergenza ribassista dei tassi italiani, il debito pubblico si è spostato sulle scadenze lunghe che oggi rappresentano l’80% di tutto il debito, con alti rischi legati allo stock e alla relativa alta duration, che stiamo vivendo oggi, con la liquidità disponibile del Tesoro ai livelli minimi (in termini percentuali) come negli anni ‘80. Di quel 80% circa il 30% è nei bilanci della BCE/BDI e quasi il 100% delle nuove emissioni è stato comprato dalla BCE/BDI dal covid. In sintesi: il sovranismo degli anni ‘70 ha spinto in alto il debito pubblico sulla scia di imponenti riforme del welfare basate su una crescita economica insostenibile e un trend demografico pericoloso; la sfiducia nella classe dirigente e politica italiana ha spinto i cittadini a “fidarsi” di una moral suasion delle istituzioni europee (rinunciando alla autonomia monetaria) e del mercato dei capitali (dove viene collocato il debito pubblico).
Oggi è tutto in capo alla Bce, che ora deve vendere i debiti acquisiti durante la pandemia, Giorgia Meloni lo sa, l’Italia sovranista ormai non esiste più da anni, la Bce è stata il “muro di Berlino” che ha frantumato il campanilismo, perdente in partenza nella lotta con la globalizzazione (spinta anche dalla tecnologia).