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Il dollaro è sotto pressione, è evidente, in attesa che il FOMC ci comunichi la prima decisione del 2019. Sono diversi i fattori che tengono sotto scacco il biglietto verde, ma il mercato sembra anticipare i segnali “dovish” lanciati dalla FED le scorse settimane e che potrebbero riproporsi stasera. Quanto possa essere esplicitamente comunicata l’interruzione nel rialzo dei tassi lo vedremo, ma anche soltanto se la Fed dovesse segnalare la riduzione anticipata del bilancio potrebbero scaturire vendite di dollaro e acquisti d’azionario.
Il tutto mentre le delegazioni degli Stati Uniti e della Cina si incontreranno nelle prossime 48 ore per discutere la prospettiva di un accordo che possa evitare un'escalation della guerra commerciale. I rendimenti obbligazionari hanno perso un po’ di smalto negli ultimi giorni, ma devono essere guardati con molta attenzione perché viste le correlazioni intermarket guideranno i principali flussi di liquidità. Da segnalare, in tutto questo contest, il rafforzamento dello yuan cinese che ha raggiunto i massimi da sei mesi e si tratta di una chiara indicazione che il sentiment nei confronti del biglietto verde è cambiato. Nel frattempo ieri sera è andata in scena la seconda votazione del Parlamento UK sulla Brexit, votazione che ha scongiurato lo scenario “no deal” e che ha dato mandato alla May di provare a ridiscutere con la UE la questione del confine tra le due Irlande. Europa che dal canto suo ha fatto sapere che non intende rivalutare la questione.
Per quanto riguarda Wall Street, ieri ha chiuso in territorio misto, con lo S&P 500 a -0,1%, calo che è proseguito sui futures (nonostante la trimestrale Apple (NASDAQ:AAPL) non sia stata così brutta come si temeva). I mercati asiatici sono rimasti deboli col Nikkei -0,5% e lo Shanghai Composite -0,5%. I mercati europei sembrano voler proseguire la spinta rialzista mentre per quanto concerne il forex oltre alla debolezza dollaro segnaliamo le forti vendite sulla sterlina che in questo momento sta provando a reagire dai minimi di ieri. La valuta più forte di giornata è l’australiano grazie al dato sull’inflazione leggermente superiore alle attese. Nelle materie prime la grande novità è il continuo apprezzamento dell'oro oltre quota 1310 dollari e l'argento si trova sui massimi da sei mesi. Il petrolio greggio è piatto.
La riunione della Fed è chiaramente l'obiettivo principale del calendario economico di oggi, ma prima attenzione ad altri dati importanti. Il sentiment economico dell'Eurozona per gennaio ha confermato il calo ma più pronunciato del 106,8 atteso (da 107,3), ovvero 106,2 e si tratta del 13° calo consecutivo e la peggiore lettura da novembre 2016. L'inflazione tedesca verrà rilasciata alle ore 14 e dovrebbe mostrare un CPI mensile a -0,9% per gennaio, il che trascinerebbe la proiezione annuale all'1,6%. Per gli USA, attenzione all’ADP delle 14:15 che dovrebbe mostrare una crescita di 170.000 (in calo rispetto a 271.000 a dicembre). Verranno rilasciati anche dei dati sul mercato immobiliare mentre le scorte di petrolio delle 16:30 dovrebbero mostrare un aumento a + 3,0 milioni di barili (dopo + 8,0 milioni di barili la scorsa settimana), con distillati sostanzialmente piatti (-0,6m la scorsa settimana ) e scorte di benzina + 2,0 milioni di barili (+ 4,1 milioni la scorsa settimana). La decisione sulla politica monetaria del FOMC è attesa alle ore 20, ovviamente non sono attese variazioni. Dopodiché parlerà Jerome Powell e qui potrebbe scattare non poca volatilità.
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