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Eni vende per 1,2 mld il 49% di Enipower. Petrolio al top da tre anni

Pubblicato 17.01.2022, 12:08
Aggiornato 05.03.2021, 16:55

JP Morgan (NYSE:JPM) alza il target price a 19 euro mentre Morgan Stanley (NYSE:MS) dice che il Brent continuerà a salire e indica una quotazione di 90 dollari al barile per la seconda parte dell’anno.

Il 49% di Enipower va all’americana Sixth Street Partners.

Eni (MI:ENI) prosegue con coerenza lungo la strada tracciata dal piano strategico che punta alla neutralità carbonica entro il 2050. Secondo indiscrezioni riportate da Reuters, il gruppo energetico sarebbe vicino a un accordo per vendere alla società di investimento americana Sixth Street Partners il 49% di Enipower. Il prezzo per la quota di minoranza della società si aggirerebbe attorno a 1,2 miliardi di euro, risorse fresche che il gruppo intende investire nella realizzazione di energia da fonti rinnovabili. L’accordo potrebbe essere concluso entro la fine del primo trimestre.

Controllata al 100% da Eni, Enipower è uno dei principali produttori italiani di energia elettrica, proprietario di cinque centrali elettriche ubicate a Brindisi, Ferrara, Mantova, Ravenna e a Ferrera Erbognone (Pavia) e di una centrale di cogenerazione a Bolgiano (San Donato Milanese), con una potenza complessiva in esercizio di circa 5,1 GW.

Per la prima volta l’azione Eni torna ai livelli pre-Covid.


A Piazza Affari il titolo Eni sale dello 0,20% a 13,18 euro e per la prima volta torna ai livelli di gennaio 2020, prima del crollo innescato dalla diffusione del Covid. Negli ultimi 12 mesi le quotazioni di Eni sono salite del 49%. Venerdì JP Morgan ha confermato la raccomandazione Buy e ha alzato il target price a 19 euro. Secondo il censimento di MarketScreener, dei 26 analisti che seguono Eni 18 consigliano di comprare le azioni e sette hanno un giudizio neutrale. La media dei target price è 14,43 euro.

Entro marzo la firma per la partecipazione a Dogger Bank.


Il principale impegno del gruppo Eni nelle energie rinnovabili è rappresentato dalla partecipazione del 20% nel progetto Dogger Bank, che punta a costruire il più grosso impianto eolico off-shore della Gran Bretagna. Secondo un’intesa preliminare raggiunta nello scorso mese di novembre, che dovrà essere ratificata con un contratto da chiudere entro fine marzo, Eni si affianca agli altri due soci SSE Renewables (40%) ed Equinor (40%) in tutte e tre le sezioni del progetto. Per partecipare alle prime due fasi Eni aveva pagato nel 2020 405 milioni di sterline. La partecipazione alla terza e ultima fase dovrebbe costare all’incirca altri 200 milioni di sterline.

Dogger Bank è il più grande parco eolico offshore al mondo (3,6 GW) attualmente in costruzione. La produzione sarà avviata in fasi successive con la prima fase che partirà nel 2023 e le altre due, rispettivamente nel 2024 e nel 2025. Una volta completata la costruzione, Dogger Bank genererà circa 18 TWh di energia rinnovabile all’anno, capacità pari al 5% della domanda dell’intero Regno Unito ed equivalente al consumo di sei milioni di famiglie inglesi.
Con l'ingresso nel progetto Dogger Bank, Eni aggiunge 240 MW di energia rinnovabile al proprio obiettivo di sviluppare oltre 6 GW di capacità rinnovabile entro il 2025.

Morgan Stanley prevede il petrolio a 90 dollari al barile.


Intanto, però, il bilancio di Eni resta fortemente dipendente dalle quotazioni del petrolio e il titolo beneficia del rialzo del greggio, con il Brent salito stanotte a 86,4 dollari al barile, il massimo degli ultimi tre anni. Secondo Morgan Stanley, il rialzo del greggio è destinato a proseguire a causa di un “triplo deficit” che peserà sul mercato per tutto il 2022: basso livello delle scorte strategiche dei Paesi consumatori, difficoltà per i produttori ad aumentare rapidamente la produzione (spare capacity) e bassi investimenti. La banca d’investimento prevede che nel secondo semestre il prezzo del Brent arriverà a 90 dollari al barile e stima un prezzo medio per il 2022 di 78 dollari.

Ricordiamo che Eni fissa la propria politica di remunerazione degli azionisti sulla base del prezzo medio del greggio di ogni singolo anno: con il Brent sopra i 66 dollari al barile è assicurato un dividendo di 0,86 euro e un buyback di 800 milioni.

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