- L’inflazione nella zona euro e in Germania ha toccato una doppia cifra
- La stagflazione e la crisi energetica pongono un grande rischio all’economia della zona euro
- La Fed continua con la sua retorica aggressiva, supportando il dollaro
Il cambio EUR/USD probabilmente farà una pausa per riprendere fiato o addirittura un’inversione dopo un’impressionante ripresa di due giorni, dato che i tassi hanno testato una zona di resistenza chiave al momento della scrittura. Gli operatori si interrogano sull’importanza dei dati sull’inflazione a due cifre per Germania e zona euro per la BCE.
Gli investitori non sembrano ancora molto propensi a vendere dollari in maniera aggressiva, dato che il tono della Fed resta lo stesso. L’indice dei prezzi PCE core è il prossimo dato che potrebbe far muovere il dollaro in modo deciso.
Prima di discutere dei fattori macro che potrebbero limitare il rialzo dell’EUR/USD, diamo un’occhiata al grafico giornaliero dell’EUR/USD mentre testa una zona di resistenza chiave:
Come possiamo vedere, l’area che inizia intorno a 0,9810 è stata la base del breakdown precedente. Almeno una piccola ritirata da lì non dovrebbe sorprendere ora, con il prossimo supporto a breve termine visto intorno a 0,9750 circa. Se l’euro arriva a 0,9750 e non rimbalza, i tori si troveranno in difficoltà, perché potremmo assistere a un ritorno ai minimi.
Al contrario, se l’euro riuscisse a trovare un supporto inaspettato e a superare 0,9810 in chiusura giornaliera, il prossimo obiettivo rialzista sarebbe la parte superiore del canale ribassista intorno a 1,0000. Solo un breakout netto al di sopra di questo canale ribassista invaliderà le prospettive tecniche ribassiste più ampie, allo stato attuale delle cose.
Ora, con il balzo dell’IPC tedesco e della zona euro al 10% su base annua, si potrebbe pensare che la BCE debba perseguire un rialzo dei tassi ancora più aggressivo, il che in teoria dovrebbe essere positivo per l’euro. Ma con la crisi energetica che è una delle principali fonti di preoccupazione e la stagflazione così profonda nell’Eurozona, c’è il rischio di esacerbare la recessione se la BCE dovesse intraprendere un ciclo di rialzi molto aggressivo.
Tuttavia, la banca non può permettersi di stare con le mani in mano. L’inflazione deve scendere, e in fretta. Alla BCE che si ripeta quanto accaduto nel Regno Unito, con l’impennata dei costi di finanziamento e il crollo della sterlina. Qualsiasi ulteriore debolezza dell’euro si tradurrà in un’inflazione ancora più importata, ceteris paribus. La BCE potrebbe dover intervenire come ha fatto la Banca d’Inghilterra acquistando obbligazioni a lunga scadenza, o come ha fatto il governo giapponese cercando di sostenere la propria valuta vendendo parte delle proprie riserve in dollari.
La BCE colmerà lentamente il divario con la Fed, che, in un futuro non troppo lontano, dovrebbe vedere l’EUR/USD stabilizzarsi, se non tornare sopra la parità; in tutto ciò, i rischi macro in corso riguardanti la stagflazione e la crisi energetica sono contrari a una forte performance dell’euro.
Sul fronte della Fed, diversi membri questa settimana hanno continuato con la loro retorica da “falco”, in quanto desiderosi di creare un atterraggio morbido nell’economia statunitense per contribuire a riportare l’inflazione sotto controllo. In questo contesto, non mi aspetto di vedere ancora una ripresa importante della moneta unica.
Nota: L’autore al momento della scrittura non possiede alcuno strumento menzionato nel presente articolo.