In una delle settimane più intense per i mercati, la Federal Reserve e l’OPEC+ saranno al centro dell’attenzione degli investitori delle materie prime, con i prezzi di oro e petrolio che si preparano ad una certa turbolenza dal momento che la banca centrale e l’alleanza globale dei produttori petroliferi perseguono obiettivi diversi.
La Fed probabilmente implementerà un aumento dei tassi da 50 punti base, o mezzo punto percentuale, in occasione della sua riunione di maggio questo mercoledì, il primo aumento di una simile portata in 20 anni, con lo scopo di placare l’inflazione peggiore in quattro decenni.
L’oro è crollato persino prima dell’inizio ufficiale della seduta di New York questo lunedì, con -1% negli scambi asiatici, addentrandosi ancor di più nel territorio dei 1.800 dollari, mentre il dollaro, il maggiore nemico del metallo giallo e principale beneficiario degli aumenti dei tassi USA, è schizzato insieme ai rendimenti dei bond, decennali in testa.
“Una mossa sostenuta sotto i 1870 dollari potrebbe spingere l’oro spot giù alla media mobile esponenziale su 50 settimane di 1.850 dollari e la media mobile semplice su 100 settimane di 1.837 dollari”, dice Sunil Kumar Dixit, a capo delle strategie tecniche di skcharting.com. Ed aggiunge:
“Se l’oro dovesse infrangere sotto i 1837 dollari, il livello di 1.818 dollari probabilmente terrebbe come supporto”.
Anche il petrolio crolla nella seduta asiatica ad inizio settimana, con il Brent, il riferimento globale, ed il greggio US West Texas Intermediate, che scendono di ben l’1% negli scambi ridotti tra la festa musulmana dell’Eid ed altre festività nel mondo.
Il calo del petrolio è legato perlopiù ai timori per un rallentamento della crescita economica in Cina, il maggiore importatore petrolifero mondiale, anche se la preoccupazione sugli aumenti dei tassi della Fed potrebbe contribuire a pesare sul greggio questa settimana, soprattutto se dovessero accelerare i timori di una recessione negli Stati Uniti.
Se il mercato del lavoro dovesse rallentare a causa della Fed, ciò avrebbe importanti implicazioni sul mercato petrolifero, per via del nesso tra i due.
I prezzi del petrolio alti possono danneggiare la crescita economica ma non necessariamente un mercato del lavoro come quello che vediamo negli Stati Uniti al momento. Ma un rallentamento della crescita del lavoro, o peggio, un’impennata dell’occupazione come due anni fa, all’apice della pandemia di coronavirus, quasi certamente faranno scendere i prezzi del petrolio.
Un eventuale impatto non si avvertirebbe subito, e probabilmente non questa settimana, quando la riunione della Fed è solo il giorno prima di quella dell’OPEC+, l’alleanza globale dei produttori petroliferi il cui compito, più che garantire la stabilità delle scorte di greggio al mondo, è quello di assicurarsi che il barile stia sopra i 100 dollari.
Proprio come la Fed è determinata a frenare l’inflazione statunitense, l’OPEC+ è decisa a far sì che i prezzi del petrolio non tornino mai più ai minimi visti durante il COVID nel 2020. Sono queste le dinamiche che dobbiamo tenere a mente, in quanto la Fed non riuscirà a ridurre l’inflazione senza far scendere i prezzi del petrolio (la spirale dei compensi e la domanda di lavoratori sono solo una parte del problema), e l’OPEC+ non starà a guardare mentre la banca centrale e il governo Biden cercano di fare a pezzi il mercato petrolifero.
Il greggio USA probabilmente ritesterà le aree di supporto della scorsa settimana di 101 - 98 dollari, ma a quel punto potrebbero tornare i compratori per riprendere il principale slancio rialzista che punta alla resistenza ed alle aree di liquidità di 105 -108 dollari, dice Dixit. Ed aggiunge:
“Se questa area di resistenza di 105 - 108 dollari dovesse attirare abbastanza compratori, aspettiamoci che lo slancio arrivi più su, a 109 -113 e persino 116 dollari”.
Inoltre, se le cose si metteranno male, l’OPEC+ continuerà a spremere la produzione per assicurarsi che i prezzi non scendano troppo rispetto al livello a cui si trovano.
Con la stagione estiva dei viaggi aerei e delle gite in auto negli Stati Uniti ormai alle porte, potrebbe essere difficile mantenere il petrolio sotto i 100 dollari al barile, così come impedirgli di testare i massimi dell’invasione dell’Ucraina, quasi 140 dollari.
Nota: Barani Krishnan utilizza una varietà di opinioni oltre alla sua per apportare diversità alla sua analisi di ogni mercato. Per neutralità, a volte presenta opinioni e variabili di mercato contrarie. Non ha una posizione su nessuna delle materie prime o asset di cui scrive.