Se sei un economista che tentenna sull’inflazione, ti è concesso sbagliare. Ma se sei il capo della banca centrale più potente del mondo, dovrai essere molto più prudente. Qualsiasi errore è pieno di conseguenze.
Quando il Presidente della Federal Reserve Jerome Powell aveva allegramente asserito circa un anno fa che l’inflazione sarebbe stata transitoria, ha fatto quello che l’economista Mohamed El-Erian ha poi definito un errore madornale. El-Erian potrebbe essersi sbagliato, ma non è stato il solo a fare questa valutazione; tra gli altri, anche l’economista di Harvard ed ex Segretario al Tesoro Larry Summers, che per mesi ha messo in guardia dal crescente rischio di inflazione.
Powell ha poi dovuto ammettere che l’inflazione non è transitoria e, all’inizio del mese, ha persino ammesso che la Fed avrebbe dovuto agire prima, sebbene abbia aggiunto di averlo capito solo col senno di poi. Non è proprio così, visto che altri avevano suonato dei campanelli d’allarme all’epoca.
E sembra che il presidente della Fed stia per compiere un altro errore.
Powell ha già promesso di alzare i tassi di interesse di non oltre un quarto di punto quando si incontrerà il Federal Open Market Committee questa settimana. E lo ha promesso persino prima che indice sui prezzi al consumo di febbraio vedesse un aumento annuo del 7,9%.
Powell si è messo in prima linea per limitare l’aumento, anche se altri membri del FOMC hanno apertamente parlato di un aumento di mezzo punto.
Parte del problema è che Powell, un avvocato che ha fatto fortuna nel private equity, deve dipendere dagli economisti dello staff e dai loro modelli per fare una valutazione dell’economia. E questi economisti non sono altro che scienziati neutrali che analizzano informazioni.
Consiglieri politicizzati, inflazione persistente?
Sebbene sia stato sconcertante che Powell abbia insistito così tanto a dire che l’inflazione era un fenomeno temporaneo causato dai problemi di approvvigionamento, un pezzo del Wall Street Journal la scorsa settimana ha dato un indizio sul perché si sia attenuto alla sua previsione.
Emre Kuvvet, professore associato di finanza della Nova Southeastern University in Florida, ha accuratamente analizzato i database della registrazione dei votanti per disporre in tabella la politica degli oltre 780 economisti della Fed. Ha scoperto un’enorme preponderanza di affiliazioni inclinate verso sinistra. Il rapporto complessivo tra Democratici e Repubblicani tra gli economisti del sistema della Fed era di 10,4 a 1.
La situazione è persino più drastica nel consiglio dei governatori di Washington, dove il rapporto è 48,5 ad 1.
Secondo Kuvvet, la Fed è già profondamente politicizzata, al di là delle affiliazioni che dimostrano i governatori. In passato, la Casa Bianca cercava di bilanciare Democratici e Repubblicani al consiglio, ma tutte e tre le nuove nomine del Presidente Joe Biden sono di Democratici e le sue scelte per i due vicepresidenti condividono l’affiliazione al suo partito.
Intanto, l’economista britannico Charles Goodhart, ex membro della Commissione di Politica Monetaria della Banca d’Inghilterra, spiega che l’inflazione persisterà, per via degli importanti cambiamenti demografici che dettano la carenza di lavoratori, e le pressioni sui compensi, nell’immediato futuro.
Persino Janet Yellen, ex Presidente della Fed e Segretario al Tesoro, la scorsa settimana ha dichiarato che l’inflazione resterà alta per un altro anno, anche se la Casa Bianca la descrive come temporanea.
La Banca Centrale Europea, intanto, ha reso noto che la guerra in Ucraina farà salire l’inflazione e peserà sulla crescita in Europa nei prossimi due-tre anni.
In risposta, la BCE, dopo il vertice di politica monetaria la scorsa settimana, ha reso noto che ridurrà gli acquisti di bond, portandoli a 40 miliardi di euro (43,6 miliardi di dollari) ad aprile, 30 miliardi di euro (32,7 miliardi di dollari) a maggio, e 20 miliardi di euro (21,8 miliardi di dollari) a giugno. In precedenza, aveva previsto di ridurli a 20 miliardi di euro solo entro ottobre. La banca centrale potrebbe sospendere i nuovi acquisti già nel terzo trimestre.
Tuttavia, la BCE non garantisce più che alzerà i tassi di interesse subito dopo aver fermato gli acquisti di bond. Piuttosto, deciderà la sua politica dei tassi di interesse in base ai prossimi dati sull’inflazione e sulla crescita.