Lo scontro si è fatto duro fra Matteo Renzi Segretario del Pd e l’attuale presidente del Consiglio Enrico Letta, il primo giudica fallimentare la non azione di governo svolta dall’esecutivo Letta e pretende immediati e concreti fatti, il secondo crede di aver bene governato e rivendica anzi i positivi risultati sull’abbassamento dello spread, sulla fine della recessione e sulla ripresa di borsa.
Insomma due visioni antitetiche che difficilmente potranno a lungo convivere.
Anche in caso di superamento dell’attuale crisi, la rottura si profila, nel medio periodo, semplicemente inevitabile.
L’aria che tira attualmente è quella dei separati in casa e Letta, avendolo capito, gioca in extremis , l’asso di “Impegno Italia” un patto che, sottolinea il premier, è senza limiti di tempo e che, se sottoscritto dal Pd, dovrebbe garantire all’attività di governo del premier, una tranquilla sopravvivenza sino al 2015.
Il patto di coalizione, al tempo stesso Asso e Tallone d’Achille, del premier, verte su un pacchetto di circa 30 miliardi di euro di importanti stimoli alla ripresa economica e, tuttavia, ad una prima veloce analisi appare basato più su buone speranze, che non su fatti concreti.
La maggior parte dei fondi (16,6 miliardi) dovrebbe venire dalla “spending review” alla quale, ovviamente, sindacati e parti sociali si opporranno in tutti i modi possibili ed immaginabili, altri 8 miliardi dovrebbero entrare dal rientro dei capitali all’estero, ma i dubbi sull’adesione a questa iniziativa da parte dei contribuenti sono ancora molti a causa della reale inesistente convenienza economica dell’operazione accompagnata, come non bastasse, anche da una autodenuncia, 6 miliardi dovrebbero poi entrare dal risparmio derivante dal diminuire degli interessi pagati sui titoli del debito pubblico, e anche qui, non essendoci sicurezza che l’andamento rimanga l’attuale, nessuna certezza a priori ma solo ipotesi.
Letta, che ha sin qui tergiversato mirando a sopravvivere, è stato messo all’angolo e non riuscirà probabilmente mai a soddisfare l’irruento Renzi che, invece, vorrebbe vedere azioni immediate e risolute da parte dell’esecutivo.
Anche l’ultimatum di Confindustria verso l’inconsistenza della sua azione di governo, non depone a favore del Premier che appare decisamente scollato dalla reale situazione del Paese e che presenta ora, con estremo ritardo, un patto basato, ancora una volta, solo su ipotesi e previsioni.
D’altro canto neppure Renzi ha ancora presentato un suo concreto piano alternativo e, proprio su questo punto debole, lo contrattacca il premier che ha pubblicamente richiesto un confronto a carte scoperte e senza sotterfugi: “chi vuole il mio posto lo dica” ha dichiarato , continuando poi “chi lo vuole dovrebbe anche però dichiarare cosa intende fare dopo”.
Siamo di fronte a due concezioni del modo di condurre la politica e l’azione di governo che appaiono semplicemente inconciliabili, né ora, né mai, questo sembra ora essere il vero problema.