- Colombe e falchi della Fed vedono la necessità di ulteriori aumenti dei tassi per limitare i prezzi
- Anche i policymaker della BCE prospettano altri aumenti, con i paesi che aiutano i consumatori
- L’ex capo della Bundesbank Weidmann potrebbe ottenere un ruolo importante nel FMI
Scegliete un numero: proviamo ad indovinare dove sarà l’inflazione USA tra un anno.
John Williams, Presidente della Federal Reserve Bank di New York e vice-presidente del Federal Open Market Committee, dice che l’inflazione statunitense sarà ancora al 3% tra un anno.
In base all’indice PCE, l’inflazione potrebbe rallentare dal 6,2% di settembre a circa il 5%-5,5% entro fine anno, ma restare alta per la maggior parte del prossimo anno, ha detto ieri all’Economic Club di New York.
Mohamed El-Erian, economista che sta mettendo in guardia dall’inflazione persistente ormai da oltre un anno, afferma che il tasso di inflazione potrebbe restare intorno al 4%, con i continui sconvolgimenti delle filiere per un allontanamento dalla globalizzazione che lo mantengono alto. Questo allontanamento non è “temporaneo o rapidamente reversibile”, dice.
I sondaggi sulle aspettative dei consumatori sull’inflazione non sono molto più bassi, oscillando intorno al 3% in 3 o 5 anni.
I verbali del vertice FOMC di inizio novembre, pubblicati la scorsa settimana, hanno confermato le aspettative dei mercati che la Fed rallenterà il ritmo degli aumenti dei tassi, passando probabilmente ad un aumento da mezzo punto, rispetto ai tre quarti di punto degli ultimi quattro vertici.
Tuttavia, gli analisti si aspettano che il Presidente della Fed Jerome Powell metta i mercati davanti alla realtà, quando parlerà domani alla Brookings Institution. Proprio come aveva fatto al simposio di Jackson Hole ad agosto, probabilmente avviserà gli investitori che cavalcano un rally del mercato azionario che c’è ancora del lavoro da fare.
E Williams ha usato queste esatte parole ieri:
“Ma c’è ancora molto altro lavoro da fare”.
E lui tende ad essere cauto.
Loretta Mester, capo della Fed di Cleveland, molto più interventista, ha riferito al Financial Times ieri che pensa sia meglio restare prudenti. “Considerato dove ci troviamo in termini di letture sull’inflazione, le prospettive e i rischi, continuo a dare più peso al rischio maggiore o al costo maggiore di non fare abbastanza”, ha dichiarato.
Anche i falchi della Banca Centrale Europea si fanno sentire: gli investitori si aspettano che la banca moderi gli aumenti dei tassi e non replichi i due recenti grossi aumenti da 75 punti base il mese prossimo.
Isabel Schnabel, membro tedesco del consiglio direttivo, afferma che il consiglio ha poco spazio di manovra per rallentare gli aumenti dei tassi, perché gli aiuti governativi alle famiglie per il caro energia manterranno alta l’inflazione.
“Nel contesto attuale, c’è il rischio che le politiche monetarie e fiscali vadano in direzioni opposte, portando ad un mix subottimale”, ha avvertito giovedì. Ed ha aggiunto:
“Molte misure fiscali popolari tra l’elettorato, come rigidi tetti al prezzo o ampi incentivi, rischiano di alimentare ulteriormente l’inflazione a medio termine, il che potrebbe alla fine costringere la politica monetaria ad alzare i tassi di interesse oltre il livello che sarebbe considerato appropriato senza stimolo fiscale”.
Klaas Knot, capo della banca centrale olandese, spesso definito il policymaker più “falco” nel consiglio direttivo della BCE, ritiene “ridicoli” i timori che la BCE rischi di inasprire eccessivamente.
La recessione non è una conclusione scontata, ha dichiarato a Parigi, ma la BCE deve assicurarsi che la crescita rallenti.
“Per riportare l’inflazione all’obiettivo, avremo bisogno di un periodo prolungato in cui almeno la crescita sia sotto il potenziale, perché altrimenti la disinflazione non sparirà mai. La mia preoccupazione è sempre e solo l’inflazione”.
Parlando di falchi, l’ex capo della banca centrale tedesca, Jens Weidmann, probabilmente sarà il candidato di Berlino a capo del Fondo Monetario Internazionale: la Germania pensa che sia arrivato il suo turno al FMI. Weidmann, che ha spesso chiesto politiche restrittive alla BCE, ha lasciato la Bundesbank l’anno scorso e di recente è stato nominato presidente dell’organo di vigilanza di Commerzbank.
Kristalina Georgieva, attuale direttore generale del FMI, non se ne andrà prima di ottobre 2024, ma sembra che non avrà un secondo mandato e si sono già aperti i giochi per scegliere il suo successore.