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I tori del dollaro sono tornati al controllo

Pubblicato 27.09.2018, 21:16
Aggiornato 09.07.2023, 12:31

Analisi realizzata alla chiusura del mercato statunitense a cura di Kathy Lien, Direttrice di FX Strategy per BK Asset Management.

I tori del dollaro sono tornati al controllo grazie ai dati USA positivi e alla ripresa dei rendimenti. Secondo l’ultimo report sul PIL, l’economia USA è cresciuta al ritmo più veloce degli ultimi 4 anni. Sebbene questo report sia semplicemente una conferma di dati rilasciati precedentemente, il fatto che non sia stato soggetto a nessuna revisione è bastato per accendere il fuoco sotto il cambio USD/JPY. Inoltre, gli ordinativi durevoli hanno raddoppiato le aspettative ma l’aumento è dovuto soprattutto agli ordinativi di Boeing (NYSE:BA). Se gli orsi stavano cercando delle ragioni per far scendere il dollaro, avrebbero potuto tranquillamente considerare il deficit commerciale, schizzato ad agosto, le maggiori richieste di sussidio di disoccupazione o il calo delle vendite di case in corso. Tuttavia, il fatto che il biglietto verde abbia trascurato questi dati e l’impennata di oggi sono dei segnali di una potenza incredibile. Il cambio USD/JPY in particolare ha cancellato le perdite di mercoledì per raggiungere il massimo livello dell’anno. Ora il prossimo livello di resistenza è sopra 114. Il crollo di mercoledì e la ripresa di giovedì sono stati innescati principalmente dall’andamento dei rendimenti dei titoli del Tesoro. Se i tassi fossero scesi, non avremmo assistito ad una tale impennata della coppia USD/JPY.

La valuta che ha registrato la performance peggiore è stata il franco svizzero. Dopo essere salito il mese scorso, ha segnato il maggiore aumento giornaliero degli ultimi tre mesi. Non essendo giunti chissà quali grandi sviluppi dalla Svizzera, l’impennata è stata dettata principalmente dallo short covering. Nonostante la Germania abbia riportato un’inflazione più forte, il calo della fiducia nella zona euro e i timori per l’Italia hanno fatto crollare l’euro contro il biglietto verde. Come riportato dal nostro collega Boris Schlossberg, “I mercati hanno chiuso un occhio sul bilancio dell’Italia, che si prevede possa riportare solo il 2% di deficit, nei limiti imposti dall’UE. Tuttavia, il neoeletto governo populista sta spingendo per obiettivi di bilancio più elevati nel tentativo di stimolare l’economia italiana moribonda. Se Tria dovesse dimettersi, innescando una crisi di bilancio, il cambio EUR/USD potrebbe crollare velocemente verso 1,1600, nei rinnovati timori di una crisi del debito sovrano”. Ieri abbiamo detto che l’EUR/USD era destinato ad un breakout e che sarebbe potuto scendere a 1,1670. Ora che l’obiettivo è stato raggiunto, potremmo vedere un consolidamento sopra la media mobile su 20 e 100 giorni. Per venerdì sono attesi i dati tedeschi sul mercato del lavoro e l’IPC della zona euro. Secondo i PMI, il tasso di creazione di posti di lavoro in Germania è salito, ma l’inflazione potrebbe essere forte in base al report sull’IPC di mercoledì.

Il cambio GBP/USD è al di sotto della media mobile su 100 giorni. I mercati hanno trascurato le dichiarazioni positive del membro della Banca d’Inghilterra Haldane e del responsabile UE per la Brexit Barnier. Haldane ha dichairato che con l’attuale ritmo di crescita sono necessary ulteriori aumenti dei tassi, in quanto la banca centrale non può più permettersi di gestire l’economia. Barnier ha dichiarato che dopo l’incontro con il leader dell’opposizione del governo britannico Corbyn, intende contribuire ad assicurare un’uscita regolare per il Regno Unito e che spera di creare un’ambiziosa collaborazione futura. Tuttavia, nessuna di queste dichiarazioni è stata così importante in una giornata in cui tutte le principali valute hanno dovuto fare i conti con la vorace richiesta di dollari USA. Le revisioni sul PIL del quarto trimestre sono attese per venerdì, e come per il report non sono previste revisioni.

Anche le valute legate alle materie prime sono state vittime della forza del dollaro USA, soprattutto il dollaro neozelandese. La Reserve Bank ha lasciato invariati i tassi all’1,75%. Sebbene la banca veda segnali di un aumento dell’inflazione core e preveda una ripresa della crescita nel prossimo anno, i rischi al ribasso perdurano e perciò la politica monetaria deve restare com’è per un periodo di tempo considerevole. Non è cambiato molto in Nuova Zelanda, dunque i differenziali dei tassi di interesse, che sono andati a favore del dollaro USA, hanno fatto scendere il cambio. Aspettiamo che il cambio NZD/USD superi il livello dei 66 centesimi. Anche il dollaro australiano è sceso, sulla scia di profitti industriali minori in Cina; si prevedono ulteriori ribassi in vista del prossimo vertice della RBA, in agenda per la prossima settimana.

In ultimo, ma non per importanza, il cambio USD/CAD ha cancellato tutti I guadagni precedenti per chiudere la gioranta in calo contro il biglietto verde. L’aumento dei prezzi del petrolio e le dichiarazioni del Primo Ministro Trudeau hanno offerto un certo supporto alla valuta. Trudeau ha dichiarato che un accordo con gli USA è ancora possibile, ma che potrebbe volerci molto perché il Presidente Trump non è così ottimista. Secondo Trump, che ha rilasciato ieri una conferenza stampa, le tasse di Trudeau “sono troppo elevate e sembra non voglia fare un passo, io gli ho detto ‘scordatelo’.” Sembra altamente improbabile che il Canada possa sottoscrivere il nuovo NAFTA e il governo Trump sta cercando di formalizzare un accordo bilaterale con il Messico. Tuttavia sembra che i mercati abbiano già messo in conto che la scadenza del 30 settembre non sarà rispettata e attendono le dichiarazioni del Governatore della Banca del Canada Poloz di giovedì pomeriggio. I mercati credono ancora che la Banca del Canada alzerà tassi di interesse prima della fine dell’anno e se Poloz sarà rialzista potremmo vedere il cambio USD/CAD scendere velocemente sotto l’1,30.

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