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I tweet di Trump riusciranno a far scendere di nuovo il prezzo del greggio?

Pubblicato 26.02.2019, 16:24
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Sembra l’equivalente del mercato del greggio di una delle più famose citazioni hollywoodiane: “proprio quando sembrava che non ci fosse più pericolo…”

Recitava così il promo del classico del 1978 “Lo squalo 2”, che racconta del ritorno del grande squalo bianco assassino. La paura scatenatasi ieri sul mercato del greggio ha visto come protagonista un tipo diverso di predatore: un presidente statunitense intenzionato ad uccidere un’impennata dei prezzi del greggio dopo averne distrutta un’altra solo qualche mese fa.

Tra i preparativi per le trattative nucleari con il leader della Corea del Nord, Trump ha trovato il tempo, ieri mattina, per scrivere su Twitter che i prezzi del greggio sono troppo alti e che l’Organizzazione dei Paesi Esportatori di petrolio dovrebbe impegnarsi per farli scendere.

Risultato: un tonfo di oltre il 3% sia del West Texas Intermediate a New York che del Brent a Londra. Il crollo ha mandato in corto circuito l’impennata della notte precedente, lasciando il Brent con la peggiore perdita giornaliera in due mesi.

Per chi non fosse aggiornato sulla saga twitteriana di Trump sul greggio, ecco cosa è successo:

Trump ha condotto una campagna non ufficiale della Casa Bianca contro il greggio a prezzi troppo alti su Twitter l’anno scorso, in quanto i timori per la carenza di scorte dovuta alle sanzioni USA sulle esportazioni petrolifere iraniane ed ai tagli alla produzione operati dall’OPEC, guidata dai sauditi, e dalla Russia avevano spinto il WTI a quasi 77 dollari al barile e il Brent sopra gli 86 dollari.

L’alleanza OPEC+ l’estate scorsa ha deciso di sospendere i tagli alla produzione e di aumentare le scorte per placare il presidente, che sembrava preoccupato per la fragile ripresa economica USA e per l’impatto dei prezzi alti alla colonnina in vista delle elezioni di metà mandato del novembre scorso.

Brent Daily Chart

Ma, subito dopo l’interruzione dei tagli alla produzione, il presidente ha inaspettatamente concesso delle esenzioni dalle sanzioni sulle esportazioni iraniane, alimentando i timori di un esubero di scorte. Di conseguenza, il WTI e il Brent sono crollati di circa il 40% tra i primi di ottobre e Natale.

Un’OPEC+ frustrata a inizio dicembre ha deciso di reintrodurre i tagli alla produzione a partire da gennaio. Questi, insieme alle nuove sanzioni sul greggio venezuelano imposte dal governo Trump, hanno aiutato i prezzi a segnare un rimbalzo di oltre il 20% quest’anno. A onor del vero, Trump non ha pubblicato nemmeno un tweet sul greggio negli ultimi due mesi. Fino a ieri.

Trump avverte l’OPEC che i prezzi sono troppo alti, aiutato stavolta dalle leggi antitrust

Ecco l’ultimo colpo sferrato da Trump:

Il tweet è bastato a far scendere i prezzi negli scambi asiatici di questo martedì, con trader ed analisti che discutevano delle ripercussioni a lungo termine della nuova battaglia di Trump contro l’OPEC.

C’è chi teme che il presidente abbia un’arma più potente a disposizione stavolta: le leggi contro i produttori che cospirano per tagliare la produzione.

Una commissione congressuale USA il 7 febbraio ha approvato il “No Oil Producing and Exporting Cartels Act (NOPEC)”, che consente al Dipartimento per la Giustizia USA di prendere di mira qualsiasi stato agisca “collettivamente o insieme a qualunque stato estero” per “limitare la produzione o distribuzione di greggio, gas naturale o prodotti”, tentando di “fissare o mantenere un prezzo” per queste materie prime. La legge colpisce proprio al cuore i tagli coordinati della produzione che l’OPEC ha operato negli ultimi 60 anni per alzare i prezzi.

In una nota di ANZ Bank, si legge che l’avvertimento di Trump all’OPEC

“ha più peso stavolta, con i legislatori USA che hanno rispolverato una norma che rende l’organizzazione soggetta alle leggi antitrust”.

Nuova ondata di esenzioni dalle sanzioni iraniane?

John Kilduff, socio fondatore dell’hedge fund energetico di New York Again Capital, parla di un’altra potenziale decisione di Trump che l’OPEC potrebbe trovare altrettanto pericolosa: un nuovo round di esenzioni dalle sanzioni contro l’Iran che potrebbe inondare il mercato con altro greggio proprio quando la produzione USA raggiunge i massimi mondiali di 12 milioni di barili al giorno.

I dati di monitoraggio delle petroliere mostrano che le esportazioni petrolifere iraniane hanno segnato una media di 1,25 milioni di barili al giorno a febbraio, dopo i livelli di gennaio di 1,1-1,3 milioni di barili, contro le previsioni di meno di un milione di barili.

In un’intervista alla CNBC, Kilduff afferma:

“Quando si interpretano le implicazioni del [tweet di Trump], ci si accorge che sono duplici. Innanzitutto, si deve credere che i sauditi ne prendano atto. Lo hanno fatto in passato”.

“E poi bisogna credere che un altro round di esenzioni dalle sanzioni iraniane debba essere pronto, e penso che sia questa l’implicazione secondaria del tweet”.

L’OPEC non ha reagito all’ultimo tweet di Trump.

Quando il cartello ha annunciato a dicembre un nuovo taglio della produzione per spingere i prezzi, il Ministro per l’Energia saudita Khalid al-Falih ha dichiarato (dando l’impressione che Trump non fosse tanto importante per il gruppo):

“Il presidente degli Stati Uniti è solo una fra le tante persone che dobbiamo prendere in considerazione quando prendiamo delle decisioni sulle scorte di greggio”.

L’OPEC non si farà comandare, dice qualcuno

Scott Shelton, broker dei future degli energetici di ICAP a Durham, N.C., è tra quelli che pensano che l’OPEC resterà ferma nel suo proposito.

WTI 15-Min Chart

Che i prezzi del greggio siano crollati come hanno fatto sulla scia del tweet di Trump “è del tutto ridicolo”, ha affermato ieri Shelton. Ma ritiene anche che il mercato si sia esteso eccessivamente ed abbia bisogno di una correzione, e aggiunge:

“Penso che il WTI potrebbe tornare sotto i 55 dollari e che solo un report sulle scorte rialzista possa generare sufficienti acquisti da controbilanciarlo”.

Anche Phil Flynn, di The Price Futures Group a Chicago, è dell’idea che l’OPEC non si farà di nuovo bullizzare da Trump.

Spiega Flynn:

“L’OPEC non sta dando segni di aumento della produzione, avendola ridotta a 30,83 milioni di barili al giorno a gennaio, minimo di quattro anni. Il Presidente Trump può twittare quanto vuole, ma ha poche opzioni per far cambiare al cartello la sua strategia di taglio della produzione”.

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