Buongiorno ai Lettori di Investing.com.
Il dollaro, anche in queste prime ore di contrattazione della nuova settimana, resta decisamente sotto pressioni di vendita.
Pressione incentivata anche dalla rottura di livelli chiave molto importanti intervenuta sul finire della scorsa settimana.
L'Indice del Dollaro, ad esempio, è sceso sotto quota 91 ovvero su minimi che non si vedevano dal gennaio 2015.
La spinta più consistente ha riguardato EUR/USD, che invece si è riportato sui massimi degli ultimi tre anni, ma anche il Cable non scherza: si è diretto con decisione sui livelli del giorno in cui il Regno Unito votò per lasciare l'UE.
Non solo, stamattina c’è stato nuovamente un rinforzo dello yen, tant’è che il cambio USD/JPY è sceso ai minimi da diversi mesi a questa parte.
Venerdì scorso ci fu un dato CPI core degli Stati Uniti superiore alle aspettative, ciò innescò una risalita nel rendimento obbligazionario americano a 2 anni oltre il 2,00%.
Stiamo parlando di un livello che non si toccava dal settembre 2008, mentre il rendimento a 10 anni si trova al 2,60%.
Tutto ciò avviene con Wall Street che continua a volare sui massimi storici, sentiment che peraltro va avanti da un anno e che non sembra voler mutare in questo inizio 2018.
Giusto per darvi un’idea, venerdì scorso avevamo avuto una chiusura delloSP 500 a + 0,7%, 2786 punti.
I mercati asiatici sono stati contrastanti, con il Nikkei + 0,3% mentre gli europei sembrano voler spingere al rialzo. Nel Forex, dollaro, come detto, sotto pressione rispetto alle altre majors, segnaliamo anche un Aussie (AUD) sovraperformante.
Nelle materie prime anche l'Oro è in forte rialzo (guadagnando circa 3 dollari), mentre il Future Petrolio Greggio WTI è in fase di consolidamento.
Sul fronte macro economico potrebbe essere un giorno relativamente sottotono considerando che Wall Street è chiusa per il Martin Luther King Day.