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Il petrolio mantiene i massimi nei timori per l’Ucraina, l’oro sale pre-Fed

Pubblicato 24.01.2022, 15:39
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Le crescenti preoccupazioni per la potenziale invasione russa dell’Ucraina sono il fattore geopolitico che stanno mantenendo acceso il rally del petrolio, nonostante il tonfo della domanda di benzina USA e l’imminente vertice della Federal Reserve per discutere del suo primo aumento dei tassi in due anni.
Brent Oil Daily

Anche il prezzo dell’oro si sta rianimando, seppur cautamente, con i long che tentano di raggiungere il livello più alto dei 1.800 dollari l’oncia, nonostante il rischio di una sproporzionata impennata dei rendimenti dei Treasury USA e del dollaro.Gold Daily

Solitamente, gli aumenti dei tassi avvantaggiano il dollaro e tendono a pesare sulle materie prime denominate in dollari, oro compreso. Ma il metallo giallo è anche uno scudo dall’inflazione e resta alto grazie ai massimi di 40 anni dei prezzi USA.

Sul fronte del petrolio, i prezzi sono balzati di nuovo all’inizio degli scambi della nuova settimana, dopo un rally che aveva già comportato inattesi guadagni del 14% quest’anno per i long sul greggio USA e del 12% relativamente al britannico Brent.

Crude Oil Daily

I prezzi del greggio sono saliti con poche interruzioni per cinque settimane di fila, anche se gli scambi di venerdì hanno visto un tonfo del 5%, cancellato quasi del tutto entro la chiusura. Il crollo era stato innescato dai timori per le scorte di benzina USA, aumentate nelle tre settimane precedenti, e per il peggiore tonfo settimanale di Wall Street dall’inizio della pandemia di coronavirus.

Per qualcuno, il calo di venerdì è un segnale che prezzi più vicini ai 90 dollari al barile potrebbero finire per creare altri problemi per il greggio, spiega Craig Erlam, analista della piattaforma di trading online OANDA. “Si tratta di una grossa barriera psicologica che, una volta superata, accelererà le aspettative di un prezzo a tre cifre per il greggio”, afferma.

Sunil Kumar Dixit di skcharting.com fa notare che il West Texas Intermediate USA ha già superato il massimo pluriennale di 85,40 dollari e testato gli 87 dollari, un picco che non si vedeva dal novembre 2014, prima delle prese di profitto dei trader retail per un’attestazione settimanale di 85,14 dollari.

“Potremmo assistere ad un certo raffreddamento dello slancio e ad una correzione del prezzo verso gli 82 dollari, e la correzione estesa potrebbe raggiungere le aree di supporto orizzontale di 80 e 78 dollari e la Banda di Bollinger media settimanale di 76,50 dollari”, spiega Dixit.

Persino così, la continua forza ed il consolidamento sopra gli 85,50 dollari potrebbero spingere il WTI a ritestare gli 87 dollari, estendendo i guadagni verso gli 89 dollari e l’attesissima soglia psicologica dei 90 dollari, aggiunge.

Molti long sono d’accordo con la seconda idea e sono stati contenti di proseguire il rally, citando anche l’Ucraina tra i fattori.

Greggio: timori per Ucraina e OPEC ed indebolimento della domanda USA

Il greggio sta reggendo “per via del rischio geopolitico tra Russia ed Ucraina, nonché in Medio Oriente, mentre l’OPEC+ ancora non riesce a raggiungere l’obiettivo di produzione”, ha affermato Kazuhiko Saito, capo analista di Fujitomi Securities Co Ltd., secondo quanto ha riportato Reuters questo lunedì all’inizio degli scambi petroliferi asiatici.

Ad alimentare i timori di un’interruzione delle forniture nell’Europa Orientale, contribuisce la notizia che ieri gli Stati Uniti hanno ordinato l’evacuazione delle famiglie dello staff dell’ambasciata statunitense in Ucraina, a causa della minaccia di un intervento militare da parte della Russia. Inoltre, il New York Times ieri sera ha riportato che il Presidente USA Joseph Biden avrebbe intenzione di mandare migliaia di truppe USA agli alleati NATO nell’Europa Orientale e nella regione del Baltico.

Sempre ieri, un ministro senior del governo britannico ha avvertito che la Russia dovrà affrontare pesanti sanzioni economiche se dovesse instaurare un governo fantoccio in Ucraina: Londra accusa il Cremlino di stare cercando di far salire al potere un leader filorusso.

Tensioni anche in Medio Oriente: gli Emirati Arabi Uniti riportano di aver distrutto due missili Houthi diretti verso il produttore petrolifero del Golfo.

Le tensioni geopolitiche, soprattutto quelle che coinvolgono i produttori petroliferi del Golfo e le maggiori nazioni consumatrici, come l’Europa, fanno sempre salire i prezzi del petrolio.

Ma il rialzo del greggio di quest’anno è dovuto anche al peggioramento dei fondamentali USA.

Le scorte di benzina USA sono aumentate di quasi 6 milioni di barili la scorsa settimana e sono arrivate al record di 24 milioni di barili in tre settimane, tra la domanda stagionalmente debole che contrasta con il rally dei prezzi petroliferi globali, in base a quanto emerso dai dati di giovedì della Energy Information Administration.

I dati suggeriscono che la domanda di benzina è crollata dalla fine dei viaggi per le vacanze 2021.

Le raffinerie USA inoltre sembrano stare trasformando una marea di greggio in benzina, mentre la variante Omicron riduce le normali attività che richiedono carburante.

Il greggio USA stesso ha registrato un aumento delle scorte per la prima volta in otto settimane, salendo di 515.000 barili la scorsa settimana, dopo un calo di 4,55 milioni la settimana prima. Le scorte sono scese di appena 6 milioni di barili nelle ultime tre settimane.

Le scorte USA di prodotti raffinati, intanto, sono scese di 1,431 milioni di barili la scorsa settimana, dopo un incremento di 2,54 milioni in quella precedente.

I long sul greggio stanno ignorando i dati statunitensi e l’apparente incapacità dei produttori delle 23 nazioni OPEC+ di produrre in base agli obiettivi fissati dall’alleanza. L’OPEC+ ha deciso di aggiungere 400.000 barili al giorno alla produzione da febbraio, ma sembra già in difficoltà a rispettare le quote dei mesi precedenti, per via dei pochi investimenti in nuova capacità, secondo le notizie.

L’oro aggiunge un po’ di lucentezza pre-Fed

L’oro, intanto, brilla un po’ di più in vista del vertice di politica monetaria di gennaio della Fed, che comincerà domani e si concluderà mercoledì con la conferenza stampa del presidente Jerome Powell.

La banca centrale dovrebbe dare un aggiornamento circa l’intenzione di mettere effettivamente fine allo stimolo per la pandemia entro marzo ed annunciare il primo aumento dei tassi in due anni. Le aspettative sono di ben tre aumenti dei tassi quest’anno, da 25 punti base ciascuno. I tassi USA sono rimasti praticamente a zero dall’inizio della pandemia di COVID-19, nel marzo 2020.

“L’aumento dei livelli di inflazione preme sulle famiglie e, allo stesso tempo, aumenta le pressioni sulle principali banche centrali perché alzino i tassi di interesse in modo più aggressivo”, spiega Fawad Razaqzada, analista di ThinkMarkets.

“Il risultato sarebbe una riduzione dell’attività economica, ecco perché stiamo vedendo determinati settori del mercato azionario andare così male quest’anno” ed asset legati all’inflazione, come l’oro, schizzare, aggiunge.

I future dell’oro sul COMEX a New York sono scambiati a 1.837 dollari l’oncia al momento della scrittura, su di un modesto 0,5% sull’anno.

Secondo Razaqzada resta da vedere se l’ultimo breakout dell’oro possa essere sostenuto, anche se “ora ci sono motivi più pressanti per cui i tori dovrebbero mantenere la posizione”.

“Il supporto chiave è ora l’area tra 1.828 e 1.830 dollari, precedentemente resistenza”, dice.

“Una resistenza a breve termine si vede intorno a 1.845 dollari ma, dato il grande breakout potremmo vedere infranto questo livello”.

Dixit di SK Charting, invece, dice che i long sull’oro hanno tre punti di resistenza (1.60, 1.880 e 1.889 dollari) da superare lungo la strada per arrivare a 1.900 dollari, un livello che non si vede da maggio.

Nota: Barani Krishnan utilizza una varietà di opinioni oltre alla sua per apportare diversità alla sua analisi di ogni mercato. Per neutralità, a volte presenta opinioni e variabili di mercato contrarie. Non ha una posizione su nessuna delle materie prime o asset di cui scrive.

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