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Inversione della curva USA

Pubblicato 25.03.2019, 14:27
Aggiornato 31.08.2022, 18:00

Oggi gli effetti persistenti dei rendimenti USA si fanno sentire su tutte le classi di asset. Dopo venerdì, stiamo assistendo alla vendita di asset rischiosi su forex, indici azionari e rendimenti dei bond. Il paniere del rischio sul forex, costituito da TRY, BRL e ZAR, è stato colpito duramente e lo JPY è la destinazione principale dei flussi verso i rifugi sicuri. Il rendimento del titolo del Tesoro a tre mesi ha superato quello dei titoli decennali per la prima volta dal 2007, generando allarme su una recessione degli USA all’inizio del 2020. Il movimento è stato causato dalle proiezioni sui tassi del FOMC (dots), che indicano chiare aspettative di una pausa nel 2019 e fanno aumentare la probabilità che la prossima mossa sarà un taglio del tasso d’interesse.

In passato, le inversioni della curva dei rendimenti hanno preceduto di circa un anno importanti rallentamenti economici. Anche se alcuni esperti di alto livello hanno suggerito che questa volta le cose stanno in modo diverso, le azioni hanno già innescato una profezia auto-avverante. Michael Bauer e Thomas Mertens, della Fed di San Francisco, l’anno scorso avevano scritto che “il tradizionale spread fra i titoli decennali e a 3 mesi è il fattore predittivo più attendibile (di recessione)”. Nota: la curva dei titoli a 10 anni e 3 mesi si è invertita prima delle recessioni del 1990-91, 2001 e 2007-09.

Per quanto riguarda la politica monetaria, crediamo che la Fed interromperà a tempo indeterminato il suo attuale ciclo di aumenti del tasso. L’inflazione misurata dall’indice PCE core (spesa per i consumi personali) si è mantenuta sotto il 2% a/a e quindi il FOMC non ha bisogno di essere aggressivo.

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Inoltre, la frenata della crescita indica che un superamento si scontrerebbe con forti venti contrari. La teoria secondo cui non vi saranno altri rialzi in questo ciclo è sostenuta dal fatto che è diventata accomodante anche la politica non convenzionale per la riduzione degli attivi di bilancio.

La Fed, tuttavia, è meno preoccupata delle prospettive di crescita, rimasta solida, che dei rischi per le condizioni fiscali. Sembra essere diventata ipersensibile ai rischi nei mercati finanziari. Questa prospettiva, però, dovrebbe essere negativa per l’USD, perché si teme che l’Europa e la BCE siano troppo indietro rispetto alla curva. Non ci aspettiamo che la BCE tagli i tassi a breve, ma stanno svanendo le attese di una politica monetaria più stringente nell’Eurozona. Bisogna mettere da parte la nostra teoria della convergenza USA-UE, che avrebbe dato una spinta all’euro.

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