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La convalescenza europea

Pubblicato 07.12.2015, 08:30
Aggiornato 09.07.2023, 12:32
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Il 3 Dicembre scorso sarà ricordato come un giorno di delusione per l’Europa. Il mancato rilancio di Draghi, se pur giustificabile dal probabile aumento dei tassi della FED, ha gonfiato l’euro nel mercato valutario, ma ha sgonfiato gli indici del vecchio continente. Il Dax, nella sola giornata del 3, perde il 3.58%, registrando un ribasso su base settimanale di oltre 4 punti percentuali. Dimezzati i ribassi per Piazza Affari che cede il 2.45% e per il Ftse-Inglese che chiude le contrattazioni di venerdì con un calo di poco superiore ai due punti percentuali rispetto al 27 Novembre.

Gli indici americani ringraziano per il rafforzamento dell’euro, che ha indotto gli investitori di breve a puntare maggiormente sul Wall Street. Le variazioni settimanali di Dow Jones, S&P e Nasdaq hanno mostrato mediamente un rialzo superiore ai due punti percentuali.
Minore l’impatto per il continente asiatico, dove l’indice giapponese limita il calo al di sotto dei due punti percentuali, mentre l’Hang Seng cinese, più legato all’economia americana, mostra una crescita dello 0.76%.

Anche per il mercato valutario, si può dire che la reale attività di scambio si sia concretizzata esclusivamente nelle giornate del 3 e 4 Dicembre. Cosa è successo lo abbiamo già descritto, vale a dire un rafforzamento importante dell’euro, che torna a 1.0880 rispetto al dollaro (Eur/Usd +2.77%) e sopra la soglia del 134 rispetto allo Yen (Eur/Jpy +3.04%) ed il conseguente indebolimento del dollaro il cui indice è tornato ampiamente sotto la quota 100, per la precisione 98.27 con un calo di oltre il 4% su base settimanale.

Sul cosa succederà, è probabile che la settimana entrante possa essere determinante per riportare i cambi principali a livello di equilibrio e prepararli al nuovo scossone atteso per il 16 Dicembre, dove nella partita a scacchi tra Euro e USA toccherà alla Yellen.

Il calo del dollaro se ha avuto un effetto positivo per l’Oro che chiude la settimana sopra i 1080 dollari per oncia (+2.68%) è stato poco efficace per il Petrolio Greggio. Sul greggio ha gravato l’esito negativo della riunione OPEC; il congresso, infatti, non ha prodotto nessuna soluzione per la crisi derivante dalla sovrapproduzione degli ultimi mesi. Dunque, con i produttori che promettono di non diminuire l'offerta – ma forse di aumentarla – la quotazione del greggio non ha potuto fare altro che calare, tornando alla soglia dei 40 dollari al barile, e puntando probabilmente fasce di prezzo ben inferiori.

Dopo la grande turbolenza della settimana scorsa, il mercato è adesso in attesa di dati macroeconomici fondamentali che saranno rilasciati nei prossimi giorni. A tenere banco soprattutto rilevamenti per l’economia americana, che serviranno alla FED per trovare altre conferme e i dati per l'economia inglese, che tornerà protagonista nella giornata di giovedì 10.

Oggi la giornata si mostra sostanzialmente tranquilla, tuttavia, nonostante l’assenza di dati quantitativi, potrà essere interessante seguire la riunione dell’Eurogruppo prevista per le 15:00, il discorso del Governatore della Banca Centrale inglese alle 16:00 ed il discorso di Bullard del FOMC, atteso per le 18:30.


Andrea Cangiano
UCapital, Financial Advisor

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