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La volatilità sarà la regina dei mercati finanziari nei prossimi mesi

Pubblicato 29.06.2023, 09:31
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Give peace a chance (J. Lennon).
 
Prezzi al consumo della Germania YoY di giugno in uscita oggi alle 14:00 (stima 6,3% contro 6,1% di maggio). Alle 14:30 sono attesi due importanti dati USA: il PIL del 1Q23 (stima 1,4% contro 2,6% del 4Q22) e le richieste di sussidi settimanali alla disoccupazione (stima 266k contro 264k della scorsa settimana). Dunque stima del PIL sempre in positivo, ma in forte rallentamento.
 
Ieri i prezzi alla produzione (PPI) dell’Italia YoY di maggio sono diminuiti del 4,3% (-9,4% le attese e -4,8% ad aprile), mentre i prezzi al consumo (CPI) YoY di giugno hanno fatto registrare una crescita minore delle attese (6,4% contro 6,8% stimato e 7,6% di maggio). E’ vero che i dati sono di due mesi diversi, ma la differenza tra i due misura teoricamente e solo in parte, quanto della componente di prezzo finale è destinata all’aumento dei margini delle imprese. In realtà, i due indici non sono così direttamente confrontabili. Il PPI misura la variazione dei prezzi ricevuti dai produttori nazionali per i loro beni e servizi e include le componenti del consumo personale non pagate dal consumatore. Il CPI misura invece la variazione complessiva dei prezzi al consumo e comprende solo le componenti del consumo personale pagate direttamente dal consumatore.
 
Spesso ci troviamo a discutere di politica economica dell’Europa e/o degli USA cercando di capirne gli effetti sull’economia reale dei rispettivi paesi. Non abbiamo invece mai preso in esame l’impatto dell’invasione della Russia in Ucraina sui mercati finanziari globali. In altre parole, quali sono i cambiamenti persistenti che una guerra post pandemia ha portato sui mercati. Fra tutti sicuramente la volatilità, che gli investitori hanno dovuto governare negli ultimi due anni. Ma altri e forse anche permanenti sono i cambiamenti che si intravedono all’orizzonte. Cambiamenti economici, politici e sui mercati finanziari.
 
Cominciamo con il dire che le sanzioni economiche imposte alla Russia aprono la strada ad una significativa e strutturale contrazione economica della sua economia (Pestova, Mamonov e Ongena, 2022). Appare infatti poco probabile che l'aumento delle entrate energetiche possa controbilanciare le ripercussioni economiche della forte riduzione dei flussi dei commerci Russi.
 
Non escludiamo però che nel medio periodo questo non possa rivelarsi anche il più grande colpo per l'economia dalla crisi finanziaria globale del 2008, potenzialmente in grado di superare anche l'impatto del Covid-19, considerato l’interscambio importante e strategico di Europa, USA e degli altri paesi del mondo.
 
Qualche numero. I paesi dell'Europa, dell'Asia centrale, del Medio Oriente e dell'Africa importano il 75% del loro grano dalla Russia e dall'Ucraina (Banca Mondiale, 2022). Le esportazioni ucraine di olio di semi rappresentano il 40% delle esportazioni globali. Oltre il 13% delle esportazioni di mais e il 5% delle esportazioni di grano provengono dall'Ucraina. La Russia rappresentava il 25% delle esportazioni globali di gas naturale, il 18% delle esportazioni di carbone, l'11% delle esportazioni di petrolio greggio, il 18% delle esportazioni di grano e il 14% dei fertilizzanti (Banca Mondiale, 2022).
 
Si capisce immediatamente come l’invasione della Russia sia in grado di cambiare i flussi commerciali, l’economia mondiale e ovviamente i mercati finanziari in modo permanente. Anche perché è chiaro che a guerra finita, nulla sarà più come prima.
 
E come sempre accade, la transizione da un modello economico ad un altro non è mai indolore ed è sicuramente caratterizzato, come dicevamo, da un aumento della volatilità.
 
La volatilità è importante per l'analisi del rischio nei mercati finanziari e per la strutturazione di un portafoglio. Nei prossimi anni la volatilità sarà altamente persistente con l'autoregressivo eterogeneo flessibile (HAR) che emerge sempre di più come un cavallo di battaglia per la sua modellazione.
 
Per cercare di capire quanto la volatilità possa rimanere elevata nei prossimi anni, occorre confrontare il suo comportamento di fonte ad eventi politici e storici chiave dell'ultimo secolo. Utilizzando l'indice S&P 500 degli ultimi 100 anni, occorre calcolare due proxy di volatilità, vale a dire quella realizzata come somma dei rendimenti al quadrato negli ultimi 22 giorni di negoziazione e quella condizionale. Per farla breve, il risultato è che i mercati finanziari rispondono a tutti gli shock del sistema: guerre, invasioni, attentati terroristici e periodi di tensione in generale.  Secondo un’analisi ancora superficiale sulla risposta dei mercati finanziari globali alla guerra russo-ucraina (superficiale perché non è ancora finita), risulta che questa è stata relativamente modesta dallo scoppio della guerra a fine marzo scorso (ma elevata immediatamente dopo l’evento) rispetto ad altre crisi finanziarie: ad esempio, il crollo di Lehman del 2008, il Black Monday del 1987 e il Covid-19.
 
E’ ovvio che le guerre abbiano di norma un forte impatto sui mercati finanziari perchè sono causa di distruzione di capitale umano e fisico. Ma la loro quantificazione non è mai stata esaminata in modo approfondito dalla letteratura economica. Alcuni economisti (Berkman, Jacobsen e Lee 2011) hanno indagato su 447 crisi politiche internazionali, ma non tutte erano guerre, scoprendo che i rendimenti del mercato azionario globale sarebbero stati più alti del 3,6% annuo se non fosse stato per quegli eventi. Altri economisti (Hudson e Urquhart 2015) hanno studiato l'effetto della seconda guerra mondiale sul mercato azionario UK, scoprendo che solo una delle due guerre ha provocato una rottura strutturale significativa. Stiamo ovviamente parlando della statistica e della storia ma, come sappiamo, quest’ultima non si ripete mai in modo uguale.
 
Tornando alla domanda iniziale, ci sentiamo di poter affermare che le conseguenze a medio e lungo termine dell’invasione dell’Ucraina dipenderanno dalle risposte economiche e dalle priorità politiche. Ci spieghiamo meglio. I responsabili politici hanno promosso l'efficienza energetica e le fonti di produzione di energia a basse emissioni di carbonio, il che è in linea con gli obiettivi verdi di una transizione dai combustibili fossili per arrestare il cambiamento climatico. Questi obiettivi potrebbero tuttavia diventare più sfuggenti se i responsabili politici pongono in primo piano altre priorità.
 
Ci sembra tuttavia di poter sostenere che probabilmente l’inflazione potrebbe rimanere elevata più a lungo di quanto le banche centrali stanno stimando, prima di potersi stabilizzare. Prendiamo per esempio il mercato alimentare, dove è lecito attendersi che le carenze di produzione, le interruzioni commerciali e l'aumento dei costi di input faranno aumentare i prezzi delle materie prime, in particolare il grano. Le esportazioni di grano ucraino, che rappresentano quasi il 10% delle esportazioni globali, sono cessate dopo la chiusura dei porti ucraini del Mar Nero. L'esportazione del grano via terra è più costosa che via mare. E’ vero che la sicurezza alimentare è in cima all'agenda dei responsabili politici rendendo così necessaria la cooperazione internazionale su questi temi. Ma i tempi sono quelli politici e non economici.
 
 
 
 
 
 
 

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