Le azioni statunitensi sono ancora lontane dall’essere economiche?

Pubblicato 03.03.2023, 12:50
Aggiornato 09.07.2023, 12:32
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Gli stock picker adorano i mercati ribassisti…

Questo perché improvvisamente molte aziende nelle loro liste iniziano a sembrare attraenti. 

Tuttavia, nonostante la prolungata flessione del mercato azionario, le valutazioni continuano a sembrare poco economiche.

È vero che il rapporto P/E di S&P è sceso precipitosamente negli ultimi due anni, ma è solamente tornato alla sua media di lungo termine. 
Anche il P/E del Nasdaq è sceso bruscamente, ma è solo appena al di sotto della sua media a lungo termine.

I rendimenti a lungo termine sono ciò che conta per la maggior parte degli investitori. La misura più popolare della valutazione a lungo termine è il P/E coretto per il ciclo (CAPE). L’acquisto dell’indice quando questo indicatore è storicamente basso porta in genere a rendimenti a 10 anni ben superiori alla media e viceversa.

Il CAPE è diminuito, ma rimane ancora sopra la media. Lo stesso vale per altre misure di valore a lungo termine, come il Q di Tobin (il rapporto tra la capitalizzazione di mercato di un’impresa e il costo di sostituzione delle sue attività) e il rapporto prezzo/vendite. Anche la famosa misura preferita di Buffett, ovvero la capitalizzazione di mercato delle azioni statunitensi rispetto al PIL, rimane elevata.
Nonostante il mercato azionario sia in calo di oltre il 17% dai suoi massimi, queste misure rimangono nella top 85-90% di tutte le loro letture.
Come stock picker, puoi essere meno interessato alle medie dell’indice, che possono essere eccessivamente influenzate dalle valutazioni di alcuni titoli mega-cap. 
Anche se il mercato nel suo complesso è ancora sopravvalutato, allo stock picker interessa trovare singole aziende interessanti.

Tuttavia, confrontando con altri bear market, sono ancora tante le aziende dell’indice S&P 500 con valutazione elevate.
È difficile sostenere che il mercato azionario abbia toccato il fondo fino a quando non vediamo un calo generalizzato e degno di nota dei rapporti P/E. 

Il mercato azionario potrebbe ancora dover valutare correttamente due rischi principali: l’inflazione (e quindi i tassi) e gli utili.

Questi due fattori si racchiudono nella “Regola del 20”, che afferma che a lungo termine, il rapporto P/E e il tasso di inflazione dovrebbero sommarsi a 20. Quando tale somma è superiore a 20, si dice che il mercato è sopravvalutato e sottovalutato quando è inferiore a 20.

Quando l’inflazione è elevata, come nel 1970, i rendimenti nominali aumentano, di conseguenza i P/E dovrebbero adeguarsi al ribasso per tenerne conto. 

Oggi la Regola del 20 implica un S&P inferiore del 25% rispetto al suo prezzo attuale.
Questo valore implicito è destinato a scendere ulteriormente man mano che l’inflazione ricomincia a salire, come sembra destinata a fare, e anche quando e se gli utili diminuiranno. 

Vale la pena sottolineare che gli utili sono un indicatore ritardato e inizieranno a diminuire solo dopo che la recessione – che continua a sembrare probabile, anche già in estate – sarà iniziata.


Questa non dovrebbe essere una previsione difficile per l’S & P, ma quando il divario tra il livello implicito della regola e il livello effettivo dell’indice è così grande come lo è oggi, fornisce una forte indicazione della direzione di marcia del mercato.

Inoltre, nonostante i rischi di inflazione e recessione, agli investitori viene offerto uno scarso premio per detenere azioni, con il premio per il rischio azionario vicino ai minimi raggiunti all’indomani della GFC.
In altri termini, il rendimento atteso tra comprare azioni o titoli di stato statunitensi è lo stesso.

Con una differenza importante. I bond sono “risk free”, mentre possedere azioni comporta i rischi classici del mercato azionario.

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