Dopo un avvio di settimana burrascoso, martedì mattina i mercati finanziari si sono stabilizzati un po’. Le borse asiatiche hanno chiuso il gap rispetto alle controparti europee e USA, con il Nikkei in calo dello 0,65%, a 20.585 punti, e l’indice CSI 300 giù dell’1,07%, a 3.636 punti. In Europa, gran parte degli indici azionari è riuscita a riprendere fiato, ma Footsie, IBEX e SMI continuano a perdere terreno. La decisione del Tesoro USA di etichettare come manipolatore di valuta la Cina ha influito poco sul mercato, senza provocare un’altra ondata di vendite. La mancanza di misure di accompagnamento punitive potrebbe spiegare la mancata reazione. Dopo un weekend così intenso, gli investitori prevedono che le cose si calmino, almeno nel breve termine. Una stabilizzazione del mercato azionario sembra più che ragionevole.
Nel lungo periodo, invece, le cose sono più incerte, perché permangono molti interrogativi irrisolti. Primo, l’escalation della guerra commerciale renderà la Fed più disposta a tagliare di nuovo i tassi d’interesse? Secondo, Donald Trump è pronto a “spingere al massimo” sulla guerra commerciale? È relativamente lecito ritenere che il presidente Trump possa usare la guerra commerciale per costringere la Fed a fornire maggiore liquidità. Difatti, prima o poi la guerra commerciale avrà degli effetti negativi – che peraltro finora non si sono visti - per l’economia USA e globale. Giacché la Fed ha già una chiara impostazione da colomba dopo il taglio dei tassi della scorsa settimana, la sforbiciata successiva sarà solo questione di tempo. La domanda è: quale sarà l’esito finale? I tagli del tasso e un nuovo allentamento quantitativo (QE) saranno sufficienti a sollevare l’azionario in un contesto caratterizzato da rallentamento della crescita economica e tensioni geopolitiche?