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Mercati finanziari: i suoi catalizzatori e alcuni grafici utili da osservare

Pubblicato 27.02.2023, 07:53
Aggiornato 04.04.2024, 12:26

·        Dal 3 gennaio 2022 al 16 giugno 2022 al ribasso a causa di un’aspettativa e successivo inasprimento della politica monetaria
·        Dal 16 giugno 2022 al 16 agosto 2022 al rialzo a causa di un’aspettativa di una politica monetaria meno aggressiva del previsto
·        Dal 16 agosto 2022 al 16 ottobre 2022 al ribasso a causa dei toni aggressivi utilizzati da Powell al simposio del Jackson Hole
·        Dal 16 ottobre al 2 dicembre al rialzo a causa di un’aspettativa di una Federal Reserve più “dovish”
·        Dal 2 dicembre a fine 2022 al ribasso a causa di un’aspettativa di “recessione”
·        Per tutto gennaio 2023 al rialzo a causa di aspettative di un “soft landing” e taglio dei tassi di interesse
Ma, cosa ancora più importante:
·        In trend ribassista dall’inizio del 2022 a causa di un rallentamento economico
Di chi stiamo parlando? Ovviamente dell’altalena “mercato azionario americano”: quello che un mese sale per un motivo e quello successivo scende per un altro ma che, se osservato in un timeframe più ampio, si comporta come da letteratura; dopotutto, nella fase 6 del ciclo economico esso dovrebbe mantenersi in trend ribassista, no?
Dal massimo relativo del 2 febbraio all’ultima chiusura di contrattazioni di venerdì abbiamo assistito nuovamente a un “mini bear market”; quali saranno stati stavolta i catalizzatori? I dati sul mercato del lavoro di venerdì 3 febbraio, che vedevano:
·        Buste paga del settore non agricolo: 517K unità contro le aspettative di 185K
·        Tasso di disoccupazione: 3.4% contro le previsioni di 3.6%
Perché essi hanno impattato in maniera negativa sui mercati? Ad una maggior forza dei due dati macroeconomici, la Federal Reserve avrà maggiori incentivi ad inasprire la sua politica di rialzo dei tassi. Infatti:
L’obiettivo numero uno della FED è quello di combattere l’alto tasso di inflazione. Nonostante il processo di disinflazione sia iniziato ad agosto 2022 (dove per “disinflazione” si intende quel processo di “rallentamento” dell’inflazione), il dato si attesta tuttora a valori del +6.4% a/a (ultima lettura superiore alle aspettative del +6.2%).
Figura 1. Il processo di disinflazione

L’inflazione è legata, tra le altre cose, alla domanda di beni e servizi: ad un aumentare di essa, dovrebbe verificarsi un aumento del CPI stesso.
Se i dati sul mercato del lavoro dovessero continuare a mantenersi forti, sarebbe lecito aspettarsi che la domanda di beni e servizi continuerà a mantenersi robusta; perché? La risposta è intuitiva:
·        Al rafforzarsi del mercato del lavoro corrisponderà un sentiment positivo da parte dei consumatori

Se i consumatori si presenteranno “sereni”, continueranno a spendere, incentivati oltretutto dal fatto che il loro potere di acquisto, visto il processo di disinflazione, non sarà tanto colpito in negativo quanto lo era stato l’anno precedente.
Ecco, dunque, qual è il problema “mercato del lavoro” per i mercati finanziari:
·        Un suo rafforzamento accompagnato da un tasso di inflazione ad alti livelli

LA REAZIONE DEI MERCATI FINANZIARI
La prima immagine mostra l’S&P500 e il future Federal Fund scadenza luglio 2023:
Figura 2. La correlazione tra S&P500 e politica monetaria (federal fund future scadenza luglio 2023)

Il benchmark ha tracciato una traiettoria rialzista dal minimo del 12 ottobre 2022 in concomitanza di un’aspettativa di politica monetaria via via meno aggressiva. All’uscita dei dati sul mercato del lavoro del 3 febbraio, le aspettative degli investitori si sono capovolte:
·        Al rialzo delle aspettative del tasso di tasso di interesse, l’S&P500 ha invertito la rotta

Da notare come ora il tasso di interesse scontato per il primo mese di Q3 ‘23 sia del 5.3%.
Questa rinnovata prospettiva ha rafforzato il dollaro, strettamente correlato a quest’ultima:
Figura 3. La correlazione tra dollaro americano e politica monetaria

Continuando a basarsi sull’analisi intermarket, la prospettiva di un inasprimento monetario ha contribuito al rialzo dei rendimenti obbligazionari dei titoli di stato a 10 e 2 anni (questi ultimi maggiormente rialzisti dei primi in quanto maggiormente impattati dalla FED):

Figura 4. La correlazione tra rendimenti obbligazionari governativi a 10 e 2 anni e politica monetaria

Le conseguenze di un rafforzamento del dollaro sono state:
·        Oro al ribasso
·        Azionario e obbligazionario dei mercati emergenti al ribasso

Figura 5. La correlazione tra rendimenti obbligazionari governativi a 2 anni, dollaro, oro e mercati emergenti

Le correlazioni intermarket da tenere bene a mente:
·        Ad un’aspettativa di politica monetaria aggressiva, aumenta il rendimento dei titoli di stato, in particolare di quelli a breve scadenza, maggiormente impattati. Aumenterà dunque la loro domanda da parte degli investitori a caccia di un maggior rendimento che, per acquistarli, venderanno la loro valuta per acquistare dollari americani (da qui, il rafforzamento del dollaro per la dinamica della domanda). Un dollaro rialzista rende più onerosi i debiti dei mercati emergenti che, per questo motivo, inizieranno a soffrire, traducendo il tutto con un ribasso. E l’oro? Esso è correlato inversamente ai tassi reali: all’aumentare dei rendimenti, gli investitori saranno più incentivati ad acquistare bond (dal momento in cui il metallo prezioso, dallo stesso punto di vista, non paga); inoltre, da non dimenticare la correlazione inversa oro-dollaro

Lo scenario appena descritto è ovviamente di risk off, all’interno del quale il mercato azionario registra dei ribassi.

Vi fornisco un indice di forza importante da osservare per capire il clima di mercato: quello tra obbligazioni governative (ETF “IEI”) e obbligazioni spazzatura high yield (ETF “HYG”); essi sono due ETF replicanti il movimento di obbligazioni a basso rischio (IEI, con duration pari a 4.38 anni) e ad alto rischio (HYG, 3.87 anni).
·        Se l’indice di forza si trova in territorio rialzista, con IEI a sovraperformare HYG, gli investitori saranno più avversi al rischio
·        Al contrario, con l’indice di forza in territorio ribassista, con HYG a sovraperformare IEI, gli stessi saranno più propensi al rischio

L’indice di forza conferma la sua natura di indice di sentiment vista e considerata la correlazione positiva con il VIX, l’indice di paura dell’S&P500:
·        Al salire della paura, salirà il VIX (con l’S&P500 al ribasso) e, in contemporanea, le obbligazioni governative sovraperformeranno le high yield
·        Al contrario, al salire dell’euforia, il VIX registrerà dei ribassi (con l’S&P500 al rialzo) e, conseguentemente, le obbligazioni ad alto rischio sovraperformeranno quelle a basso rischio

Tutto ciò è osservabile nell’immagine seguente.
Figura 6. L'indice di rischio IEI/HYG e la sua correlazione positiva con il VIX

Qualora qualche concetto vi fosse sconosciuto o incomprensibile commentate pure, sono disponibile ad eventuali chiarimenti.
Buona giornata.

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