La FED lascia invariati i tassi di interesse, confermando le aspettative della maggioranza degli analisti. Pesano le preoccupazioni di rallentamento globale, ma probabilmente non si è voluto fare in questa fase un regalo ai principali concorrenti su scala globale, cioè Europa e Giappone, ancora fortemente impegnati in politiche espansive. La maggioranza del board è favorevole ad un aumento entro l’anno, per cui già ad ottobre si riparlerà della faccenda. Ma il segnale recepito dai mercati è che l’economia USA è comunque vista in sostanziale stallo dopo la fine del QE, e si è evitato di fare una pericolosa prima mossa.
Proprio Europa e Giappone mostrano questa settimana la maggiore debolezza dopo l’annuncio, mentre molti emergenti tirano un piccolo sospiro di sollievo, aiutati da un inizio di stabilizzazione delle valute
Nel complesso non varia di molto la situazione, che rimane nervosa dopo l’affondo di agosto. Siamo sempre poco sopra le soglie critiche, ma ancora senza tracce significative di ripristino del rialzo
Usa: l’inflazione core rimane stabile all’1,8%, ulteriore fattore che ha probabilmente influito sulla decisione della FED. L’indice principale S&P500 al test della prima resistenza di 2021, da dove ha ritracciato con decisione venerdì. Grafica per ora invariata, rimangono validi i riferimenti della precedente settimana. Lo scenario a mio avviso più probabile è che i minimi di agosto verranno ritestati entro 3-4 settimane
Europa: certo nell’anno di grazia del Quantitative Easing della BCE, della forte svalutazione dell’Euro e dell’energia a prezzi di saldo, non era facile prevedere che ci saremmo trovati a settembre con l’Eurostoxx sostanzialmente in pareggio nel 2015, ed addirittura negativo (-2%) rispetto alla chiusura di settembre 2014. L’anno non è terminato e recuperi sono senz’altro possibili, ma ciò che finora è evidente è che gli embrionali segnali di ripresa europei (produzione industriale Luglio +0,6%) non sono ancora sufficienti per correre in autonomia. Indice Eurostoxx 50 alla terza settimana di stabilizzazione, ma si rafforza la resistenza di 3320. Non da escludere nelle prossime settimane un test pieno di area 2950 (minimi di agosto). Supporto di lungo periodo a 2788 (minimi di ottobre 2014), ma poco probabile che nel breve venga interessato
Italia: altra settimana di movimenti che possiamo ancora definire di stabilizzazione tre 21.000 e 22.500. L’indice conserva ancora un buon margine nel 2015 (+13%) ed un piccolo margine rispetto al settembre 2014 (+3% circa), confermando ancora un certa forza relativa rispetto alla media europea (es Spagna: -4,2% quest’anno, -9% negli ultimi 12 mesi). Confermati i livelli chiave: 21.000 il primo supporto, 19.700/19800 quello che tiene in piedi l’attuale canale rialzista. Al rialzo, come per l’Eurostoxx, prende forza la resistenza di 22.500
Asia: esportazioni giapponesi che calano per il secondo mese consecutivo (-3,1%) ed arriva anche un declassamento del rating da parte di S&P (da AA- ad A+). Confermati anche i tassi a 0.1%, in vigore sostanzialmente dal 2000, tranne un piccolo tentativo di rialzo nel 2008, prontamente rientrato (e coinciso con un crollo di borsa). Anche per l’indice giapponese non varia il quadro grafico, ancora improntato al ribasso nel breve ed in prossimità di soglie di possibile reazione
Spicca in positivo la Turchia (+5,2%), migliore indice mondiale della settimana. Dopo la rottura della trendline rialzista di lungo periodo, l’indice tenta di difendere i nuovi minimi con una buona reazione, anche aiutato dalla lira turca che prova a reagire dai minimi pluriennali contro USD e EUR. Prezzi ora vicini alle prime resistenze, tra 75.000 e 77500
Latin America: buon incremento per i due indici principali, che chiudono in positivo nonostante il brutto finale di settimana. Ma alla fine anche per l’indice brasiliano siamo sempre a metà strada tra supporti e resistenze, in una fase di stabilizzazione ormai alla terza settimana dopo i minimi di agosto.
Metalli: torna fortemente negativo il comparto metalli industriali, con il Nickel (-6%) e lo Zinco (-7,5%) a nuovi minimi a 5 anni. Tiene un po’ meglio il Rame, ma i timori di rallentamento globale stanno colpendo con violenza questo gruppo di materie prime. Sul non aumento dei tassi torna a salire l’Oro, ma nessun livello critico è stato ancora interessato dai prezzi. Ancora intatte tutte le trendline ribassiste disegnabili sui grafici. Al rialzo 1200/1230 una prima soglia rilevante in caso di proseguimento degli acquisti
Agricoli: poco da segnalare sugli agricoli, che non vedono sostanziali modifiche al quadro generale, al meglio laterale ribassista. Spicca in negativo il Cotone, che con un violento arretramento venerdì (-4,1% il bilancio settimanale) mette in forte dubbio il tentativo di inversione che avevamo indicato precedentemente. Prezzi ora sull’ultimo supporto prima di possibili ulteriori affondi
Energia: anche il Petrolio sul finale annulla i guadagni settimanali che si era costruito dopo i dati sugli stock in diminuzione. Graficamente prende forza una ipotesi di ending diagonal, che avrebbe come obiettivo ribassista un minimo poco sotto il precedente (area 34-35), cui seguirebbe un corposo rimbalzo. Ipotesi negata con prezzi da subito oltre 52-53
Eur-Usd: immobile la Fed, alla fine poco mosso anche Euro-Dollaro. Si chiude ad 1,13, dopo un altro tentativo fallito di forzare l’area di resistenza di 1,15 (max 1,146), che conferma la sua valenza. Nessun cambio sostanziale, se non che l’area di supporto di breve è ora innalzabile ad 1,10. Oscillatori e media mobile veloce improntate al rialzo (non sono da escludere ulteriori fiammate verso 1,15-1,16), quella lenta ancora stabilmente al ribasso.
Riccardo Zarfati