Crollo o correzione dei mercati? In ogni caso, ecco cosa fare adessoVedi i sopravvalutati

La Fed agita i mercati, reazione eccessiva? I commenti degli analisti

Pubblicato 20.12.2024, 13:11
© Reuters.

Investing.com – La Federal Reserve, come previsto, ha tagliato i tassi d’interesse di altri 25 punti base nella riunione di dicembre. Tuttavia, i mercati non hanno gradito la revisione dei dot-plot in cui la Banca centrale ha previsto il dimezzamento delle sforbiciate nel 2025. La reazione è stata brusca, con Wall Street finita in profondo rosso per la prima volta dopo il selloff di agosto e l’indice della volatilità Vix che ha segnato lo spread giornaliero massimo dal 2020.

Reazione spropositata o mossa azzardata della Fed? E come si muoveranno ora Jerome Powell e colleghi? Per rispondere a queste e ad altre domande, Investing.com ha raccolto i commenti degli analisti sull’ultima riunione della Banca centrale americana.

Álvaro Sanmartín, Chief Economist, Amchor IS

La Fed, come previsto, ha tagliato i tassi di 25pb, ma il mercato ha interpretato il tono della riunione come “da falco”. La verità è che questa reazione non è immotivata, per diversi motivi.

Innanzitutto, c'è stato un voto contrario e, visti i dot plot, altri tre membri sarebbero stati a loro agio a non abbassare i tassi. Per il 2025 sono indicati solo due tagli dei tassi rispetto ai quattro che erano stati indicati come possibili nelle precedenti riunioni.

Inoltre, com’è noto, il recente andamento dell'inflazione è stato deludente e i rischi al rialzo dell'inflazione sono aumentati. In effetti, le previsioni di inflazione per il prossimo anno sono state riviste al rialzo in modo sensibile. In relazione a quanto sopra, la Fed sembra ammettere che abbia senso che la politica monetaria rimanga restrittiva per un certo periodo di tempo, in modo che l'inflazione possa convergere al 2%.

Si riconosce implicitamente che l'attuale tasso neutrale potrebbe essere relativamente alto e che, quindi, potrebbe non esserci molto spazio per abbassare i tassi nel breve periodo. È vero che la stima del tasso neutrale è salito solo al 3% nel dot plot, ma lo stesso Powell ha detto che il tasso neutrale oggi potrebbe essere superiore a quel 3%, poiché quest'ultimo è più una stima di dove potrebbe essere quel tasso neutrale in una situazione di equilibrio a lungo termine.

Powell ha ammesso anche che, per abbassare i tassi d'ora in poi, ci sarà bisogno di ulteriori progressi sull'inflazione, dopo i dati deludenti degli ultimi due mesi.

Infine, mentre la Fed continua a dire che risponderà alle misure economiche di Trump solo una volta messe in atto, lascia intendere che la risposta odierna a un aumento significativo dei dazi potrebbe essere meno accomodante rispetto al 2018. Dopo tutto, l'inflazione è chiaramente più alta oggi di allora e i rischi di disancorare le aspettative sono più elevati.

Alla luce di tutto ciò, è logico che la prima reazione del mercato sia stata negativa, con i mercati azionari in calo e il dollaro e la curva dei rendimenti in aumento. Detto questo, in ogni caso, non dovremmo concludere che ci troviamo di fronte a una Fed "pericolosamente" aggressiva. Al contrario, a mio avviso la Fed continua a segnalare che vuole fare tutto il possibile per evitare di generare effetti negativi apprezzabili sull'attività economica.

In conclusione, ammetto che ci sarebbe piaciuto vedere una Fed più accomodante, ma penso che la reazione del mercato possa essere eccessiva. A meno che Trump non opti per politiche chiaramente inflazionistiche, le pressioni sui prezzi negli Stati Uniti sono sulla strada giusta e ciò dovrebbe consentire alla Fed di continuare ad abbassare i tassi l'anno prossimo, anche se moderatamente perché, come abbiamo detto e data la buona forma dell'economia americana, è sempre più chiaro che il tasso neutrale oggi è piuttosto alto.

Bill Papadakis (Senior Macro Strategist) e Dr. Luca Bindelli (Head of Investment Strategy), Banque Lombard Odier & Cie SA

Manteniamo la nostra ipotesi che i prossimi due tagli avverranno nelle riunioni di marzo e giugno 2025, seguiti da una pausa prolungata con i tassi al 4%.

A nostro avviso, la correzione delle azioni è stata aggravata da un posizionamento pesante degli investitori a breve termine e da valutazioni elevate, in particolare nel mercato statunitense. Le preoccupazioni degli investitori si sono temporaneamente concentrate sui rischi inflazionistici dopo la decisione della Fed. Alcune incertezze relative agli effetti inflazionistici dei dazi potrebbero ancora generare una volatilità temporanea. Tuttavia, con una crescita ancora solida in prospettiva, ci aspettiamo che questa rimanga una correzione di breve termine. Vediamo un potenziale rialzo per le azioni nel prossimo anno, sostenuto da maggiori utili e politiche favorevoli alla crescita da parte della nuova amministrazione Trump, tra cui tagli fiscali e deregolamentazione. Manteniamo la nostra posizione sovrappesata sia sulle azioni globali che su quelle statunitensi.

Nel reddito fisso, rimaniamo cauti sui Treasury statunitensi e preferiamo Bund e Gilt nelle nostre allocazioni sui titoli sovrani, dove ci aspettiamo ulteriori tagli dei tassi d’interesse e dinamiche di crescita meno favorevoli nel 2025. Gli investitori preoccupati per i rischi fiscali o inflazionistici degli Stati Uniti potrebbero considerare soluzioni di mercato monetario statunitense, obbligazioni a breve scadenza o titoli del Tesoro statunitense protetti dall’inflazione (TIPS). Restiamo positivi sul dollaro, grazie alla continua sovraperformance dell’economia statunitense, alle politiche di Trump e al crescente divario di politiche tra la Fed e le altre principali banche centrali. Infine, nonostante un dollaro più forte, prevediamo che i prezzi dell’oro saranno sostenuti nel 2025 dalla continua domanda degli investitori per coprire le incertezze geopolitiche e inflazionistiche, oltre che dalle banche centrali che diversificano le loro riserve.

James McCann, Deputy Chief Economist di abrdn

La Fed ha completato la prima fase del suo ciclo di allentamento, effettuando il terzo taglio consecutivo dei tassi di interesse e portando la riduzione totale dei tassi a 100 pb negli ultimi tre mesi. Questo rapido aggiustamento riflette il desiderio di ricalibrare rapidamente la politica monetaria, visti i progressi verso l'obiettivo di inflazione e i segnali di rallentamento del mercato del lavoro.

La banca centrale entrerà in una fase più cauta nel 2025. Infatti, con una riduzione del divario tra l'attuale tasso dei Fed Funds e le previsioni di neutralità, i membri del FOMC ritengono opportuno muoversi più gradualmente, cercando di calibrare attentamente la politica in modo da non generare un freno o uno stimolo significativo all'economia statunitense. Inoltre, sebbene la banca centrale sia stata attenta a non anticipare i potenziali cambiamenti di politica nel caso di una seconda amministrazione Trump, il timore è che alcuni aspetti di questo programma creino rischi al rialzo per l'inflazione.

Alla luce di questo atteggiamento di cautela, la Fed sembra destinata a rallentare il ritmo dell'allentamento da questo momento in poi, rimanendo in attesa almeno fino alla riunione di marzo del FOMC. In totale prevediamo solo tre tagli di 25 pb nel 2025, e in effetti i rischi sono orientati verso un numero ancora inferiore di interventi, dato che la mediana dei membri del FOMC prevede solo due tagli nella sintesi aggiornata delle proiezioni economiche.

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Martina Daga, Macro Economist, AcomeA SGR

Il FOMC si trova a dover bilanciare tra un outlook di crescita economica particolarmente positivo, che rende necessario mantenere la politica monetaria restrittiva per portare l’inflazione al target del 2%, e un mercato del lavoro che si è raffreddato nell’ultimo periodo, arrivando ad essere addirittura più “loose” rispetto al periodo pre pandemico e che potrebbe richiedere ulteriori allentamenti sul fronte della politica monetaria.

A guidare la Fed saranno dunque i prossimi dati. Quello che stiamo vedendo nell’ultimo periodo è che l’inflazione non sta dando segni di avvicinamento al target del 2%, ma piuttosto di stabilizzazione a un livello più alto, intorno al 2,5% - 3%. Invece il mercato del lavoro, che nella prima parte dell’anno si è raffreddato abbastanza velocemente, con il tasso di disoccupazione passato dal 3,7% a gennaio 2024 al 4,3% a luglio, si sta ora stabilizzando senza ulteriori indebolimenti, con un tasso di disoccupazione al 4,2% a novembre. Secondo quanto detto da Powell, se questa tendenza dovesse confermarsi anche nei prossimi mesi, potrebbe portare la Fed verso un periodo di pausa, finché non si inizierà a vedere un ulteriore rallentamento dell’inflazione, che porti il FOMC ad essere più sicuro del raggiungimento del target del 2%, o un indebolimento del mercato del lavoro, che porti il FOMC a temere per il mandato di massima occupazione.

Una pausa da parte della Fed, se prolungata nel tempo, oltre a pesare sui risky asset, potrebbe ampliare il differenziale dei tassi tra Stati Uniti e il resto del mondo, pesando sulle valute e portando le altre banche centrali a rivalutare il loro ciclo dei tagli.

Mark Haefele, Chief Investment Officer, UBS Global Wealth Management

Le azioni e le obbligazioni statunitensi sono scese in tandem mercoledì dopo che la Federal Reserve ha tagliato i tassi come previsto, ma le sue previsioni economiche indicavano un minor numero di tagli dei tassi nel 2025.

La decisione della Fed è logica, dato che la crescita è stata più forte, la disoccupazione è più bassa del previsto e l'inflazione è più alta di quanto stimato dalla Fed nelle proiezioni economiche di settembre.

Il presidente Powell ha anche osservato che i tassi di policy sono ora più vicini al tasso neutrale. Più la Fed si avvicina alla neutralità, più diventa difficile giustificare ulteriori tagli. La stima della neutralità della Fed è cresciuta nel tempo e ora è vista al 3% nel lungo periodo. Se l'economia continuasse a crescere rapidamente, con un'inflazione superiore all'obiettivo del 2% della Fed, ciò suggerirebbe che il tasso neutrale al momento è più alto del suo livello di lungo periodo.

C'è il rischio che la Fed non tagli a marzo: se i dati sull'inflazione dovessero risultare più caldi o se si verificasse uno stimolo fiscale inaspettato, la Fed potrebbe rimandare il taglio a marzo. In questo caso, sarebbe difficile arrivare a tagli per 100 pb entro fine anno.

Riteniamo che la Fed continui a dipendere dai dati e che gli indicatori economici futuri continueranno a svolgere un ruolo significativo nel definire le prossime mosse della banca centrale statunitense.

Come investire? Nel complesso, riteniamo che gli investitori debbano prevedere una decelerazione del ritmo dei tagli dei tassi nel 2025 e una volatilità a breve termine, in quanto i mercati ricalibrano il punto di vista della Fed. Tuttavia, anche se il ritmo dei tagli dei tassi potrebbe ora essere più lento del previsto, con la Fed che ha ribadito che la politica rimane restrittiva, la direzione di marcia rimane chiara.

A nostro avviso, un mix di ripresa dell'attività statunitense, costi di finanziamento più bassi, un ampliamento della crescita degli utili USA, un'ulteriore monetizzazione dell'IA e il potenziale di una maggiore attività del mercato dei capitali sotto una seconda amministrazione Trump creano un contesto favorevole per le azioni statunitensi. Prevediamo che l'S&P 500 raggiungerà quota 6.600 entro la fine del prossimo anno e vediamo la possibilità per gli investitori sotto-allocati di sfruttare le turbolenze del prossimo periodo.

Julian Marx (Research Analyst) e Lars Conrad (Portfolio Director Fixed Income), Flossbach von Storch

Il taglio dei tassi di interesse di 25 punti base non è stato una sorpresa. Tuttavia, per quanto riguarda i prezzi e i rendimenti delle obbligazioni, è più importante ciò che gli operatori di mercato si aspettano per il futuro. Le proiezioni sui tassi della Fed prevedono ora, dopo l’ultima riunione, solo due (invece delle tre precedenti) riduzioni dei tassi nel 2025. Vale la pena ricordare che, a settembre dello scorso anno, le aspettative erano di quattro riduzioni. Inoltre, è stata rivista al rialzo la previsione sull'inflazione core del PCE.

Pertanto, la recente decisione della Fed segna ora un "hawkish cut", ovvero un taglio dei tassi che segnala comunque una politica monetaria più restrittiva. I rendimenti dei titoli di Stato statunitensi (Treasuries) con scadenze a due anni sono aumentati (giovedì 19 dicembre 2024, a mezzogiorno) di circa 10 punti base. Per quelli a dieci anni, l'aumento è stato persino di 15 punti base.

Sebbene i Treasuries abbiano subito perdite di prezzo, gli impatti su un portafoglio obbligazionario attivamente gestito e ben diversificato sono limitati. Altri titoli, come le obbligazioni europee o i titoli di Stato della Nuova Zelanda —che recentemente ha registrato una crescita economica più debole—, sono rimasti più stabili.

Anche in un portafoglio misto che include obbligazioni e azioni, le obbligazioni tornano a svolgere il loro ruolo. In particolare, sul mercato azionario statunitense, si sono registrate perdite significative a seguito della riunione della Fed, poiché gli investitori non possono più contare su utili in aumento insieme a tassi in calo. Dal punto di vista del rendimento complessivo, le obbligazioni possono attenuare in parte le perdite della componente azionaria del portafoglio.

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